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Cucina libanese: la tavola conviviale fra Oriente e Occidente

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Scopriamo con lo chef Maradona Youssef le tante specialità di una tradizione gastronomica raffinata, che mescola sapientemente le più affascinanati influenze mediterranee e levantine

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Áhlan wa sáhlan!”: in libanese, significa “Benvenuti”. E la cucina libanese è davvero capace di accogliere gli ospiti intorno a una tavola imbandita di tutto punto, con piatti e piattini ricolmi di leccornie, pani sottili, salse cremose, zuppe fumanti, riso, insalate e legumi. Un bendidio di cui i commensali si servono liberamente all’insegna della condivisione: concetto che a noi occidentali sembra così moderno e attuale, consuetudine antica nei paesi che si affacciano sulle coste meridionali del Mediterraneo.

 

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Un’inedita convivialità
Abbiamo approfondito l’argomento con Maradona Youssef (nella foto). Cuoco libanese, già semifinalista della quinta edizione di Masterchef, oggi è consulente per la ristorazione a livello internazionale. Recentemente approdato a Milano, ha firmato il menu di Mezè, bistrò ideato da Costanza Zanolini, imprenditrice e autrice di format di successo come il giapponese Maido e il messicano Madre. Il nome del locale significa “assaggi” e indica le numerose portate che compongono un pasto libanese. Con questa nuova apertura, Costanza intende offrire ai suoi concittadini una nuova formula di convivialità. Come spiega lo stesso Maradona, infatti, “in Libano mangiare non è mai un atto individuale, ma comunitario”.

 

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Una tradizione ricca
Di terra e di mare, tra orto e frutteto, la tradizione libanese in cucina è molto ricca ed estremamente “laica”. Infatti, nonostante nel paese arabo sia molto presente la cultura gastronomica musulmana, non si seguono in maniera stringente i dettami halal (legati ai precetti religiosi). Così, per esempio, accanto al fegato di vitello con melassa di melagrana (aásbe w debes el remmen, nella foto a sinistra) può arrivare in tavola il maiale, confezionato in salsiccette speziate (makanek). Geograficamente, infatti, il Libano fa parte dell’Asia occidentale e come tale incarna appieno il concetto di melting pot, crogiolo di culture differenti in cui trovano posto le diverse anime mediorientali. Così, la libertà ai fornelli deriva dal fatto che, come sottolinea anche Maradona, il Libano ha una comunità cristiana molto radicata e conserva abitudini come il rito del pranzo della domenica in famiglia. A questa comunità si devono piatti tipici come per esempio il rez áá djej, il riso con pollo e una salsa acidula allo zafferano che, nella versione musulmana della ricetta, si prepara anche con la polpa di agnello.

 

Speziata ma non troppo
Lo status di “ponte” fra est e ovest si rispecchia in piatti e ingredienti, molti dei quali diffusi in tutto il Mediterraneo, da Israele al nord Africa, da Levante a Ponente. È il caso dei legumi: i ceci del celebre hummus o le lenticchie usate nelle zuppe come l’aádas bhamod al limone e acetosa. Ma anche di salse come il moutabal, la crema di melanzane affumicate con tahina (pasta di sesamo) conosciuta anche come babaganoush. Nonostante l’utilizzo a piene mani di diverse spezie, siamo lontani dai gusti forti della cucina maghrebina. Insaporitori come la paprica o il sommacco (acidulo e agrumato, originario della Turchia, ma anche della nostra Sicilia) sono miscelati con gentilezza, lavorando per sprigionare la fragranza, armonizzare ed esaltare i gusti degli altri ingredienti, piuttosto che per coprirli. Fra le spezie più particolari compare anche la cannella cassia, pungente e dolce insieme, che profuma il chawrbet djej, la zuppa di pollo tipica di Beirut, arricchita grazie al il tocco croccante della frutta secca. È il grande equilibrio di sapori e consistenze, che caratterizza tutte le ricette, a fare della cucina libanese una delle più raffinate dell’area.

 

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Vegetariano e vegano
Sono le spezie a rendere irresistibili i tanti piatti a base di verdure, alcuni diventati piccoli cult “green”. È il caso del cavolfiore fritto con salsa tarator di tahina, limone, aglio e prezzemolo, amatissimo dal mondo veg così come i falafel, le polpettine di ceci fritte. Ma anche del fattouch (foto a sinistra), l’insalata di ortaggi freschi con pane libanese fritto, melassa di melagrana e sommacco. Perfetto per “pulire” la bocca tra un assaggio e l’altro, il labneh è un formaggio fresco di yogurt accompagnato da un semplice pinzimonio.

 

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Buono come il pane
Sulla tavola libanese non può mancare il pane: su chiama saj e, come tutte le qualità tipiche di questa parte di mondo, è basso e morbido, adatto a essere arrotolato e farcito, anche in cottura. Da Mezè Maradona ne ha inseriti in carta ben sette tipi diversi, semplicemente conditi con semi di sesamo e zaátar (mix di erbe secche come origano, timo, maggiorana e sale), ma anche ripieni o chiusi a “panzerotto”, con carne e formaggi. Insistendo perché nel locale, proprio davanti all’ingresso, fosse collocato il kehbez, la cupola di ferro incandescente (foto a sinistra) su cui vengono cotti i dischi di pasta, lievitata con lievito madre. Per trasferire la pasta sulla piastra rovente si usa una sorta di “cuscino” imbottito e soffice, che evita alla sfoglia sottilissima di lacerarsi nel delicato passaggio. “In Libano, nei cortili di tutte le case c’è un grande kehbez”, racconta Maradona, “tutte le famiglie del palazzo scendono e lo usano per cuocere il pane”: convivialità di condominio intorno alla piastra!

 

Le ricette di Mezè
Abbiamo rubato a Maradona 4 ricette, riportate dal menu di Mezè. Gli ingredienti sono tutti di facile reperibilità o si possono sostituire: la tahina si compra ormai anche in molti supermercati, il sommacco nei negozi di specialità esotiche, al posto del saj potete usare pane arabo o piadine nostrane e un filo di aceto balsamico invece della melassa di melagrana (che, inserita nell'Arca del Gusto di Slow Food, si può trovare anche nei negozi di alimentazione naturale). Preparate i vostri mezè e disponeteli al centro della tavola in scodelle, ciotoline e piattini di terraglia, accompagnando la degustazione, se vi piace, con una fresca limonata, magari aromatizzata con qualche goccia di acqua di fiori d’arancio: ed è subito... lebanon style!

 

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Hummus
Mettete 400 g di ceci secchi 12 ore in ammollo. Scolateli, sciacquateli, trasferiteli in una pentola con una foglia di alloro, coprite d’acqua, portate a bollore e cuocete 2-3 ore, finché sono molto morbidi. Scolateli, fateli intiepidire e frullateli con 50 h di tahina, 100 ml di succo di limone, 3 g di aglio in polvere, 100 ml di olio extravergine d’oliva e una presa di sale.  Regolate la densità salsa, se occorre, aggiungendo un filo di acqua di cottura dei ceci. Decorare con una spolverizzata di paprica. Per 4 persone.

 

Fattouch
Pulite e tagliate a pezzetti irregolari 400 g di insalata romana, 170 g di cavolo cappuccio, 250 g di pomodori ramati, 250 g di cetrioli, 80 g di ravanelli, 80 g di peperone verde-rosso e un cipollotto. Unite 40 g di foglie di prezzemolo, 25 g di menta e 85 g di portulaca (erba spontanea fresca e acidula). Miscelate mezzo bicchiere di olio extravergine d’oliva con 10 g di sommacco, 60 ml di melassa di melagrana, sale e pepe. Versate sugli ingredienti, in una ciotola, e amalgamate bene con le mani (“massaggiate”, dice lo chef). Completate con 170 g di pane libanese tagliato a striscioline e fritto in olio. Per 4 persone.

 

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Moutabal
In una teglia, cuocete una grossa melanzana (circa 400 g) 50 minuti in forno a 180°. Sfornate e, con un cannello (o sulla fiamma del gas) bruciate la buccia della melanzana per lasciare un profumo affumicato, ma delicato. Coprite la teglia con pellicola e lasciate raffreddare. Sbucciate la melanzana ed estraete la polpa. Conditela in una terrina con 50 g di tahina, 40 ml di succo di limone 60 ml di olio extravergine d’oliva, 2-3 g di aglio in polvere e una presa di sale. Decorate con foglie di menta e chicchi di melagrana. Per 4 persone.

 

Cavolfiore fritto
Preparate la salsa tarator mescolando 35 g di tahina con il succo di un limone, 2-3 g di aglio in polvere e una presa di sale. Mondate mezzo cavolfiore e tagliatelo in pezzi di circa 4 cm. Friggeteli in abbondante olio di semi di arachidi, non troppo caldo (155°) finché sono dorati e scolateli su carta da cucina. Salateli, trasferiteli in una teglia e terminate la cottura 3 minuti in forno a 200°. Servite il cavolfiore fritto con la salsa tarator preparata, cumino e prezzemolo. Per 4 persone.

 

Francesca Romana Mezzadri
aprile 2022

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