Un viaggio nella storia del sale non è solo l'esplorazione di un alimento quasi esoterico: senza sodio non si vive (è responsabile del dialogo elettrico delle cellule), ma se è troppo uccide. Da oltre diecimila anni gli uomini lo cercano, lo tesaurizzano, se lo contendono. Quando cominciarono a coltivare, cambiando dieta non prendevano più sale dalle carni (putride) della caccia e dovevano reperirlo in altro modo. Così attorno ai bianchi cristalli sono sorte città (Salisburgo, per dirne una), strade (la Salaria che portava il sale a Roma da Ostia e dall'Adriatico), leggende, riti, economie.
Perfino un'infinità di parole hanno origine dal sale. Perché bresaola? Il prefisso bre in celtico vuol dire bue e saola si capisce: carne salata. Nell'antica Roma il rituale omaggio agli Dei era fatto con la mola salsa, una focaccia di farro cosparsa di sale: da cui immolare. Salsa e salsamenteria, la bottega che vende i cibi conservati sotto sale, hanno la medesima radice.
I salumi li hanno inventati i Romani e, in principio, salamen era solo il pesce, come le nostre squisite alici di Menaica! E poi c'è il salario: il sale era l'oro bianco e i centurioni venivano pagati con quello. Roma fece addirittura una guerra agli Etruschi per impossessarsi delle loro saline. I Babilonesi ne furono grandi consumatori e commercianti, gli Egizi lo consideravano sacro e lo usavano anche per la mummificazione, gli Etruschi lo elevarono e ingrediente in cucina così come già i Greci con le olive in salamoia che erano con feta e vino resinato l'aperitivo del palazzo di Knosso.
Il trionfo gastronomico nell'antica Roma
Ma il trionfo gastronomico viene con i Romani, che ne esaltarono la capacità antibatterica e sotto sale mettevano anche la frutta. Ce lo raccontano Apicio, Catone e Plinio il Vecchio. A cominciare dal garum (la salsa di pesce, erbe e sale che era ubiqua nella cucina romana e di cui la nostra colatura di alici, buonissima, è lontanissima parente), per continuare con la produzione dei caci (il formaggio si faceva solo col latte ovino e si capisce perché il pecorino romano è così sapido) e del prosciutto che era prerogativa delle popolazioni del Nord, Galli romanizzati e l'eredità è rimasta. Avevano una tecnica specifica per trattare la carne di maiale: la mettevano in una giara piena di sale macinato; dopo 17 giorni veniva pulita cosparsa d'olio, affumicata e ricoperta ancora di olio e un po' d'aceto.
Fra ingiuste gabelle e intramontabili ricette
La fama (e la fame di sale) è andata avanti per millenni. Lo testimonia anche Dante. Siamo in Paradiso (Canto XVII) e il suo prozio Cacciaguida gli preconizza l'esilio con queste parole: "Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui", perché in Toscana e a Firenze il pane era sciapo: per una questione di tasse (niente di nuovo sotto il sole); pare che nel Duecento i pisani dove arrivava il sale chiedessero una gabella esosa ai fiorentini e per tutta risposta questi lo tolsero dal pane. E così in Umbria e nelle Marche per via di una tassa che aveva messo il Papa: Perugia addirittura nel 1540 fece la rivolta del sale. Oggi noi spesso ne abusiamo. Ma lo usiamo ancora per conservare e per cucinare. Per esempio in piatti come il pesce al sale, la cottura sulla mattonella di sale, le uova disidratate al sale e gran parte delle marinature che sono "gioielli" della nostra gastronomia. E se si rovescia il sale? È costume buttarsene un po' dietro le spalle. Come nell'antichità perché, per dirla con Cicerone, il sale è il cemento dell'amicizia e il sapore della vita. Da condurre cum grano salis!
Un po' di storia italiana
Fino agli anni '50 in Italia c'erano molti impianti di produzione industriale del sale. Tra i pochi rimasti oggi, Il più grande è quello di Santa Margherita di Savoia, in Puglia, zona garganica che sfrutta i laghi salati costieri. Importanti anche le saline di Trapani. Tra quelle storiche, la prima da visitare è la salina etrusca di Cervia; qui si estrae il pregiato "sale dolce", che deve il suo gusto all'assenza di cloruri amari, e si può fare scuola di salina.
A Volterra, in Toscana, c'è una cava di salgemma (il sale che si estrae dalla terra, purissimo) tra le poche rimaste in Italia. In Sicilia ci sono altre due miniere di salgemma quella di Petralia e quella di Realmonte che è definita la cattedrale del sale. Restando in Sicilia sono da vedere le saline di Mozia e l'oasi naturale di Priolo. Suggestivi gli stagni del Molentargius, a Cagliari Per sapere come facevano il sale i romani si va a Tarquinia sul litorale della Maremma laziale.
settembre 2021
a cura di Alessandro Gnocchi, testi di Carlo Cambi, foto di Francesca Moscheni, styling di Stefania Aledi
Basilico sotto sale
Per 1 vasetto vi occorreranno 2 mazzetti di basilico - sale fino (le dosi dipendono dal barattolo usato; vasi della stessa capacità possono avere forme diverse e quindi necessitare di quantità diverse)
1. Staccate le foglie di basilico freschissime, senza macchie, ammaccature o imperfezioni e perfettamente asciutte. In un vaso di vetro pulito versate uno strato di sale di 2-3 mm. Aggiungete 2-3 foglie di basilico in modo da coprire tutta la superficie e spolverizzatele di sale.
2. Ripetete l'operazione fino a riempire il vaso e copritelo con un ultimo strato di sale di 4-5 mm, in modo che le ultime foglie ne siano completamente ricoperte.
3. Smuovete leggermente il barattolo, chiudetelo e conservatelo in un luogo fresco o in frigorifero per 6 mesi.
4. Al bisogno prelevate le foglie di basilico che vi occorrono, eliminate il sale con un pennello oppure lavatele sotto l'acqua fredda, e utilizzatele per la vostra ricetta avendo l'accortezza di diminuire la dose di sale prevista.
E il sale rimasto nel vasetto? Tranquilli, il sale aromatizzato al basilico è ottimo per condire altri piatti. Potete utilizzare questo metodo di conservazione anche con altre erbe fresche come prezzemolo, aneto, erba cipollina e coriandolo.