Come si cambia!
Fino a qualche decennio fa, in Italia, nessuno si sarebbe sognato di mangiare allegramente il pesce crudo. E si rideva a crepapelle di un famoso film con Paolo Villaggio ospite, suo malgrado, di un ristorante giapponese.
Oggi invece, grazie ai tanti ristoranti asiatici aperti nelle nostre città, abbiamo imparato ad amare la loro cucina. E lo facciamo persino con una certa leggerezza, senza preoccuparci troppo di aderire a offerte con formula all you can eat che tempo fa ci avrebbero forse allarmati.
Ma dove sta la verità? Quale dovrebbe essere il giusto atteggiamento nell'avvicinarsi a sushi, sashimi e compagnia bella?
Ne parla il professor Luciano Oscar Atzori, esperto in sicurezza degli alimenti e tutela della salute, in un articolo apparso su La Stampa.
Tra i rischi più comuni derivanti dal consumo di pesce crudo figura l'ingestione involontaria di Anisakis. Si tratta di larve sottili, color bianco-crema, lunghe fino a 3 cm e quindi abbastanza visibili persino a occhio nudo, che si sviluppano nella polpa di specie ittiche diffuse in quasi tutti i mari del mondo.
Per quanto ci riguarda, restringendo la nostra attenzione sul mar Mediterraneo, le si può trovare prevalentemente nei pesci sciabola, sgombro, merluzzo, totano, alice, cefalo e sardina.
Purtroppo le larve dell’Anisakis sono perfettamente resistenti ai succhi gastrici della digestione e quindi riescono a impiantarsi nella mucosa intestinale causando una malattia detta Anisakiasi che dà vomito, nausea e diarrea.
In passato questa patologia era conosciuta esclusivamente nei Paesi dell’Est Asiatico, ma attualmente si sta diffondendo anche in Europa.
Oltre all’Anisakis, consumando pesce crudo, si può incorrere nel Diphyllobotrium latum o nell’Opistorchiasi, altre forme di parassiti dannosi per la salute umana ma più rari.
Purtroppo contro queste larve la preparazione domestica a crudo può fare ben poco.
A niente serve, per esempio, la marinatura tradizionale, così come la preparazione a carpaccio o a tartara che non sono affatto efficaci contro le larve perché né il limone né l'aceto sono sufficientemente acidi per eliminarli.
Quanto alla salagione a secco può considerarsi un trattamento efficace solo se effettuata ad alte concentrazioni e per lunghi periodi. Più sicura l’affumicatura che tuttavia deve raggiungere i 70-80°C e protrarsi per 3-8 ore a seconda del pesce.
Anche al ristorante però, se vogliamo stare proprio tranquilli, è bene seguire questi cinque consigli pratici:
1) Accertarsi, se possibile, che il pesce crudo abbia subito un adeguato abbattimento termico come imposto dalla legge e che, una volta scongelato, non sia stato più surgelato.
2) Prima di mettere il sushi in bocca, effettuare un attento esame di alcuni "campioni", dividendoli da riso, zenzero e altri elementi coprenti. Quasi tutte le larve dei parassiti sono abbastanza grandi da poter essere viste.
3) Chiedere se sono stati utilizzati lo sgombro, le sardine, le alici o il tonno, che sono le specie ittiche del Mediterraneo a più alto rischio di zoonosi (infestazione di larve).
4) Rinunciare a ordinare le specialità nipponiche in locali gestiti da non giapponesi che spesso mancano della specifica cultura di questa cucina e sono meno attenti ad effettuare le procedure e i controlli di sicurezza.
5) Infine il consiglio più pratico, semplice e risolutivo: se non siete sicuri delle risposte ricevute, della nazionalità dello chef e nemmeno di quanto avete visto nel piatto, masticate bene e lungamente ogni singolo boccone di pesce crudo. In questo modo avrete ottime probabilità di triturare e sopprimere le eventuali larve nascoste nel pesce.
In fondo, il sushi in Giappone si mangia da molto tempo prima della nascita degli abbattitori industriali e, come dicevano le nostre nonne, quel che non ammazza (quasi sempre) ingrassa!
Daniela Falsitta,
25 febbraio 2015