Mai come in questo periodo i barattoli sono popolari, sia come strumento di cottura che come oggetto cool per servire in tavola piatti gourmet o per trasportare pasta e insalate in ufficio senza rinunciare all’estetica, magari disponendo tutto in strati colorati.
I modi di declinare il barattolo insomma sono differenti. Da una parte c’è la vasocottura, che consiste nel distribuire il cibo dentro i vasetti chiusi ermeticamente e cuocerli a bagnomaria, ovvero sistemarli in una teglia con acqua fino ai due terzi dell'altezza dei vasi, e cuocere in forno una decina di minuti. Il risultato è simile alla cottura al cartoccio, è salutare e decisamente molto pratico. E poi il contenuto, che può essere il più vario, si consuma e si conserva direttamente nel barattolo, con tutte le implicazioni pratiche che questo comporta.
Dall’altra parte c’è invece il cosiddetto Food Jar. A strati, da sistemare in un barattolo, si possono servire un sacco di ricette sfiziose e solo fino a poco tempo fa insospettabili. Spaghetti, pinzimonio, insalate, yogurt con muesli, dessert, verdure e persino le melanzane alla parmigiana. Il trend arriva dall’America, e Ilaria Mazzarotta, food blogger, food strategist e molto altro, l’ha reinterpretato in chiave italiana, nel suo libro «Food jar. Tutto in un barattolo». Il barattolo è scenografico e, una volta servita la cena (ma anche la colazione o il pranzo), se qualcosa è avanzato è tutto più fruibile e trasportabile.
Non a caso da qualche mese esiste anche Jarit, ricette firmate in barattolo di vetro che si possono mangiare in loco (Milano o Varese), comprare e scaldare a casa, oppure ordinare online e mangiare allegramente già riscaldate al parco. Barattoli stellati insomma, pratici e colorati. Dentro ci trovi di tutto, più ancora che nei piatti non stellati: cime di rapa, cozze, fave. Nessuno più si stupisce. E poi il barattolo è ecologico.
Emanuela Di Pasqua,
giugno 2018