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Con il gelato day torna la stagione del (buon) gelato artigianale

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Cono o coppetta non importa: l’importante è che la qualità di quel che c’è dentro. Come la riconosce? Seguendo i nostri consigli e immergendosi nel Gelato Festival

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Non l’abbiamo inventato noi, ma, com’è avvenuto con tanti altri prodotti alimentari (come la pasta o le conserve di pomodoro) siamo stati noi a farlo diventare una prelibatezza amata in tutto il mondo. Difatti la storia del gelato inizia circa 3000 anni fa in Oriente ma il gelato così come lo conosciamo (e amiamo) oggi nasce nel Rinascimento, alla corte di quei raffinati ed esigenti gourmet che erano i Medici. E fu proprio qui che, verso il 1630, ai reali spagnoli in visita ufficiale a Firenze fu servito l’antenato del gelato di oggi, una miscela di latte, tuorlo d’uovo, miele e.. vino. Da allora la diffusione del gelato non si è più fermata. In un anno ogni italiano ne divora circa 12 kg, che, sommati, fanno 595 milioni di litri di gelato annui. Per non parlare di quello consumato all’estero, visto che il gelato è una delle eccellenze più esportate del “made in Italy”. Non stupisce, quindi, che sia nato a Firenze e che da qui vada in tour nel mondo, il Gelato Festival, una manifestazione nata nel 2010, e la cui edizione 2018 è in programma nel capoluogo toscano dal 20 al 22 aprile.


L’area di piazzale Michelangelo ospiterà 16 tra i migliori gelatieri artigianali della Penisola, ognuno dei quali porterà in assaggio le proprie specialità facendo di Firenze la capitale del gelato di qualità, declinato in tutte le sue forme. Un’occasione unica per scoprire i segreti del mondo del gelato fra assaggi, iniziative a tema e laboratori didattici allestiti nei tre grandi food truck con vista mozzafiato sulla città. Poi, dal 28 aprile all’1 maggio, la kermesse si sposterà a Roma, proponendo la stessa golosa formula negli spazi en plein air di Villa Borghese. A seguire sono previste tappe a Torino (5- 6 maggio) e Milano (12-13 maggio). Dopo un tour all’estero, in giugno e luglio, il gran finale sarà di scena a Firenze, nei giorni 14-16 settembre, quando i vincitori di tutte le passate edizioni si incontreranno per una sfida all’ultimo gusto.


Chi garantisce il vero gelato artigianale?
In tutto il mondo “gelato” è sinonimo di Italia. Eppure nel nostro paese non esiste una legge che tuteli quello venduto nelle gelaterie: tutti possono scrivere “produzione propria” e “gelato artigianale” anche se si limitano ad usare preparati e semilavorati industriali. E anche se nella vetrina la frutta è immancabilmente fresca, la vaniglia è in bacche, il cacao è in fave tostate, i pistacchi sono di Bronte e le nocciole arrivano dalle Langhe. Nella maggior parte delle gelaterie si usano i semilavorati realizzati da aziende specializzate che, se fatti con pochi prodotti di qualità e con addensanti naturali, consentono di ottenere un buon prodotto. Ingredienti e additivi sono gli stessi usati per produrre il gelato industriale: latte, zuccheri, grassi, latte in polvere, emulsionanti, stabilizzanti e gli ingredienti o gli aromi che differenziano il gusto. Il punto di partenza sono le cosidette basi. Quelle liquide sono già pronte per la mantecazione nelle apposite macchine. Invece quelle in polvere vanno diluite con ingredienti freschi, come latte e panna o acqua, e arricchite con le paste, la frutta o le polveri che danno il gusto prescelto. Per mantenere il gelato cremoso e morbido l’artigiano può anche ricorrere agli additivi permessi dalla legge perché sono considerati sicuri per la salute. In genere si tratta di emulsionanti, come i mono e i digliceridi degli acidi grassi: il loro uso è accettabile anche se in alcuni casi possono supplire alla mancanza di ingredienti più pregiati, come le uova, che sono ricche di un emulsionante naturale, la lecitina. Per migliorare la resistenza alla fusione o se la gelateria non ha molto smercio di gelato, di solito si aggiungono anche degli addensanti, come la farina di semi di carrube o la carragenina, che consentono di conservare il gelato morbido e vellutato impedendo che, con il passare delle ore, i cristalli di acqua si induriscano e il gelato diventi sabbioso.


Come riconoscere un buon gelato artigianale?
La risposta sembra ovvia: assaggiandolo. Ma, al di là del sapore e della gradevolezza, ci sono altri elementi da considerare per valutare la qualità di quello che c’è nel cono. Cominciamo dalla vetrina: un gelato ben riuscito mantiene correttamente la sua forma ha una texture liscia. Invece se è granuloso, „rugoso“ o a scaglie significa che non è stato mantecato o lavorato bene. Poi una grande offerta di gusti è accettabile solo da una gelateria che lavori tanto e che abbia un laboratorio ben strutturato. Altrimenti significa che si è ricorsi a semilavorati pronti e che, con molta probabilità, non sarà fresco di giornata. Se sulla superficie il gelato presenta cristalli di ghiaccio con molta probabilità è stato scongelato. Occhio anche alla stagionalità: il gelato alla fragola ormai si trova tutto l’anno, ma difficilmente a novembre o a febbraio sarà preparato con frutti freschi. È sempre utile (e istruttivo) anche leggere il cartello con gli ingredienti, che deve essere esposto in ogni gelateria: consultarlo è l’unico modo per capire cosa c’è dentro il gelato in vendita. Più la lista degli ingredienti è corta e “pulita”, meglio è. Se poi le materie prime sono di qualità certificata (ad esempio le nocciole Igp o i presidi Slow Food), di provenienza locale (ove possibile, chiaramente non per il cacao o la vaniglia!), di stagione od ottenute da agricoltura biologica ancora meglio. Il top è se la gelateria ha il laboratorio a vista: oltre a togliersi la curiosità di vedere come viene fatto il gelato, si può anche controllare se vengono usati ingredienti freschi e se vengono rispettare le norme igieniche.


Meglio evitare se… 
Il buon gelato si riconosce, subito, a colpo d’occhio: è morbido, si squaglia in fretta (ma non troppo), ossia in 4-6 minuti. Se, invece, si scioglie troppo velocemente significa che la miscela non è equilibrata. Meglio diffidare di quelle vaschette stracolme, riempite a “montagna” tipo “Everest”, con un gelato duro e resistente come marmo: significa che è pieno di addensanti e di grassi vegetali (come quello di cocco) che a temperatura ambiente solidificano. Altro elemento rivelatore della qualità di un gelato è il colore: se è troppo sgargiante rivela l’inequivocabile eccesso di coloranti, in genere artificiali. Quindi un gelato al pistacchio verde sbiadito è indice di naturalità, mentre una menta troppo verde è piena di coloranti. Attenzione all’igiene, perché il gelato sfuso è un alimento delicato, dove i microrganismi possono moltiplicarsi velocemente e che, essendo esposto all’aria, può subire delle contaminazioni. Per essere più sicuri è meglio scegliere le gelaterie che hanno locali puliti, dove ogni vaschetta ha la sua spatola di servizio, dove il dosatore per fare le palline viene riasciacquato sotto l’acqua corrente e il personale indossa copricapo e grembiule.


La prova assaggio
Innanzitutto bisogna considerare la temperatura, perché un gelato deve dare la giusta sensazione di freddo: cioè non deve gelare la bocca ma nemmeno essere tiepido come un budino. Poi si passa alla consistenza: il gelato deve essere cremoso al punto giusto e non sabbioso, perchè in questo caso potrebbe essere stato conservato male o non essere freschissimo. Alla prova assaggio, infine, un buon gelato non deve far venire sete (sennò significa che contiene troppi zuccheri) né lasciare una patina di grasso (dovuta alla presenza di mono e digliceridi degli acidi grassi) né avere una consistenza collosa, frutto di troppi addensanti e idrocolloidi. Se non esiste gelato senza aria, è altrettanto vero che non ce ne deve essere troppa, altrimenti il gelato perde corpo e risulta evanescente in bocca. Inoltre il sapore dev’essere molto ben connotato: un gelato alla fragola deve sapere inequivocabilmente di fragola. Ovvio, no?


Manuela Soressi
marzo 2018

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