Profumati, dal gusto aromatico e intenso, i ceci hanno una storia antica e interessante: coltivati fin dall'età del Bronzo nell'area di Iraq e Medio Oriente, erano molto apprezzati, consumati fritti, già da Egizi, Greci e Romani. Tra questi ultimi, curiosamente, si usava soprannominare "cicer" (il nome latino del cece) chi avesse sul viso una piccola protuberanza: il grande oratore, filosofo e scrittore Marco Tullio Cicerone, per esempio, deve il nome familiare, di cui andava fiero e che non volle mai abbandonare, a un antenato con una verruca. Un altro episodio legato al piccolo legume risale al Medioevo, ai tempi delle Repubbliche Marinare, quando nella battaglia tra Genova e Pisa nel 1284 alcuni prigionieri toscani vennero chiusi in una stiva senz'acqua né cibo. Qui i pisani trovarono alcuni sacchi di ceci secchi e se ne cibarono bagnandoli con acqua marina per renderli appetibili: fu così che riuscirono a salvarsi e, secondo la leggenda, nacque la cecina, detta anche "oro di Pisa". I ceci furono protagonisti durante i Vespri siciliani del 1282: a Palermo, per stanare le spie francesi, gli insorti facevano pronunciare loro la parola "ciceri" che i transalpini dicevano con la "s" iniziale e con la "i" accentata, smascherandosi.
Rustici con personalità
Componenti tra i più energetici e nutrienti della famiglia delle leguminose, i ceci sono storicamente una delle prime colture domesticate dall'uomo; oggi sono il terzo legume più consumato al mondo, dopo la soia e i fagioli. Fino a poco tempo fa, le coltivazioni di ceci venivano alternavate a quelle del grano e degli altri cereali, apportando alla dieta dei contadini un'alta percentuale di proteine. Sebbene appartengano allo stesso gruppo di legumi che annovera fagioli, fave e piselli, i ceci crescono in baccelli che contengono solo un seme o, al massimo, due.
Varietà made in Italy
L'arbusto, con radici molto profonde, non teme la siccità e cresce in terreni poveri, aridi, anche sassosi. Le diverse varietà sono spesso legate alla produzione locale. I semi possono essere tondeggianti e lisci, oppure rugosi e rostrati (a "testa d'ariete", recita il nome latino, cicer arietinum) come la varietà Cicerale. I colori più diffusi sono il crema o il giallo chiaro, sia in versione grinzosa come il Cece di Teano sia liscia come quello di Navelli (tutti Presidi Slow Food), che insolitamente presenta nella stessa zona anche una seconda tipologia con la buccia rossa, per tradizione destinata al consumo casalingo. In Italia ci sono specie antiche di colore scurissimo, resistenti e in grado di adattarsi alle condizioni più avverse: tipici del Centro e del Sud, i ceci neri si trovano in particolare in Toscana, Umbria e Puglia, dove nell'area intorno a Bari si coltiva una varietà particolarmente pregiata, la "Murgia carsica", anch'essa Presidio Slow Food.
Gustosi per il palato e ricchi di proteine
Saporiti e sostanziosi, una volta cotti i ceci rivelano una consistenza burrosa, perfetta per realizzare vellutate e creme, salate e anche dolci. In cucina, danno vita a preparazioni di ogni genere, rendendole spesso un piatto unico e completo: li troviamo nelle insalate, con la pasta; in zuppe o creme; con il pesce o con gli affettati. L'abbinamento migliore è quello con i cereali, grazie ai quali le proteine dei legumi sono meglio assorbite dall'organismo, al punto da garantire un profilo proteico simile a quello della carne: via libera, dunque, all'unione con riso, farro, grano saraceno, orzo e pasta, come testimoniano molte ricette regionali. L'alloro, aggiunto all'acqua di cottura, li rende più digeribili, mentre il sale va evitato: se lo si mette durante la cottura, li indurisce. Erbe come rosmarino, origano, timo e salvia donano un aroma davvero unico a preparazioni come la farinata, la cecina, la focaccia. La paprica (dolce, piccante o affumicata) aggiunta all'hummus, una crema mediorientale a base di ceci (che noi qui abbiamo abbinato a delle puntarelle), dà un sapore ancora più gustoso, mentre i semi di cumino, interi o sminuzzati, profumano impasti come quello dei falafel, polpettine egiziane preparate con i nostri legumi.
Una curiosità per vegani e intolleranti
L'acqua di cottura dei ceci, detta acquafaba, è una validissima alternativa agli albumi montati a neve nella preparazione di dolci, come le meringhe.
Tradizione e territorio
Le ricette in cui entrano questi legumi sono le più diverse e, spesso, antiche. Ciciri e tria (pasta fritta e ceci), la tipica ricetta salentina, viene menzionata dal poeta Orazio già nel 35 a.C. Le Virtù teramane, piatto unico complesso, si preparano ogni 1° maggio dal XIV secolo. La tradizione li lega alle cucine ligure e toscana: lo testimoniano i cuculli, panissa e farinata (tipici di Genova), la cecina pisana, la torta di farina di ceci della Versilia, le tante varianti di zuppa rustica. Ci sono anche la fainè sassarese, la soccà nizzarda e le panelle siciliane. La pasta e ceci è declinata regione per regione: densa oppure brodosa, insaporita da peperoncino, pomodoro, guanciale e perfino acciughe. Il formato di pasta cambia: a Roma si usano ditalini rigati, in Emilia-Romagna maltagliati, in Campania come in Basilicata e Calabria le lagane, pappardelle larghe e corte. All'estero? Oltre ahummus e falafel, i ceci si trovano nello stufato e nell'harira marocchini, nel cocido madrileno e in molti piatti libanesi e greci.
Francesca Tagliabue
aggiornato febbraio 2023
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