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I tajarin di Langa e Gemma

News ed EventiPiaceriI tajarin di Langa e Gemma

Gemma Boeri, custode della cucina casalinga di Langa, nella sua osteria a Roddino prepara una sfoglia lunghissima, da cui ricava mitici tajarin. E poi agnolotti del plin e ghiotti piatti della più autentica tradizione piemontese

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Sono le otto di un giovedì mattina e Roddino, minuscolo borgo che conta poco più di 400 abitanti, è avvolto nel silenzio e nella bruma che nasconde i noccioleti e i filari di viti, quelli del Dolcetto e di altri grandi vini piemontesi. Le colline Unesco del Barolo distano pochi chilometri, Alba, capitale delle Langhe, una ventina, ma a Roddino, defilata, si viene apposta. Lo fanno centinaia di persone ogni settimana, da ogni luogo e da anni, ma non per visitare uno dei tanti castelli del territorio.


181499Qui il monumento è l'Osteria di Gemma, custode della più genuina cucina di Langa, e l'opera d'arte è la sua pasta, fatta a mano. Nel laboratorio ci sono grandi tavoli di legno accostati per poter stendere una sfoglia sottile e lunghissima, circa 15 metri, liscia come una pezza di seta, che Gemma lavora con due grossi mattarelli fatti realizzare apposta per lei, uno per stenderla e uno per avvolgerla man mano.


181511Il lavoro va avanti con la preparazione dei tajarin, i sottili fili di sole uova e farina, che sono il suo speciale capolavoro e che muovono frotte di gourmet alla volta di questo borgo prima sconosciuto. E che Gemma condisce con piemontese semplicità: burro e salvia o sugo di carne e funghi. Il menu dell'osteria a prezzo fisso (vitello tonnato, insalata russa, tajarin, agnolotti del plin, brasato al Barolo, bunet) è lo stesso di quando nel 1986 Gemma prende in gestione il Circolo del paese, spartana osteria per clienti locali, affidandosi alla scuola di cucina più autentica, quella familiare. Presto la fama del Circolo scavalca la collina di Roddino e richiama sempre più avventori.


Nel 2005 Gemma realizza il suo sogno: un locale tutto suo, più ampio e accogliente, con una cucina più funzionale, ma con la stessa atmosfera. Ne è un esempio l'interno dell'osteria, zeppo di fotografie: la mamma Pina, che l'aiutava a fare le “raviole” (come qui vengono chiamati gli agnolotti) e Carlin Petrini, l'ideatore di Slow Food; il figlio Davide (che l'aiuta nel ristorante) e attori famosissimi. In queste foto c'è tutta Gemma: chiunque arrivi qui è trattato allo stesso modo, senza distinzioni. Il cuore del locale è il laboratorio. Lì ogni giovedì mattina si celebra un insolito rito di cucina collettiva. Gemma, con Carla, Luciana e Alfa si mette al lavoro nella preparazione delle “raviole”. Alla spicciolata arrivano poi Piera, Elsa, Antonietta e Lidia, 88 anni. “Lavorano gratis” tiene a precisare Gemma, “quando arrivano arrivano”. Si infilano il grembiule e si mettono a tagliare e farcire le sfoglie che nel frattempo prepara Gemma, ripiegandole e stendendole sempre più sottili fino all'ultima tacca della macchinetta. Ogtay e Luigi passano la rotella per separare gli agnolotti.


181529“Gli uomini li facciamo tagliare” commenta Gemma con un sorriso eloquente. Tutte seguono la stessa tecnica, raccogliendo il ripieno da un cucchiaio con la punta di un coltello per distribuirlo in mucchietti perfettamente allineati sulla pasta. Eppure, ciascuna ha un proprio modo personale, impercettibilmente differente nel chiudere e pizzicare i minuscoli agnolotti. Fino a mezzogiorno, quando arrivano i clienti, il lavoro scorre incessante e veloce, “fino a quando c'è ripieno”, dice Gemma. Sono circa 35 i chili di agnolotti sufficienti per la settimana, fatti con 12 chili e mezzo di farina e 150 uova. L'atmosfera è rilassata, con il racconto di fatti di paese, l'accenno scherzoso a Luigi che ha trovato i funghi e il conforto di una torta di mele arrivata nel frattempo. Alla fine, si mangia tutti assieme “al tavolo delle amiche della mamma”, come lo chiama Daniele, rigorosamente riservato ogni giovedì, nonostante il pienone di clienti.


Qualche marito raggiunge la moglie, allo stesso tavolo viene ospitata una coppia giunta fin qui da Francoforte, per ultimo si aggiunge un nipotino di Gemma. Dopo il pranzo ci si intrattiene per altre chiacchiere e per una partita a carte, come al Circolo. Gemma, intanto, sorveglia la cucina. “È il nostro sostegno” confida la dolcissima Lidia, la veterana. E si capisce che l'amalgama perfetto che è riuscita a creare Gemma non è solo quello dei suoi minuscoli agnolotti, talmente buoni già così che si possono gustare solo con un giro d'olio. Qualcuno le ha chiamate raviole “social”, termine oggi di moda, ma che calza a pennello a un lavoro collettivo, di aggregazione e vera condivisione, "impastato" di amicizia e solidarietà. Autentiche come la cucina di Gemma.


di Paola Mancuso
foto di Michele Tabozzi
da Sale&Pepe Magazine gennaio 2020

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