Chi l’avrebbe detto che presto infileremo il naso in un fazzoletto realizzato utilizzando gli scarti della mela? Che li useremo come carta in cucina o in bagno?
Ma anche che presto penseremo seriamente di uscire di casa portando sottobraccio una borsa fatta con una sostenibilissima ecopelle di mela? O, addirittura, che indosseremo scarpe e cinture realizzate con questo materiale?
Che useremo scatole, sacchetti, sceglieremo tapezzerie, quaderni, libri coperti con speciali film di nuova generazione? Cioè: che il frutto più diffuso, mangiato (e scartato) nel nostro Paese offre nuove sconosciute potenzialità?
Questi i sogni possibili di Frumat un laboratorio di analisi chimiche con sede a Bolzano, che sta studiando il metodo per ricicli intelligenti che portino alla produzione di oggetti e accessori. La prima nata è cartamela: fibra di cellulosa arricchita con scarti di lavorazione. In cantiere pellemela, che sfruttando i torsoli, oltre che alle scarpe, apre all'arredamento, al rivestimento di pelle e divani e alla legatoria.
Frumart sta compiendo un lavoro di ricerca affascinante, che ha riscosso il plauso dei fautori della sostenibilità e anche di tante aziende: in Italia, ma anche in Germania, Austria, Svizzera e Francia, hanno mostrato interesse per l'acquisizione dei prototipi. In 5 anni il quantitativo di scarti della lavorazione industriale delle mele utilizzato per realizzare prodotti ecosostenibili è passato da 0 a 30 tonnellate al mese.
L’azienda di Bolzano interverrà sull'utilizzo dei sottoprodotti dell'agricoltura e sulle potenzialità dell'industria alimentare nell'ambito di BioEnergy Italy, Green Chemistry Conference and Exhibition e Food Waste Management Conference alla Fiera di Cremona, dal 25 al 27 febbraio.
Così con l’arte del riciclo, la mela guadagna una nuova vita, (quasi) eterna. E anche un nuovo ruolo: da frutto del peccato, simbolo di trasgressione, a virtuoso emblema di progresso, civiltà e sostenibilità. Ne ha fatta di strada. Ed è sempre in primissimo piano.
Livia Fagetti
2 febbraio 2015