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Enrico Bergonzi, nel regno del culatello

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Intervista a Enrico Bergonzi, patron chef dello storico ristorante Al vèdel di Colorno e produttore dei pregiati salumi tipici della food valley parmense

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Lei appartiene a un’antica famiglia, attiva da due secoli nell’arte della norcineria parmense. Quando è iniziata la vostra storia?
Più di due secoli fa nella piccola località Le Vedole, nei pressi di Colorno, quando l’anziana Zia Cleofe trasformò il suo rustico in uno spaccio di generi alimentari e in un posto di ristoro per viandanti che fu chiamato “Dalla siora”. La famiglia ha continuato negli anni l’attività di ristorazione producendo artigianalmente anche salumi. Ai tempi dell’Unita d’Italia avevamo ben 20 licenze, per produrre vino, salumi, tabacchi e sale; fino all’inizio degli anni '70 si preparavano 3-4 piatti da servire nella nostra trattoria inzialmente solo al sabato e alla domenica poi anche durante la settimana. In più questo era il posto dove si poteva vedere la televisione, ascoltare la musica dal juxe box, giocare a bocce, ballare, c’era insomma tutto quello che serviva per poter vivere all’interno di una piccola comunità.

Da un semplice posto di ristoro a un ristorante di alto livello, come è avvenuto questo percorso tutto in salita?
La trasformazione è avvenuta alla fine degli anni 70, quando iniziarono ad aprire le mense delle fabbriche, che ci toglievano lavoro durante la settimana; abbiamo quindi deciso di rinunciare al negozio di alimentari e al bar e puntare solo sul ristorante, abbiamo fatto una ricerca sui piatti da proporre, introdotto il menu scritto, fino a quel momento raccontato solo a voce, creato una ricca la carta dei vini - un tempo in campagna la scelta era solo tra il bianco e il rosso - adesso siamo a 1700 etichette da tutto il mondo. Nasceva cosi nel 1976 il ristorante “Al Vèdel”, nome dialettale de “Le Vedole”: 250 coperti allestiti nelle ampie sale interne dove ancora oggi si respira l’atmosfera delle vecchie osterie. Per la lunga e continuativa attività il ristorante ha ottenuto il riconoscimento dell’Associazione Locali Storici d’Italia.

Altro fiore all’occhiello della vostra attività è la produzione di salumi tipici.
Da sempre l’attività di ristorazione si è sviluppata parallelamente a quella della produzione e stagionatura dei salumi tipici della Bassa parmense, primo tra tutti il rinomato Culatello di Zibello Dop. Ancora oggi a fianco del Vèdel si trova il Podere Cadassa, con il suo salumificio artigianale e cantina naturale di stagionatura dove possono riposare fino a 7000 culatelli. Un tempo c’era solo una piccola stanza dove si uccideva il maiale e si lavoravano le carni seguendo il sistema suggerito da esperti norcini, oggi il podere è stato completamente riqualificato con la creazione del Tunnel dei Culatelli e l’introduzione di particolari processi di asciugatura e aerazione degli ambienti grazie ai quali otteniamo prodotti artigianali di qualità.

Come siete riusciti a raggiungere l’eccellenza in questo campo?
Mio cognato ed io abbiamo seguito i nostri anziani norcini, gli stessi che lavorano ancora per noi: quando loro uccidevano i maiali abbiamo annotato procedimento, temperatura, umidità, come doveva essere l’esposizione delle finestre e la cantina, quindi rifatto il nostro podere in base a queste indicazioni. Così siamo riusciti a produrre salumi con rigidi standard produttivi e con il controllo di tutta la filiera: dalla selezione delle carni, all’utilizzo esclusivo di sale e pepe al momento della lavorazione evitando l’aggiunta di spezie, coloranti e conservanti come nitriti e nitrati, fino alla stagionatura in cantine naturali.

135561Nelle proposte del ristorante la tradizione sposa talvolta l’innovazione. Ma quali sono i punti fermi e irrinunciabili?
Il punto di forza dei nostri menu è la cucina di territorio. Gli chef sono lasciati liberi di innovare, tanto che i piatti sono studiati per accontentare tutti i gusti, il tradizionale ma anche il vegetariano, il vegano e altri stili più modaioli, in più abbiamo introdotto molte specialità di pesce; ma il filo conduttore deve sempre essere la tipicità, l’innovazione ci sta perché non si deve essere chiusi alle novità, ma ci sono comunque dei sapori irrinunciabili, e la marcia innovativa serve a rinfrescare le idee tradizionali. Naturalmente, il leit motiv dei nostri menu è il culatello di Zibello Dop, insieme agli altri salumi che si preparano nel podere: il fiocchetto, la spalla cruda di Palasone (presidio Slow Food), la spalla cotta di San Secondo, il salame gentile, lo strolghino, la mariola, la coppa, la pancetta, il cotechino. Tutti proposti in degustazione nella carta del ristorante o utilizzati come ingrediente di molte ricette, come gli “amarilli al culatello”, i ravioli di pasta fresca a forma di fiore, venduti anche nell’annesso piccolo pastificio artigianale, insieme a tante altre specialità di pasta fresca.

Miriam Ferrari
20 dicembre 2017



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