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Il brindisi, allegra usanza dalla storia molto antica

News ed EventiPiaceriIl brindisi, allegra usanza dalla storia molto antica

È una tradizione irrinunciabile, che si tratti di festeggiamenti, ricorrenze o celebrazioni, ma anche di comuni riunioni conviviali. È un gesto che suscita partecipazione, celebrando in allegria amicizie e legami

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Gli antichi e le loro libagioni

Niente di nuovo sotto il sole: curiosamente ci ritroviamo a fare come ottomila anni fa: bassorilievi, affreschi e tavolette di argilla a caratteri cuneiformi ci mostrano e descrivono regnanti Sumeri (6000 a.C.), principi Assiro-Babilonesi (4000 a.C.) e Faraoni (3000 a.C.) che con le loro consorti levavano i calici agli dèi nei banchetti. Il brindisi ha una storia davvero antica, antica come quella della vite: nasce sicuramente con il vino poiché, nelle religioni remote (e in alcune ancora attualissime), la libagione era l'offerta sacrificale, alle divinità, di vino prezioso, versato sugli altari, per terra o bevuto dall’officiante.

I Greci e l’amicizia

Tra I'VIll e il VIl secolo a.C., compaiono esempi in cui il brindisi venne rivolto anche in onore di qualche amico o personaggio importante. I Greci antichi lo chiamavano filotesia (bere amichevolmente insieme): era il momento nel quale si levava la coppa in onore di un amico, invocando il suo nome, e dopo aver bevuto un sorso di vino, gli si passava la coppa perché bevesse anche lui e, anzi, la trattenesse come pegno di amicizia. La civiltà greca antica cita il brindisi nei poemi di Omero, come quello che Ulisse fa in onore di Achille.

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Prosit! L’augurio dei Romani

Dalla Grecia l'usanza del brindisi arriva a Roma, dove Cicerone la chiama “bere alla maniera dei greci”,  bibere graeco more. Diversi autori, tra cui Plauto e Marziale, ne descrivono i riti e le varie formule di augurio: qui spicca l’attualissimo prosit, con il suo significato di “(ti) giovi, faccia bene, sia di vantaggio”.

Nel Medioevo, brindisi e sospetti

Già succedeva con i Romani, ma nel Medioevo prende piede una consuetudine “salvavita”: nei banchetti, i commensali - per evitare il rischio di essere avvelenati – facevano toccare con “entusiasmo” i bicchieri l’un l’altro, guardandosi negli occhi dichiarando la propria onestà e fiducia. Se il vino in uno dei bicchieri fosse stato avvelenato, con l’enfasi del gesto il vino tossico avrebbe potuto passare in altro calice, magari proprio quello dell’avvelenatore. Una specie di assicurazione sulla vita, insomma, che si è tramutata nell’usanza odierna - bel più innocua – di far tintinnare i calici durante il brindisi.

TOCCARE I BICCHIERI

Il Rinascimento dice no al brindisi

Dopo un lungo periodo di declino, il brindare ritorna in auge nei conviti rinascimentali, e tra il Cinquecento e il Seicento il termine "brindisi" diventa comune, anche se non incontra l'approvazione di tutti perché considerato una pratica straniera e pertanto barbara. Monsignor Giovanni Della Casa, nel suo celebre Galateo, nel 1558 scrive: “Lo invitare a bere, la qual usanza, sì come non nostra, noi nominiamo con vocabolo forestiero, cioè far brindisi, è verso di sé biasimevole e nelle nostre contrade non è ancora venuto in uso…”.

BRINDISI _ WATTEAU

La rivincita del brindisi

Dalla fine del XVI secolo, il brindisi non desta più riprovazione e alla fine del XIX secolo diventa di uso corrente in tutta Italia. A questo punto si comincia però a questionare se sia lecito o meno l’urtare i bicchieri pieni per produrre rumore, come lamentava Monsignor Della Casa, una linea che verrà seguita dalla maggior parte dei manuali di buone maniere a tavola, fino a quelli più recenti.

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L’etimologia del termine

La parola brindisi deriva dalla formula tedesca bring dir's, che significa “lo porgo a te, te lo offro”, trasformata poi dagli spagnoli nel termine brindis, entrato in italiano come brindisi.  È uno dei pochi rituali collettivi diffusi in tutto il mondo, e al caratteristico gesto di sollevare il bicchiere pieno prima di bere alla salute, si accompagnano tante e diverse esclamazioni augurali: quelle più diffuse da noi e che tutti conosciamo sono, oltre al già citato prosit, “alla salute, auguri, cheers” e il diffusissimo cin-cin, che significa "prego-prego” in cinese ed è stato ‘importato’ dai marinai ottocenteschi di ritorno dai viaggi in Cina, un augurio che mimica il suono prodotto dal contatto dei bicchieri e che si dovrebbe evitare, secondo i manuali di buone maniere.

Calici per brindare

Un consiglio per il momento del brindisi

Che usiate una flûte o meno, il bicchiere va sempre tenuto dallo stelo. Non prendetelo dalla coppa: andrete contro il galateo e inoltre il vino si scalderà. Per quanto riguarda il toccarsi dei bicchieri, il punto del galateo è di non fare troppo rumore: basterà avvicinarli guardandosi negli occhi. Si eviteranno anche le acrobazie che ci si trova a fare in una tavolata.
Il brindisi è un gesto di convivio e partecipazione, una tradizione continuata nei millenni sempre presente nel costume moderno. In fondo, non c’è miglior augurio del levare il calice alla salute di qualcuno nel condividere una libagione.

Francesca Tagliabue
dicembre 2023

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