Tutti ne abbiamo almeno un paio e gli chef professionisti... decine! Ma sappiamo sempre qual è la più adatta alle diverse preparazioni? Scopriamolo con la nostra guida!
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Sono forse il tegame più diffuso: tutti abbiamo almeno un paio di padelle grandi e piccole, mentre i cuochi amatoriali amano sfoderarne diverse. E nelle cucine professionali ve n’è una collezione intera, composta da decine di modelli, per usi specifici.
Cosa si intende per padella Fondo largo, bordi bassi o medi leggermente svasati, un manico lungo e, solo a volte, una seconda maniglia sul lato opposto per facilitare presa e spostamenti: l’iconografia della padella è tutta qui. A fare la differenza, come vediamo tra poco, sono soprattutto le dimensioni e i materiali che fanno sì che, fatta salva la forma, le diverse padelle si adattino a differenti preparazioni.
Gli utilizzi In genere, le padelle si usano per cotture rapide a temperature alte, con un grasso (olio, burro) e ingredienti ben distribuiti, non ammassati, che così rosolano e si dorano in modo uniforme. L’altro impiego classico è per le fritture: dalle cotolette alle patatine. Data la base ampia, sono adatte anche per intingoli che devono ridursi in poco tempo, come la salsina delle scaloppine o il sugo di pomodoro fresco per la pasta.
I materiali Non c’è dubbio che il materiale più pratico sia il metallo (in genere alluminio) con rivestimento antiaderente. Nelle padelle, infatti, si cuoce spesso a calore vivace e i materiali non stick evitano di far attaccare i cibi e di stare continuamente a controllare che non brucino.
Per favorire la formazione di crosticine - quella che avviene in seguito alla cosiddetta reazione di Maillard, che caramellizza gli zuccheri e regala un bel colore dorato agli alimenti, sono indicati il ferro e la ghisa che si scaldano velocemente, raggiungendo e conservando alte temperature. Il ferropuro è poco usato perché eccessivamente duttile (tende a deformarsi). Più spesso se ne fa una lega, il cosiddetto acciaio al carbonio o carbon steel, che unisce appunto ferro e carbonio in piccola percentuale (tra l’1 e il 2% circa). Questo materiale può essere modellato in padelle dal fondo sottile, come le classiche lionesi amate dalla cucina francese. Al primo utilizzo e dopo ogni lavaggio occorre condizionarle, ovvero ungerle con un velo d’olio, che le renderà antiaderenti, evitando anche la formazione di ruggine.
Se la percentuale di carbonio sale (finanche al 6%) ecco la ghisa, o cast iron, che non può essere semplicemente modellata ma deve essere formata tramite stampi: ecco perché le padelle in ghisa hanno fondo e bordi spessi, cosa che le rende pesanti e non molto comode da maneggiare. Sono tuttavia le preferite di chi ama cucinare la carne, proprio per la capacità di trattenere il calore e anche perché possono essere poste sul barbecue.
Se a ferro e carbonio si aggiunge il cromo, ecco l’acciaio inox che, come suggerisce il nome (contrazione di “inossidabile”) non sviluppa ruggine, è resistente ma un po’ difficile da gestire perché si surriscalda e i cibi possono bruciare facilmente. Meglio perciò usarlo in ricette che, dopo l’iniziale rosolatura, sono portate a cottura con un filo di liquido.
Un buon conduttore di calore è invece l’alluminio, non a caso usato come “base” per l’antiaderente e - insieme al ferro - il preferito da molti chef.
Anche se il campione, dal punto di vista della conduzione, resta il rame. Resistente e bellissimo, ha il limite di un costo sempre piuttosto importante. Inoltre, non può venire direttamente a contatto con i cibi acidi: ecco perché in genere padelle e altri tegami in rame sono stagnati, ovvero rivestiti di un metallo inerte.
Sia l’alluminio che il rame, per la loro alta conducibilità, vogliono una fiamma moderata. Un difetto comune è che mal sopportano i lavaggi in lavastoviglie, da cui rischiano di uscire macchiati.
Le misure Nella cucina casalinga, le padelle più versatili sono quelle da 22 o 24 cm di diametro. Le grandi da 28 cm o, addirittura, 30 cm sono meno maneggevoli, adatte per preparazioni che non devono essere smosse continuamente ma semplicemente rimescolate o girate, come le cotolette. Quelle più piccole, da 18 o 20 cm di diametro, sono adatte per porzioni ridotte, omelette singole e frittatine. La padellina più carina che ci sia è, infine, il cosiddetto tegamino. Con un diametro di circa 14 cm, è perfetta per due uova all’occhio di bue e, se il materiale lo permette, passa senza problemi dal fuoco al forno.
La misura delle padelle si intende in genere all’imboccatura. Infatti, dati i bordi svasati, il fondo è più piccolo: per una padella da 22 cm sarà circa di 15 cm, per una da 24 cm di circa 17 e così via.
I coperchi È importante conoscere la misura dell’imboccatura anche per adattare i coperchi. Non sempre le padelle in vendita ne sono munite, ma sono diverse le preparazioni che possono essere coperte in cottura: per esempio le frittate, che così si rassodano più velocemente in cottura.
Le speciali Esistono padelle studiate appositamente per specifiche ricette. È il caso di quella per fritti, la più alta e più capiente, che può contenere l’olio necessario al deep frying, la frittura profonda necessaria per chips, crocchette, nuggets, tempura, frittelle e così via.
È una padella molto ampia, a due manici, la paellera, il cui nome originale è proprio “paella”, ovvero padella in spagnolo, termine che dà il nome alla ricetta. Quella tradizionale è in ferro che, spesso, è smaltato di nero, con la tipica punteggiatura bianca. Grazie al ferro, come abbiamo visto, la distribuzione del calore sul fornello risulta omogenea e la paellera può anche passare in forno, per terminare la cottura.
Per cuocere sulla fiamma viva le caldarroste, esistono speciali padelle forate. Anche queste sono in genere di ferro, piuttosto leggere e maneggevoli, così che sia facile smuoverle continuamente per il manico, rigirare spesso le castagne e abbrustolirle in modo uniforme.
Chiudiamo la nostra carrellata con la padella per le crêpes: ampia e con il bordo bassissimo, si usa non solo per le crespelle ma per tutte le preparazioni a base di pastelle, come i testaroli, e anche per cuocere piadine e tortillas messicane.