Quando si parla di mozzarella, la regina è quella di bufala campana, prodotta nelle province di Caserta e Salerno, in alcuni comuni del Lazio e in piccola parte in provincia di Foggia e a Venafro, in Molise. Considerata a lungo un formaggio povero, ottenuto dal latte di un animale da lavoro, con il tempo si è imposta al gusto dei consumatori fino a ottenere la Denominazione di Origine Protetta come una delle eccellenze dell’arte casearia italiana.
Il suo nome compare per la prima volta in un libro di cucina pubblicato nel 1570 da Bartolomeo Scappi, cuoco della corte papale. Elencando una serie di prelibatezze ottenute dal latte, il celebre gastronomo parla di “capo di latte, butirro fresco, ricotte fiorite, mozzarelle fresche et neve di latte”. Ma il termine “mozzarella” ha sicuramente origine più antica, almeno di cinquecento anni, e deriva dal gesto rapido con cui la pasta tirata a mano veniva “mozzata” dai casari tra indice e pollice per ottenere la forma e la quantità desiderata.
Cinque suggerimenti per riconoscere la qualità
Per la produzione di questo formaggio a pasta filata, vengono impiegati latte di bufala intero proveniente dalla zona d’origine, caglio e sale. Il risultato si può riconoscere da cinque indizi inequivocabili:
1. Colore bianco porcellana senza alcuna sfumatura tendente al paglierino, come può avvenire invece per la mozzarella di latte vaccino.
2. Superficie liscia e omogenea, interno sfogliato e poroso dovuto alla lavorazione artigianale di mozzatura che forma strati diversi e irregolari. Al taglio deve uscire un liquido lattiginoso abbondante.
3. Profumo di latte fresco e leggermente muschiato dovuto al fieno e al mais di cui si nutrono gli animali.
4. Sapore di latte con spiccata sapidità. La prima sensazione all’assaggio è quella di una gradevole sensazione di acidità lattea, alla quale segue la persistente nota della grassezza.
5. Consistenza tenace alla masticazione, che è segno di freschezza e qualità. Subito dopo la produzione è resistente e croccante e, nel corso del tempo, tende ad ammorbidirsi diventando più morbida.
Gli accostamenti da degustazione
Al momento di degustarla, se si vuole che dia il meglio di sé, bisogna renderla protagonista assoluta del piatto e servirla a temperatura ambiente. “Il massimo piacere” dice l’enogastronomo Davide Oltolini “lo si ottiene mangiandola da sola, lasciando che sprigioni in bocca tutti i sapori che racchiude. In ogni caso, non serve usarla in piatti complicati. Mi piace, per esempio, consigliarla con una semplicissima insalata mediterranea, che fa da corte discreta a una vera e propria regina del gusto”.
Se la si vuole assaporare con un filo d’olio, bisogna usare rigorosamente un extravergine d’oliva a bassa acidità, profumato e, al tempo stesso delicato, che ne rispetti il gusto. In alternativa, come avviene per i formaggi, si può accostare al miele; anche questo deve essere delicato e rispettoso dell’elemento che accompagna: l’ideale è un semplice millefiori.
Tra gli accostamenti con gli ortaggi, è da privilegiare soprattutto quello con il pomodoro, che deve essere maturo, ma ancora compatto e dalla polpa molto soda; è importante salarlo leggermente e lasciarlo sgocciolare per qualche minuto prima di servirlo con la mozzarella. Tra gli aromi, la preferenza va al basilico (che, insieme con il pomodoro, sposa la bufala nell’insalata caprese) e poi l’origano, sia fresco che secco.
Per quanto riguarda il pane, bisogna rigorosamente scegliere quello di frumento e, possibilmente, evitare quello integrale, dal sapore troppo deciso e aggressivo che rischia di prevalere sul delicato sentore di latte: il più adatto è quello di Altamura.
Infine, il vino giusto, a proposito del quale Oltolini propone due accostamenti classici e uno più insolito. “Sicuramente il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo” dice l’enogastronomo. “Sono vini del territorio, di grande personalità, ma con sentori che non coprono il gusto della mozzarella. Se invece si vuole provare un abbinamento inedito, uscirei dal territorio campano e mi spingerei anche fino a un vino con le bollcine. Consiglierei di provare uno prosecco extra-dry oppure, in alternativa, un brut”.
Come sceglierla e conservarla
All’acquisto, bisogna verificare che il confezionamento sia effettuato nel caseificio di produzione o davanti al cliente nel caso in cui si tratti di un punto vendita aziendale. Il prodotto, che deve essere contenuto in confezioni con il bollino Dop e il marchio del Consorzio di tutela, deve galleggiare nel liquido di governo che ne preserva le caratteristiche organolettiche.
Il modo migliore per conservare questa mozzarella è quello di tenerla a temperatura ambiente, immersa nel suo liquido e coperta con un telo da cucina pulito, in modo da evitare l’ossidazione. Va consumata possibilmente nei primi 3 giorni dalla produzione; poi è preferibile scolarla dalla sua acqua, conservarla ancora per 2 giorni in frigorifero e utilizzarla per cucinare.
Alessandro Gnocchi
17 maggio 2016