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Onore alle bufale!

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Ci sono situazioni in cui la bufala (autentica) è più che benvenuta: succede sempre a tavola. Qui scopriamo come riconoscere quella vera, per non cedere alle imitazioni

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Che bufala sia, ma purché autentica: sembra un ossimoro ma non lo è. Perché in tempi di trionfo delle fake news, ci siamo scordati che, per decenni, la bufala non è stata una notizia farlocca, ma una delizia della produzione caseria italiana. Quella mozzarella dal colore bianco porcellanato, dalla crosta sottilissima e dalla pasta a foglie sottili, che al taglio emana un profumo di fermenti lattici, e che ha un sapore insieme acidulo e delicato, quasi di panna fresca. Insomma, una vera delizia, diventata uno dei prodotti- simboli dell’”italian food”. La mozzarella di bufala (e quella Campana Dop in particolare) non è infatti solo molto amata dagli italiani, ma sta conquistando anche i consumatori di mezzo mondo. Ed è molto apprezzata dagli chef. Sono tanti (tra cui molti stellati) quelli che si ritrovano a Paestum, dal 23 al 24 maggio, per l’appuntamento (l‘undicesimo) con Le Strade della Mozzarella, il maggior congresso internazionale di cucina d’autore dedicato alla valorizzazione di questa e delle altre eccellenze dell’agroalimentare italiano. Un’occasione imperdibile per vedere e scoprire i più blasonati chef, pasticceri e pizzaioli di tutto il mondo: da Heinz Beck ad Andrea Aprea, da Gino Sorbillo a Simone Padoan, da Rosanna Marziale a Pino Cuttaia, da Viviana Varese a Corrado Assenza.


E se è “bufala“ che sia vera
La Mozzarella di Bufala Campana Dop è uno dei formaggi più venduti in Italia, con circa 605 milioni di euro di giro d’affari al consumo. E il 32% circa degli oltre 47 milioni di kg che vengono prodotti ogni anno finisce all’estero. Ma è anche uno dei formaggi più “imitati“ e contraffatti. Come si riconosce un’autentica Mozzarella di Bufala Campana Dop? Innanzitutto dev’essere venduta già confezionata (ad eccezione negli spacci nei caseifici, dove può essere tenuta sfusa ma deve comunque essere imbustata davanti al cliente) e deve riportare sulla confezione il logo del consorzio di tutela e il marchio tondo del logo Dop rilasciato dall’Unione Europea. Tutte le mozzarelle che sulle confezioni riportano altre denominazioni (come "mozzarella di bufala" o "mozzarella bufalina") sono fuorilegge e non sono certificate Dop


La mozzarella tradizionale è a palla, media o gigante, ma il disciplinare della Dop ammette anche bocconcini, ciliegine e perline, trecce, nonché la versione affumicata ottenuta però con procedimenti naturali e tradizionali. Occhio anche al prezzo: in assenza di promozioni od offerte speciali, non può scendere sotto i 9 euro al kg. Solo così i caseifici possono coprire gli alti costi di produzione, visto che il latte di bufala costa il triplo di quello di mucca e che la lavorazione dev’essere immediata e richiede grande abilità. 


Comprata una vera “bufala” Campana Dop, è il momento di valutarne la qualità. E qui servono i sensi. Si comincia dalla vista: siccome il latte di bufala si caratterizza per il colore bian­co come la porcellana, così si deve presentare la mozzarella. Se invece tende al paglierino, allora molto probabilmente contiene anche latte di mucca. Si continua con l’olfatto: la mozzarella di bufala campana ha un profumo latteo ma muschiato. Si prosegue col tatto: l’impasto è a sfoglia, talvolta con delle occhiature, e ricoperto da una crosticina sottilissima che non supera il millimetro. E si finisce (finalmente) con il gusto: all’assaggio all’inizio sembra quasi yogurt (ma solido), per la sua sensazione di acidi­tà soffusa e gradevole, ma poi lascia in bocca una morbidezza che ricorda la panna. Masticandola, la si sente elastica ma anche morbida, soprattutto se viene consumata “calda”, ossia a 18-20°C gradi. Il freddo del frigo serve solo a conservarla ma ne penalizza profumo, consistenza e sapore. Meglio, quindi, tenerla un poco a temperatura ambiente prima di gustarla. 


Da non dimenticare anche che la mozzarella di bufala deve rimanere sempre immersa nel suo liquido di governo, finché la si consuma. E anche quella avanzata va rimessa in questo liquido, e tenuta in frigorifero. Ma non resiste oltre le 24-48 ore.


A ogni territorio la sua bufala. E i suoi abbinamenti in cucina
Anche se il disciplinare di produzione della Mozzarella di Bufala Campana Dop è uno solo, comunque questo formaggio può mostrrea sfumature diverse a seconda della sua zona di origine e anche per questo può portare in etichetta le diciture “Piana del Sele”, “Piana del Volturno”, “Aversana” o “Pontina” se proviene da queste aree. Del resto su questo principio si fondano i “mozzarella bar” (come Obika che ha una decina di locali da Londra a Kuwait City, da Tokyo a New York) che, partiti dall’Italia, stanno conquistando mezzo mondo. In questi locali il menu propone mozzarelle di bufala di diversa provenienza di cui viene proposto un assaggio guidato.


Si scopre così che quella salernitana è dolce, quella dell’area di Paestum delicata, quella pontina dal gusto più deciso e affumicato mentre la casertana e quella della Piana del Volturno sono piuttosto pungenti e saporite. Per apprezzarle al meglio queste mozzarelle vengono servite con contorni di verdure fresche (come I pomodori), grigliate o cucinate (come la caponatina alla siciliana) oppure con pesto di basilico o ancora con filetti di acciughe e fiori di capperi. Sempre apprezzati anche gli abbinamenti con i salumi (dal prosciutto crudo di Parma Dop o Toscano Dop, al prosciutto cotto anche affumicato).


Da provare l’abbinamento con salmone selvaggio affumicato. Infatti la nuova tendenza sono gli abbinamenti più audaci, come quello con la bottarga di muggine sarda, di cui la mozzarella di bufala ingentilisce il sapore forte e sapido. O con il lardo di Colonnata e la mortadella di alta qualità, che stemperano il loro gusto forte, ed esaltano le loro note più aromatiche, con una Mozzarella di Bufala Campana Dop prodotta nella provincia di Caserta. Gentile, ma più inusuale, l’accostamento con marmellate di fichi d’India con retrogusto aspro, o con composta di cipolle di Tropea, che esalta il suo gusto dolce.


Manuela Soressi
maggio 2018

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