Con buona pace della grammatica italiana, a Modena e Reggio Emilia la parola gnocco deve essere esclusivamente accompagnata dall’articolo “il”. Cibo semplice e antico dall’iconico profilo zigrinato e dal taglio a rombo, il gnocco fritto è fortemente identitario per i modenesi – e, sotto altre forme, per tutti gli emiliani.
Curiosamente, la storia di questa preparazione si fa risalire alla cultura della popolazione germanica lomgobarda: dopo la caduta dell’Impero romano nel 568 d.C., questo popolo conquistò la piana del Po’ arrivando in quello che oggi è il territorio emiliano, portando in Italia ricette e tecniche di preparazione nuove, tra cui l’uso abbondante dello strutto (foto sotto): ottenuto dal tessuto adiposo del maiale, lo strutto è molto adatto alle fritture perché ha un punto di fumo alto (190°). L’olio extravergine arriva a 210°, ma è decisamente più caro e ha un sapore intenso e percepibile. Lo strutto divenne così un ingrediente fondamentale nella creazione dello gnocco fritto.
Viene preparato con pochi e semplici ingredienti come farina, strutto, acqua frizzante, sale e lievito. Talvolta si sostituisce lo strutto con lardo, prosciutto o pancetta finemente tritati. Una volta tuffato nello strutto o nell'olio bollente, lo sbalzo termico, l’acqua e l’aria contenute nell’impasto faranno gonfiare il gnocco.
Nei secoli il gnocco venne considerato dai modenesi come il pane a tavola; negli anni ‘60 divenne uno dei cibi basilari della popolazione contadina della regione, consumato anche a colazione, soprattutto durante l’inverno perché molto ricco e nutriente. Ancora oggi i bar e i ristoranti della città lo preparano per la prima colazione, al posto del cornetto o della brioche, ma lo si gusta anche come spuntino con un bicchiere di Lambrusco.
A pranzo o all’aperitivo è ideale con con salumi e formaggi emiliani: culatello di Zibello, prosciutto di Parma, spalla cotta di San Secondo, salame, coppa piacentina con pancetta, lardo e mortadella a dadini. Il gnocco fritto si sposa benissimo anche con lo squacquerone, il raveggiolo, la crescenza o la raspadura e le con insalatine di campo, addizionate di uva quando è stagione.
Specialità molto simili con nomi diversi si trovano infatti a Piacenza, Ferrara, Bologna, Parma, Reggio Emilia. Di lì a poco, questa preparazione si diffuse molto, varcando i confini della regione e, con piccole varianti, prendendo nomi differenti. A Piacenza si chiama chisulèn, chisolino (foto sopra): più piccolo come dimensioni, è tipico della zona di Fiorenzuola e della Val d’Arda, dove è iscritto nel Registro De.Co. (denominazione comunale). A Ferrara il gnocco prende il nome di pinzino, spesso ha forma circolare ed è bucherellato in superficie con i rebbi della forchetta.
Nella provincia di Bologna, il gnocco – i cui ingredienti subiscono una piccola variazione, con una aggiunta di latte intero e olio – viene chiamato crescentina (termine che nel modenese indica un altro prodotto, chiamato impropriamente tigella perché una volta veniva cotto in dischi di terracotta o pietra refrattaria chiamati “tigelle”); la crescentina viene tipicamente farcita con un battuto di lardo, rosmarino e aglio chiamato ‘cunza’.
Nella provincia di Parma si chiama torta fritta (foto sopra) poiché un tempo si spolverare il gnocco con abbondante zucchero per poi mangiarlo a fine pasto, come un semplice e goloso dolce. In seguito, prese piede anche la versione salata della torta fritta, farcita preferibilmente con prosciutto crudo - di Parma, naturalmente. Tutte queste paste fritte si gustano insieme ad affettati di ogni tipo, formaggi, sott’oli e sottaceti.
A Reggio Emilia ci sono le chizze, che hanno le loro origini nella comunità ebraica di Reggio: generalmente sono fatte con la pasta del gnocco fritto piegata a tortello, farcita con scaglie di Parmigiano Reggiano (foto sotto) e mangiate caldissime, come tutte le altre paste fritte. Le chizze talvolta utilizzano lo stesso impasto dell’erbazzone, con lo stesso ripieno.
La Confraternita del Gnocco d’Oro
È un’associazione culturale modenese che valorizza il piatto simbolo della tradizione culinaria locale, è nata nel 2011 da un’idea di dieci gourmet modenesi e oggi racconta anche altre eccellenze modenesi. La Confraternita è presente ogni volta quando ci sono iniziative di cultura gastronomica che coinvolgano il territorio.
Francesca Tagliabue
maggio 2024
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