Divino pesto, sangue verde di basilico, etimologicamente regale - poiché vuol dire "pianta degna di Re". Profumo di cucina semplice, sana e golosa. Profumo di Liguria, innanzitutto, perchè l'oramai internazionale pesto viene da lì, e solo lì cresce il basilico che fa il vero pesto.
Naturalmente la ricetta tradizionale è quella nel mortaio, e poi c' é la versione per comuni umani contemporanei, quella che al pestello sostituisce le lame del mixer.
Eccola, la ricetta:
Per 3 persone
2 mazzi di basilico rigorosamente genovese
1 spicchio d’aglio (togliere cuore)
30 grammi pinoli
20/30 gr pecorino sardo (meno se forte)
40/50 gr parmigiano
Olio EVO q.b.
Sale q.b.
Lavare rapidamente e asciugare il basilico (potete centrifugarlo nell’insalatiera), affinché non perda la fragranza. Togliere l’anima (il germoglio interno) all’aglio e romperlo in 4 o 5 pezzi. Mettere nel frullatore o nel mixer da cucina aglio, basilico, metà pinoli, un po’ di mix di formaggi e un po’ d’olio. Continuare ad aggiungere gli ingredienti tritando a bassa velocità fino alla giusta consistenza, lasciando per ultimi un poco di pinoli affinché rimanga traccia al palato di qualche micro pezzo: così otterrete consistenza cremosa con un che di rustico.
Pesto à porter
E per quanto riguarda i pesti in barattolo? Innanzitutto, dimenticatevi quelli delle grandi marche. I genovesi oramai mangiano prevalentemente quello del Pastificio Novella – che dal 1903 produce a Sori, secondo paese affacciato sul mare proseguendo sull’Aurelia verso Levante dopo la fine del territorio urbano. È buono di gusto e si trova comodamente nella grande distribuzione, in tutta la Liguria e parzialmente sul Piemonte, la Lombardia e alta Toscana. Il basilico è genovese DOP ma l’olio di oliva, e non extra vergine. Poi Grana Padano DOP, pinoli, sale, aglio. Tra i piccoli produttori artigianali, che spediscono in tutt’Italia, spicca quello della Bottega del Pesto, davvero valido. Piccola produzione nel levante cittadino, pioniere della vendita online (dal 2001), ogni barattolino è chiuso a mano, con tanto di bollino dai due cuoricini che dichiara: “BASILICO FRESCO – Raccolto & lavorato entro 24 ore”. Unica pecca: esibisce solo parmigiano e non pecorino (come quello Novella, d’altronde). Sul pecorino va forte invece il pesto Sacco, che usa addirittura il Fiore Sardo DOP. Valido, anche se non altrettanto eccellente su altri fronti, nonostante il basilico di Prà...
Basilico e pinoli, qualcosa da sapere…
Il basilico è quello di Prà, l’oramai conosciutissima delegazione del Ponente Genovese dove si dice cresca il basilico migliore per la preparazione del pesto. Non sempre. Senza nulla togliere al basilico di Prà, ci mancherebbe (nel quartiere c’è anche un Parco dedicato alla profumata piantina), riportiamo una conversazione intercorsa tra una signora cliente e un signor commerciante che ha avuto luogo recentemente in un mercatino di produttori artigianali e ci è stata riferita. Lei: “Ma è di Prà il basilico?”- Lui: “Signora speriamo di no!!!”. In altre zone di Genova e nel Levante cittadino, aria più pulita e sole dolce possono nutrire un basilico perfetto e profumato. L’importate che sia quello a foglie piccole, senza traccia olfattiva di mente. Quello genovese, insomma, che cresce solo all’ombra della Lanterna… E che sia fresco: scontato? Niente affatto!!! “La maggior parte di produttori usano il cosiddetto ‘pastone’- spiega Laura Rondini, proprietaria insieme al fratello Andrea de La Bottega del Pesto – Il basilico è una pianta delicatissima, ha bisogno di luce e caldo, per questo viene raccolto d’estate, quando la resa è tanta e i prezzi si abbassano. Poi lo triti e con olio e sale - o solo sale - lo congeli tra i -9° e i -18°: è questo il ‘pastone’. Non ghiaccia, è un semilavorato anche di marchio DOP (perché il DOP è dovuto alla zona di produzione), ma mangi un prodotto con la foglia raccolta anche l’anno prima. Per avere un’idea del prezzo: il ‘pastone’ costa 5 euro/kg, la foglia fresca 22 euro/kg”. Il pesto della Bottega è squisito, basilico genovese ed EVO. Gli anacardi, che vengono utilizzati insieme ai pinoli per abbassare un pochino i costi di produzione, non piacciono ai puristi ma non stravolgono il gusto. La pratica di sostituire – almeno parzialmente – gli oramai lussuosissimi pinoli con altra frutta a guscio è sempre più comune, anche a casa, a partire dai primi anni 2000. Motivo? La cimice dei pini, chiamata volgarmente cimicione o cimicione americano, “immigrato” in Italia nel 1999. Da allora questo parassita ha provocato danni a non finire, colpendo brutalmente il pino domestico italiano, nei cui frutti, le pigne, sono contenuti i semi, i pinoli. Nell’ultima dozzina d’anni la produzione è crollata dell’80% e prezzi quadruplicati . I pinoli nostrani sono rari e cari, anzi carissimi in confronto al loro concorrente principale, il pinolo cinese (Pechino detiene oltre il 60% della produzione mondiale). L’anacardo è la frutta secca dal gusto più neutro, più simile al pinolo – anche se molti usano invece le noci che, pur variando un po’ di più il sapore rispetto alla salsa originale, amalgamano quella punta di dolcezza in più che può risultare di fatto deliziosa.
Dove mangiarlo a Genova
Gesino, storica e tipica trattoria Sant’Eusebio, antichissimo micro-borgo che sorge a 222 m s.l.m, oggi quartiere genovese parte della centralissima Val Bisagno. Il pesto di Gesino, come tutta la sua cucina – dal minestrone alle polpette – è genuino, fatto tutto in casa dagli anziani della famiglia, dalla signora Agostina a Livio, maestro della crostata. In centro, a due passi dalla stazione Brignole, molto popolare Il Genovese. Nello straordinario centro storico cittadino, potete provare i testaroli al pesto da La Cabotina, dietro via Garibaldi, dove svettano i palazzi Patrimonio dell'Umanità UNESCO. Oppure nella stotica trattoria da Ugo, dove le trenette sono "avantagiäe", ossia il pesto servito con le sue patate & fagiolini. Come tradizione vuole. Di default, oramai una rarità. Monsù, altrettanto storica del Ponente cittadino, quartiere di Sampierdarena, un tempo frequentatissimo dai camalli, i lavoratori del porto, si serve un pesto schietto e tradizionale – da provare le lasagnette – così come gli altri piatti tipici genovesi sul menu, dalla trippa in su (pur essendo una volta di proprietà piemontese). Ancora più a Ovest, sotto i cantieri di Sestri Ponente, Le Toe Drue (che prepara anche "la Ferrari" del Cappon Magro). Infine nella deliziosa Boccadasse, ex borgo di pescatori quasi in centro città, verso Levante, potete provare quello di Osvaldo.
Carola Traverso Saibante
gennaio 2019