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Conoscete i brigidini? Cialdine dorate al profumo di anice

News ed EventiPiaceriConoscete i brigidini? Cialdine dorate al profumo di anice

Conoscete i brigidini? Piccole cialde dorate al profumo di anice che nelle fiere e nei mercatini toscani non mancano mai. Sono da gustare in qualsiasi momento, magari con il Vin Santo. Una tira l’altra…

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“Un trastullo speciale alla toscana”: così chiamava i brigidini Pellegrino Artusi, il primo a codificare la ricetta di quella che – fino ad allora – era una quasi sconosciuta golosità di nicchia, originaria di Lamporecchio, in provincia di Pistoia. È sempre stato il dolce delle feste e delle sagre di Toscana, venduto sui banchi dei dolciumi dei mercatini. Poi, negli anni, ha trovato il suo spazio anche in negozi e pasticcerie. Impariamo a conoscere i brigidini.

SEMI ANICE

Ostie… sbagliate

Piccole cialde al sapore di anice nate, secondo la leggenda, da un errore culinario da parte di alcune monache conventuali nella preparazione delle ostie e recuperato dall’inventiva e dalle mani di Santa Brigida (oggi patrona di Svezia) al tempo di passaggio in Toscana, Umbria e Lazio. La santa, per ovviare a una pastella di acqua e farina troppo liquida che si sarebbe dovuta buttare, si narra che la “impreziosì” con uova, zucchero e semi di anice (foto sopra). L’impasto, suddiviso in piccole pallottoline poi appiattite, venne posto nelle “stiacce” (piastre di ferro a tenaglia, decorate con disegni e geometrie, utilizzate per creare le ostie, foto sotto) e messo sul braciere: così soli, girandole oppure fiori stilizzati venivano riprodotti sui brigidini, che i “brigidinai“ mettevano caldi all’interno di corbelli di zinco per preservarne la freschezza durante il trasporto fino alle piazze dei paesi.

Brigidini, delizia di viandanti e scrittori

Un tempo, i conventi erano un punto di riferimento per le popolazioni del territorio. Con i loro prodotti, contribuivano al benessere locale con piccoli generi di conforto, offerti in alcune occasioni quali sagre paesane, feste e quant'altro. Così avvenne anche per le monache brigidine (dell’Ordine di Santa Brigida, foto sotto) e le loro cialde all’anice. I primi ad accorgersi di questa cialde gustose furono alcuni pellegrini che, percorrendo la Via Francigena, passavano da Pistoia diretti a Roma.

Dopo l'Artusi, altri scrissero dei brigidini, tra cui Louis Monod, francese capocuoco dell'Hotel Savoy di Parigi, che nel 1914 li rese internazionali citandoli nel suo La cuisine fiorentine, definendoli “bricelets”, cioè “chincaglieria”. Vasco Pratolini, nel libro Cronache di poveri amanti dichiara “Il brigidino è il deus ex machina della Fiera, al suo richiamo la gente si affolla…”, mentre Aldo Palazzeschi, da bambino, si divertiva la domenica “A mangiarsi due tradizionali soldi di brigidini”.

Santa_Birgitta

Il vero brigidino

La tradizione di questi biscotti avrebbe rischiato di perdersi nei secoli ma, nell'800, la famiglia Rinati di Lamporecchio iniziò a produrre questo dolce. Negli anni tra il 1950 e il 1960, la famiglia abbandonò i vecchi ferri (foto sotto, Archivio Rinati) e creò un prototipo di macchina elettrica per la produzione dei brigidini, da cui discendono le macchine industriali odierne. Risale al 1874 anche la mitica pasticceria Carli (foto in fondo), che da allora produce artigianalmente e vende direttamente al pubblico i brigidini. Centocinquant’anni dopo, il brigidino è stato riconosciuto tra i prodotti agroalimentari tradizionali (P.a.t.) toscani.

STIACCIA ARCHIVIO RINALDI

Oggi la produzione dei brigidini si è industrializzata, ma non del tutto. Gli ambulanti ci sono ancora, partono da Lamporecchio e dai vicini centri pistoiesi con i loro camion, attrezzati con tutto il necessario: non più corbelli di vimini o zinco sul barroccio ma veri laboratori moderni su ruote, che si spostano di fiera in fiera ripercorrendo gli itinerari dei loro padri e dei loro nonni, predecessori brigidinai. Da qualche anno esiste il Consorzio del Brigidino di Lamporecchio che riunisce circa 80 produttori di brigidini della zone di Lamporecchio e, in parte, Larciano. Il marchio del Consorzio, depositato a norma di legge, garantisce il vero brigidino.

PASTICCERIA CARLI LAMPORECCHIO

 

Curiosità

  • A Roma i brigidini avevano un estimatore d’eccezione, papa Clemente IX, originario di Lamporecchio e la cui nobile famiglia, i Rospigliosi, diede il nome di brigidino alla coccarda appuntata sul cappello del casato.
  • Durante il Risorgimento, i patrioti milanesi indossavano un lembo di stoffa bianca e rossa, su cui appuntavano un rametto di edera verde per evocare la bandiera: queste coccarde si chiamavano brigidini. Carlo Lorenzini, conosciuto ai più come Collodi, scrisse “…un cappellino a cilindro, col suo bravo brigidino da una parte, come hanno tutti i camerieri dei grandi signori”.
  • Medaglia d’oro al brigidino: a Roma nel 1905, re Vittorio Emanuele lII premiò un artigiano di Lamporecchio che aveva presentato i suoi brigidini a una fiera gastronomica.
  • Chi è appassionato di cucito saprà che ancora oggi il “punto di Lamporecchio” è una nota tecnica di ricamo su stoffa.
  • I brigidini nel Livornese sono chiamati cicalini e sono il simbolo della festa della Madonna dell'Equinozio l'8 settembre, come racconta Giovanni Pascoli: “I cicalini sono graditissimi alla Madonna, accompagnando croccanti il pellegrinaggio dei devoti”.
  • La Sagra che celebra il brigidino si tiene - ovviamente - a Lamporecchio, il primo martedì di agosto.
Frontespizio_Artusi_Cucina

La ricetta dell’Artusi

Ne La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene di Pellegrino Artusi, trovate come introduzione alla ricetta dei brigidini, la numero 632 (ndr. per anaci si intendono semi di anice), il commento dell’autore:

“È un dolce o meglio un trastullo speciale alla Toscana ove trovasi a tutte le fiere e feste di campagna e lo si vede cuocere in pubblico nelle forme da cialde.

Uova, n. 2.
Zucchero, grammi 120.
Anaci, grammi 10.
Sale, una presa.
Farina, quanto basta.

Fatene una pasta piuttosto soda, lavoratela colle mani sulla spianatoia e formatene delle pallottole grosse quanto una piccola noce. Ponetele alla stiaccia nel ferro da cialde a una debita distanza l'una dall'altra e, voltando di qua e di là il ferro sopra il fornello ardente con fiamma di legna, levatele quando avranno preso colore”.

Da provare subito.

Francesca Tagliabue
gennaio 2024

 

 

Pasticceria Carli (via Gramsci 31, Lamporecchio (PT) Tel. 057.381290
Rinati, Via del Pino 20,  Lamporecchio (PT) Tel. 0573.803066

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