La crisi morde e anche i locali storici della tradizione italiana che così devono rivedere i conti. C’è chi vende ai big della moda o ai fondi internazionali, pur restando direttore o proprietario di minoranza del marchio (vedi la caffetteria extra chic Cova venduto a Lvmh) e chi è costretto a chiudere per sempre.
Come Mazzara a Palermo, vetrina storica e antica pasticceria di via Generale Magliocco, che dopo Pasqua metterà in mobilità i suoi ben 32 dipendendi, il che la dice lunga su quante famiglie, ristoranti e altri locali, il marchio siciliano rifornisse.
Il nuovo titolare Giuseppe Glorioso, che aveva rilevato l’attività da qualche anno non riuscendo però a mettere a segno l’obiettivo di rilancio a causa della congiuntura sfavorevole e dell’aumento vertiginoso del costo delle materie prime, getta la spugna.
E così, la pasticceria che vanta oltre cent’anni di storia, se ne va. E’ stata fondata nel 1909 ospitando ai suoi tavolini coronati e intellettuali del calibro di Tomasi di Lampedusa, che proprio qui trasse ispirazione per la stesura del suo “Il Gattopardo”. Meta obbligata per Presidenti della Repubblica, da Saragat a Scalfaro, e grandi attori epicurei come Manfredi e Sordi, la caffetteria è stata teatro di incontri celebri e immortalata come golosa ed elegante scenografia per grandi foto che hanno fatto il giro del mondo.
Questa formula non regge più, piace ma costa troppo, e al posto del locale storico potrebbero spuntare nuove insegne come l’ennesima mediocre gelateria, un negozietto di abiti sintetici o, peggio, un compratore d’oro (attività piuttosto in voga in questi bui tempi).
Ma per fortuna, come si dice, si chiude una porta e si apre un portone. C’è chi se ne va ma anche chi arriva, tra il plauso curioso di quella Torino bene che non si rassegna all’idea della globalizzazione delle sue insegne. E infatti, proprio nel capoluogo piemontese uno dei ristoranti più noti, il Cambio, tenta un grande rilancio con l’inaugurazione del prossimo 14 aprile.
Il locale settecentesco, attualizzato dagli specchi di Michelangelo Pistoletto e i mobili di Martino Gamper, allo sfavillante restauro associa una nuova formula di servizio: tre diversi livelli di prezzo negli altrettanti ambienti ricavati: il bar Cavour aperto fino a tarda notte, il ristorante alla carta e il bistrot.
Il tutto sotto la supervisione di una firma eccellente: lo chef Matteo Baronetto, piemontese di Giaveno già in brigata a Milano con Cracco, che offrirà ghiottonerie della tradizione rivisitate in chiave moderna. “Sto ristudiando la cucina piemontese con umiltà… e sarà anche una cucina divertente” ha spiegato. Il locale proporrà dunque una formula democratica e non snob, perché i tempi cambiano, la voglia di “joie de vivre” resta. (Fonte: La Repubblica)
Silvia Bombelli
2 aprile 2014
Photo credit: Flickr / Torephoto