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Fette biscottate: come si producono

News ed EventiPiaceriFette biscottate: come si producono

Semplici nella ricetta, complesse nella produzione. Viaggio nello stabilimento da cui escono 65 milioni di pacchetti Mulino Bianco

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Un tappeto di fette biscottate, che sfilano ordinate come soldatini vestiti di giallo su un nastro turchese. Sono tante, tantissime: qui a Rubbiano, alle porte di Parma, nello stabilimento di Barilla ne vengono prodotte 30mila tonnellate l’anno. Confezionate in 65 milioni di pacchetti targati Mulino Bianco, arrivano nelle case di 10 milioni di famiglie. Ossia in più di metà di quelle che acquistano fette biscottate (18 milioni in tutto, secondo NielsenIQ).

Non c’è da stupirsi, quindi, che Mulino Bianco sia considerato il brand di riferimento quando si parla di questo prodotto. E non solo perché è il numero uno del mercato per vendite (con 140 milioni di euro incassati in un anno in Gdo) con un’offerta molto ampia, che vanta sette tipologie diverse. Ma anche perché ha sempre investito nella ricerca, sin da quando ha avviato la produzione, nel 1965 (con il marchio Mipan Barilla, poi sostituito da Mulino Bianco nel 1976).

Come sono cambiate le fette biscottate 

In questi quasi 60 anni tante cose sono cambiate: le conoscenze tecniche sono aumentate, la tecnologia è evoluta e anche i gusti e le preferenze degli italiani non sono più quelli di allora. Basta una carrellata sugli spot pubblicitari che si sono succeduti negli anni (a partire da quello memorabile con una giovane Mina) e sull’ampliamento dell’offerta firmata Mulino Bianco per ripercorrere la storia più recente della società italiana.
Le capostipiti sono le fette biscottate oggi chiamate dorate, a cui poi si sono aggiunte quelle integrali rivolte a chi è attento al benessere, le Dolcifette (con latte e burro), quelle al malto d’orzo, quelle mini ricoperte al cioccolato e, da ultimo, le rigate che “abbracciano” le farciture (come la marmellata) senza farne perderne nemmeno una goccia.
Anno dopo anno, anche le ricette sono state modificate: quelle dorate ora hanno una fetta più spessa e che “tiene” meglio, quelle integrali sono fatte con il 100% di farina integrale e sono diventate più croccanti, e in tutte le fette biscottate Mulino Bianco è stato eliminato l’olio di palma sostituito con olio di semi di girasole altoleico.

Il caso più emblematico è quello delle fette biscottate ai cereali (leader con 1,4 milioni di famiglie acquirenti per 7 milioni di confezioni vendute ogni anno), che sono state “riviste” e migliorate ben sette volte nell’arco di nove anni. L’ultimo intervento è stato fatto poche settimane fa e le ha rese più dorate, croccanti e friabili, e con i cereali meglio distribuiti nell’impasto.

Il segreto è nel “bis”

Le fette biscottate Mulino Bianco sono prodotte a Rubbiano, in un grande stabilimento (136mila metri quadri di superficie) dove lavorano 238 persone, 180 delle quali alla produzione. 
Il metodo con cui vengono realizzate è unico e standardizzato, ma ogni prodotto ha le sue specificità. Per esempio, le farine usate per le fette ai cereali sono state selezionate anche per la loro capacità di trattenere i cereali senza che si ammassino, rovinando l’impasto. Anche le tecnologie usate richiedono degli adattamenti. Lo dimostra il caso delle dorate: per farle si usano due diversi tipi di farine perché le tre linee produttive hanno tecnologie lievemente diverse che richiedono ingredienti con caratteristiche differenti. Anche le condizioni ambientali fanno la differenza, perché impasti, lieviti e farine risentono dei cambiamenti di temperatura e di umidità e quindi occorre esperienza per sapere come intervenire.

Si parte con la preparazione dell’impasto: le farine stivate in nove silos vengono mescolate con gli altri ingredienti (come cereali, sale e latte), tutti di provenienza italiana (soprattutto locale e regionale). L’impasto ottenuto viene inviato nella pirlatrice, che lo fa girare in modo da renderlo compatto. Poi entrano in gioco le macchine che lo stendono e lo arrotolano formando lunghi filoni del peso di 800 grammi che lievitano per una cinquantina di minuti. Terminata la lievitazione e fatto riposare, l’impasto viene sottoposto a un accurato controllo (in particolare sulla struttura e la consistenza) per constatare che non abbia difetti. Solo superato quest’esame il filone viene ammesso alla prima cottura in forno, che dura dai 20 ai 30 minuti a una temperatura di 200°. Quindi i filoni passano nelle celle di stagionatura, con umidità e temperatura controllate, dove rimangono dalle 12 alle 16 ore, ossia il tempo necessario per cristallizzarli e resistere al successivo taglio delle fette senza sfaldarsi. Effettuato il taglio (solo della parte centrale del filone, perché capo e coda sono eliminati e destinati alla produzione di pangrattato), le fette, come dice il nome, vengono poi bis-cotte, ossia sottoposte a una seconda cottura a 300°, che le rende dorate e croccanti. Ora sono pronte per essere confezionate, al ritmo di 180 pacchetti al minuto e inviate ai negozi di tutta Italia.

Riassunto: dal dosaggio degli ingredienti all’uscita dal forno passano circa 2 ore. Ma, tenendo conto anche dei tempi di riposo, per produrre una fetta biscottata servono almeno 16 ore. A noi, poi, bastano pochi secondi per divorarla!

Manuela Soressi,
maggio 2024

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