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Carciofi d'Italia: le varietà

News ed EventiPiaceriCarciofi d'Italia: le varietà

Imbattibili a livello mondiale per quantità e qualità, hanno almeno due stagioni di raccolta, sono di tante varietà e non pochi si rivelano eccellenze

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Quasi minaccioso, con lunghe spine che si susseguono in cerchi fino a proteggerne il cuore; altre volte tondeggiante, gonfio e bonario senza che ciò ne pregiudichi il valore, il carciofo in Italia è un ortaggio multiforme. Dal punto di vista nutritivo è l'unico dispensatore di cinarina (i meno giovani ricorderanno i benefici effetti decantati dalla pubblicità del Cynar), un polifenolo protettivo per la salute del fegato, che stimola la digestione. Ed è proprio la cinarina a dare all'ortaggio un sapore tanto speciale, variamente in equilibrio tra il dolce e l'amaro. Fortuna vuole che l'Italia sia il maggior produttore di carciofi al mondo e che nel nostro Paese le varietà siamo molte, assai diverse tra loro e, in alcuni casi, con una doppia fioritura, autunnale e primaverile. Gli autunnali sono pronti già in ottobre ma i primaverili, a volte più prelibati, si trovano da febbraio a maggio e anche oltre. Le zone più vocate alla coltivazione sono nelle regioni centro meridionali e nelle isole, ma non mancano alcune eccellenze in Liguria e Veneto. Con le spine o senza? Questa particolarità divide le preferenze dei consumatori, affezionati all'una o all'altra tipologia forse più per una questione di abitudine che di sostanza. Sia le varietà con le spine che quelle senza (dette inermi) sono adatte a preparazioni crude e cotte. Al primo tipo appartengono signori carciofi come il violetto toscano e lo spinoso sardo, ligure o di Palermo. Tra i secondi citiamo il romanesco, il brindisino, il tondo di Paestum e il bianco di Pertosa, oltre al precoce di Chioggia. Raro e curioso è il carciofo di Sant'Erasmo, mediamente spinoso, che prende il nome dall'isola della laguna veneta su cui viene coltivata; l'argilla e l'alta salinità del terreno ne rendono particolari il gusto e il colore viola cupo.

Una questione di geografia

I luoghi di coltivazione definiscono gusti, abitudini e ricette. Tendenzialmente ogni regione cucina i suoi carciofi a modo proprio. In Toscana, per esempio, si amano crudi, in pinzimonio, tagliati sottili con scagliette di grana, oppure pastellati e fritti. A Roma, oltre a farli alla giudia, si farciscono di aglio, mentuccia e prezzemolo per poi cuocerli in acqua e olio. I carciofi veneti si usano spesso nei risotti e con le insalate di riso freddo. In Liguria sono essenziali per preparare la torta Pasqualina, ma si cucinano anche all'inferno, cioè in forno con prezzemolo, aglio, parmigiano e pangrattato. La Sicilia produce molti carciofi di diverse varietà: sulle sue tavole è facile trovarli cucinati alla brace.

Spinoso sardo

Riconoscibile dalla forma allungata e acuminata, dal colore verde intenso con striature brune e rossastre e anche per le allegre spine gialle, il carciofo spinoso di sardegna Dop ha trovato la sua zona di produzione eletta nella bassa valle del fiume Coghinas, non distante da Sassari, ma viene coltivato anche in numerosi altri comuni di tutte le province sarde. Vento e irrigazione sporadica della coltura isolana infatti lo temprano e migliorano. Il risultato è un carciofo dal cuore sorprendentemente bianco e tenero, da trattare con cautela, che al tempo stesso si rivela compatto, carnoso e croccante. Inoltre il gambo è particolarmente morbido e poco fibroso. La messa a dimora si pratica tra giugno e fine luglio, mentre la raccolta avviene tra fine novembre e fine maggio, anche se il periodo di maggiore produzione è tra gennaio e marzo. Grazie alla loro tenerezza, questi carciofi sono anche indicati per l'utilizzo a crudo, mentre da cotti è classico l'abbinamento con la bottarga.

Carciofo morello

Si tratta di un carciofo di piccole dimensioni piantato sulle colline della Val d'Ombrone, tra i calanchi delle crete senesi, cioè su terreni sabbiosi e argillosi in grado di conferirgli un gusto speciale, lievemente amarognolo. Per la specificità della zona di origine, è stato riconosciuto come PAT, prodotto agroalimentare tipico tradizionale della Toscana. Coltivato da secoli, forse addirittura dal Seicento, il piccolo morello ha forma affusolata, colore scuro con venature color vinaccia e un cuore molto tenero. La raccolta va da febbraio alla metà di maggio: ogni anno, attorno al 25 aprile, il paese di Chiusure gli dedica una festa, durante la quale si può degustare in pinzimonio, sotto forma di zuppa, fritto e altro.

Carciofo romanesco

Chiamato anche Mammola o Cimarolo, si trova sui mercati da febbraio a primavera inoltrata ed è il più riconoscibile dei "senza spine". La sua forma infatti è sferica, imponente e compatta. In genere ha una colorazione verde scuro e viola, con foglie consistenti e più carnose rispetto a quelle dei carciofi spinosi. I carciofi romani o romaneschi del Lazio sono stati il primo prodotto agricolo italiano a ottenere la certificazione Igp, primato giustificato, visto che si rivelano speciali anche all'assaggio, con un gusto saporito e una consistenza molto tenera. Impossibile non collegarli alla nota preparazione alla giudia che, grazie alla doppia frittura, li trasforma in croccantissimi fiori. Di solito si cucinano interi.

Carciofo thema

Piantato specialmente nel Ponente Ligure, ma pure in alcune zone della Sardegna, attira lo sguardo con colori sgargianti a contrasto: violetto intenso e verde brillante. Ma il carciofo thema è anche singolare per le spine tendenzialmente rare (solo alcune brattee ne sono provviste) e piccolissime, per le foglie carnose e tenere e soprattutto per il gusto poco amaro. la stagionalità del carciofo Thema è ampia: può essere raccolto già a inizio ottobre purché il clima sia sufficientemente fresco e, dopo un breve intervallo, da febbraio ad aprile. Per la sua dolcezza, è ottimo a crudo, cotto a vapore, bollito e poi gustato nelle frittate, ma è anche perfetto in abbinamento a sapori intensi come olive, capperi, peperoncino.

Carciofo brindisino

Si tratta di una qualità affine al carciofo romanesco e laziale: anche il brindisino infatti, che nel 2011 ha ottenuto la certificazione IGP, è privo di spine. Caratterizzato da una forma più cilindrica del romanesco, ha le foglie esterne di colore verde con lievi sfumature violette mentre quelle interne sono di colore bianco verdastro. Dalla sua il carciofo pugliese ha pure una maturazione precoce (i primi sono disponibili già in ottobre), foglie povere di fibre, molto tenere, carnose e dal caratteristico gusto sapido. È considerato una varietà perfetta da abbinare ai formaggi stagionati ma nei luoghi di provenienza si cucina spesso alla parmigiana o farcito di pane, olive, capperi, menta, aglio e cipolla.

Daniela Falsitta,
febbraio 2024

TAG: #carciofi

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