Il saporaccio più comune è quello della plastica. L'abbiamo provato tutti, se la bottiglia è rimasta al sole per un po'. Conosciamo bene anche il sentore di metallo, che però non è necessariamente legato agli alimenti in lattina. Il sapore del packaging è una questione importante nella nostra epoca di cibo iperconfezionato: a tutti è capitato di "assaggiare" plastica, metallo o cartone oppure, al contrario, di avere la sensazione che un cibo appena estratto dalla sua confezione non sappia proprio di niente. Un articolo apparso su The Guardian di Amy Fleming suggerisce come difendersi.
Le confezioni e gli imballaggi per il cibo hanno quattro grandi nemici. La luce, l'ossigeno, il tempo ed il calore, fanno sì che le "componenti volatili" dei materiali passino al contenuto. Quindi la prima regola è conservare gli alimenti per breve tempo e in condizioni idonee.
Alcuni materiali, per quanto controllati, sono più sensibili di altri: è il caso appunto della plastica. Ma cattivo sapore non significa necessariamente rilascio di componenti chimiche pericolose (che sono nella maggior parte dei casi, insapori). La quantità di sostanze rilasciate è talmente minima da non risultare tossica: sono i recettori presenti nel nostro naso e sulla nostra lingua ad essere molto potenti e ad avvertire anche le sfumature. Gli stessi recettori che decretano che il prosciutto appena estratto dalla busta "non sa di niente": bisogna lasciarlo riposare per qualche minuto prima di consumarlo. E nel caso della carne scongelata in un involucro di plastica? Anche lì, il colpevole della mancanza di gusto non è la plastica è il fatto che lo scongelamento nell'involucro (che comunque va effettuato sempre lentamente, mai sotto il rubinetto) lascia la carne molto bagnata. Va semplicemente asciugata bene prima di metterla a cuocere.
Per il metallo la questione è più complessa. I metalli contribuiscono al degrado di alcune componenti degli alimenti, per esempio i grassi. Questa reazione chimica produce un gusto metallico ma non significa che, quando lo si avverte, si sta assumendo del metallo vero e proprio. Attenzione quindi: se si sente sapore di metallo non sono le lattine (che tra l'altro sono sono quasi sempre rivestite all'interno di un film plastico) che lo hanno lasciato: è il contenuto che potrebbe essere degradato.
Per quel che riguarda carta e cartone, il problema non è ciò che questi materiali cedono, ma quello che lasciano passare: il cibo che vi è contenuto può perdere sapore oppure assorbire gli odori circostanti. Fondamentale quindi conservare questi contenitori lontano, per esempio, dai detersivi, che hanno un odore molto forte.
L'unico materiale davvero inerte è il vetro: certo, è fragile e pesante ma non assorbe né rilascia alcun sapore. Quindi una buona norma può essere sostituire i tupperware di casa in plastica con contenitori in vetro. E considerando che anche la luce è pericolosa, preferire al momento degli acquisti bottiglie e barattoli di vetro scuro.
Addirittura c'è chi ha ribaltato il punto di vista, facendone un business: aggiungere profumi artificiali al packaging perché vengano trasmessi al cibo, può far aumentare le vendite. È il business dell'azienda americana ScentSational Technologies: aromi inseriti nel packaging (sotto forma di microcapsule per esempio) che hanno lo scopo di comunicare una sensazione di freschezza e qualità a partire dal momento della scelta sugli scaffali e per tutto il tempo in cui si porta a casa il prodotto e lo si maneggia.
La soluzione più logica è sempre la stessa, quella suggerita dagli ambientalisti: ridurre al minimo gli acquisti di cibo confezionato, perché tubi, scatole e quant'altro inquinano e richiedono energia per essere prima costruiti e poi smaltiti. E preferire gli alimenti sfusi o venduti in contenitori riciclabili, meglio se di vetro.
Barbara Galli
22 luglio 2014