Estate, vacanze, mare... e meno pesce fresco nel piatto. Scatta da oggi, con una settimana di anticipo, l'annuale “fermo pesca biologico” regolamentato dal ministero delle Politiche agricole e forestali allo scopo di tutelare le varietà ittiche dei nostri mari.
Il blocco prevede un fermo scaglionato delle barche che adottano sistemi di pesca a traino: da oggi fino al 6 settembre per il tratto da Trieste a Rimini; il 16 agosto stop alle attività per il centro e sud Adriatico, da Pesaro a Bari, che riprenderanno il 27 settembre; il 19 settembre si fermeranno i pescherecci a partire da Brindisi, Ionio e Tirreno (fino al 18 ottobre); Sardegna e Sicilia decideranno autonomamente, con uno stop di almeno trenta giorni nel rispetto dei periodi previsti dai piani di gestione.
Si tratta di un provvedimento che entra in vigore in questo periodo da trent’anni e non cessa di creare discussioni sui suoi reali effetti e sulle conseguenze economiche. L’associazione di categoria Coldiretti Impresapesca sostiene che il provvedimento cade in un momento difficile per le marinerie, le quali negli ultimi 30 anni hanno perso il 35% delle imbarcazioni e 18.000 posti di lavoro, mentre si è progressivamente ridotto il grado di autoapprovvigionamento del pescato.
“Con il fermo biologico” spiega l’associazione “aumenta peraltro anche il rischio di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture, soprattutto al ristorante, prodotto straniero o congelato se non si tratta di quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare. Tra l’altro nei primi tre mesi del 2015 sono stati importati in Italia oltre 233 milioni di chili di pesci e crostacei, molluschi e altri invertebrati acquatici con un aumento del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, secondo un’analisi Coldiretti Impresapesca su dati Istat”.
Se diminuisce il pesce fresco sul mercato, il consumatore si chiede quali strategie adottare per scegliere quello migliore al momento dell’acquisto. Per coniugare qualità e giusto prezzo il consiglio di Coldiretti Impresapesca è quello di verificare sul bancone l’etichetta, che per legge deve prevedere l’area di pesca (Gsa) e controllare se in quel periodo, nella zona indicata, è in atto il femo pesca. In ogni caso, secondo l’associazione, le provenienze da preferire sono quelle dalle Gsa 9 (Mar Ligure e Tirreno), 10 (Tirreno centro meridionale), 11 (mari di Sardegna), 16 (coste meridionali della Sicilia), 17 (Adriatico settentrionale), 18 (Adriatico meridionale), 19 (Jonio occidentale), oltre che dalle attigue 7 (Golfo del Leon), 8 (Corsica) e 15 (Malta).
Alessandro Gnocchi
27 luglio 2015