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PizzAut: Nico Acampora e la pizzeria che non c’era

News ed EventiNewsPizzAut: Nico Acampora e la pizzeria che non c’era

Si chiama PizzAut ed è una pizzeria davvero speciale dove lo staff al forno e in sala è composto al 100% da ragazzi autistici. Guidati dalla visione del fondatore, Nico Acampora, che racconta la sua storia

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A Cassina De’ Pecchi, prima cintura dell’hinterland milanese, c’è una pizzeria che non dovrebbe esserci. È PizzAut, nata dalla caparbietà e dalla visione di Nico Acampora, imprenditore, educatore e papà di Leo, bimbo autistico. È per i ragazzi come suo figlio che, nel 2018, ha avuto la pazza idea di creare qualcosa che potesse dare loro un futuro concreto e un’inclusione che passasse dal mondo del lavoro, normalmente precluso (appunto!) alla maggior parte dei giovani affetti da disabilità. L’idea è stata di fare qualcosa che non c’era: un ristorante mandato avanti al 100% da ragazzi autistici. “All’inizio, il commento che sentivo più spesso era: se nessuno l’ha mai fatto prima, ci sarà un motivo. Ipotizzando fosse una scelta folle quella di avviare un locale gestito da ragazzi autistici”, racconta Acampora. Perché le persone autistiche fanno fatica a relazionarsi con gli altri. Figurarsi lavorare in una cucina, servire ai tavoli, stare in mezzo alla confusione. Ma le tante obiezioni non sono riuscite a fermarlo. Neppure le più autorevoli. “Una neuropsichiatra esperta di autismo mi scrisse queste parole: ‘Lei è il solito padre frustrato che non si arrende alla disabilità di suo figlio e si inventa progetti irrealizzabili che danno false speranze alle famiglie’. Beh, la verità è che, da quando ho letto quella frase, noi abbiamo fatto circa 200.000 pizze. Oggi i nostri clienti mangiano un po’ della mia frustrazione: spero che piaccia!”.

pizzaAut

Un po’ di dati
Acampora snocciola un po’ di numeri. In Italia, si contano 600.000 persone autistiche. Nel 2019, un bambino ogni 77 nati ha presentato un disturbo dello spettro autistico, definito “spettro” perché le forme che può assumere sono tantissime, più o meno gravi e con manifestazioni differenti da caso a caso. Le femmine sono molte meno dei maschi, il rapporto è di circa 1 a 10. La maggior parte dei bambini e dei ragazzi autistici hanno percorsi difficili, a scuola e nel mondo. “E non è raro, purtroppo, che finiscano in un brutto istituto con un bel nome come Cascina Azzurra o Villa Quiete”, commenta Acampora, strappando una risata amara. Curioso che PizzAut si trovi in una frazione di Cassina de’ Pecchi denominata proprio Villa Fiorita dove i ragazzi, invece di essere un peso e un costo per la società (si stima che in istituto un ospite costi allo Stato 200.000 euro all’anno), possono avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato, guadagnandosi da vivere e versando tasse e contributi: “Fino a ieri erano un costo, oggi sono diventati una risorsa”.

La pizzeria a casa
La storia di PizzAut inizia, come dicevamo, nel 2018. Allora, il progetto non aveva ancora una sede. Acampora portava i suoi ragazzi a fare esperienza in diversi ristoranti italiani, in ospitate che servivano a mettere a fuoco il progetto imprenditoriale (“Non avevo mai fatto ristorazione, non sapevo neanche fare una pizza ma mi sono detto: se al mondo ci sono milioni di ristoranti non deve essere una cosa così complicata”). Ma anche a capire quali sarebbero stati gli scogli da superare, per progettare il locale nel modo più funzionale possibile. Quando sembrava tutto pronto per un lancio ufficiale, è arrivata la pandemia. Impossibilitato ad aprire le porte della pizzeria, Acampora ha caricato i ragazzi su un food truck che, nei mesi del lockdown, ha girato per condomini: “Insomma, non facevamo solo la pizza ma proprio la... pizzeria da asporto!”.

Una partenza in salita
“Quando alla fine (il 1° maggio del 2021, ndr) siamo partiti, le difficoltà erano tante”, prosegue Acampora. “I ragazzi non riuscivano a prendere le comande, era forse la cosa più difficile: per evitare le ordinazioni, facevamo il giropizza. Per loro all’inizio è difficile perché occorre relazionarsi con le persone, quelle simpatiche come quelle meno disponibili, e comprendere le richieste più disparate come, per esempio, i clienti che chiedono un fuori menu. Voi cosiddetti normali siete dei gran casinisti!”, chiosa con un sorriso.

La sottile linea rossa
Altro problema non da poco: i capotavola. “Oggi, nel nostro locale, nessuno si siede a capotavola”. Quello spazio deve essere lasciato libero da clienti perché è il “posto” del cameriere che, altrimenti, non saprebbe dove mettersi né con quale dei commensali interloquire. Detto che non tutti, o non da subito, hanno la disinvoltura necessaria per parlare con i clienti. Così, su un lato di ogni tavolo, oltre al numero avvitato sul bordo, c’è una linea rossa che delimita lo spazio in cui i ragazzi, mentre stanno imparando, lasciano portate e bevande. Per questo, le pizze di PizzAut non sono rotonde ma ovali, posate su taglieri rettangolari che possono essere disposti all’interno della linea rossa. “All’inizio, i ragazzi servono il tavolo, non le persone. Man mano che imparano, superano la linea rossa: significa che hanno acquisito la competenza sociale e relazionale necessaria”. Hanno raggiunto un traguardo importante.

Un forno speciale
“Ogni giorno i ragazzi imparano cose che sulla carta, sulla loro carta, sembravano impossibili. Di alcuni, gli specialisti avevano detto che non avrebbero mai potuto lavorare. Ma i miei ragazzi non sono la loro diagnosi e possono fare molto di più di quel che ci si aspetta. Basta metterli nelle condizioni giuste”. Per esempio, in cucina. All’inizio, gli apprendisti pizzaioli avevano bisogno di essere affiancati da un pizzaiolo “normale” che li seguisse nel lavoro: “Altrimenti, facevano le pizze, le mettevano nel forno, si giravano a farne altre e quelle in cottura bruciavano. A dire il vero, ne abbiamo bruciate a centinaia!”, confessa Acampora. “Finché non ho studiato un forno che li facesse lavorare in maniera autonoma”. Il forno di PizzaAut è una sorta di “tunnel” stretto e lungo, percorso da un nastro trasportatore: “I ragazzi mettono 3 pizze crude alla bocca del forno e, in 3 minuti e 42 secondi, escono dall’altra parte tre pizze cotte. Così, riescono a fare più di 200 pizze in meno di 2 ore da soli, in completa autonomia”.

Tanti riconoscimenti
Nel giro di poco più di un anno Nico Acampora e i ragazzi di PizzAut hanno già fatto molto parlare di sé. A novembre 2021 sono stati insigniti dell’Ambrogino d’Oro, la più importante onorificenza conferita dal Comune di Milano: “L’ho ‘dedicato’ alla neuropsichiatra”, dice Acampora ridacchiando. Poi ricorda di quando, lo scorso aprile, sono stati ricevuti in udienza privata da Papa Francesco. “Stavo spiegando al Santo Padre che il nostro grembiule vuole dire dignità, lavoro, speranza... quando lui si è alzato e ha chinato il capo di fronte a me per farselo mettere al collo: la foto ha fatto il giro del mondo e ha avuto qualcosa come 7 milioni di visualizzazioni”.

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Fra collaborazioni e progetti futuri
La notorietà è linfa vitale per i mille progetti di Acampora. Il più ambizioso è quello di fare di PizzAut un franchising del sociale, aprendo locali in tutta Italia e, perché no, nel mondo. Vengono già a trovarlo delegazioni dall’estero: l’ultima è stata coreana (in Corea del Sud le statistiche parlano addirittura di un bimbo autistico ogni 38 nati) e ne è attesa una da New York. Il primo step è l’apertura di un secondo locale a Monza: 1.200 metri quadri, di cui 222 di cucina, dove troverà posto un’accademia formativa per avviare altri ragazzi al mondo della ristorazione. All’interno, anche 2 appartamenti pensati per essere una palestra di vita autonoma: i ragazzi potranno fermarsi a rotazione 1-2 sere alla settimana e imparare a vivere da soli, a usare lavatrice o la lavastoviglie, a condividere il tempo libero con gli altri. “Noi non abbiamo finanziamenti pubblici. Per fortuna, molte aziende ci aiutano”. L’ultima in ordine di tempo è Bosch che, oltre a fornire gli elettrodomestici, ha lanciato la campagna Pizza LikeA Bosch: fino a fine gennaio, ordinando la ricetta speciale studiata per l’occasione (con salsiccia, chips di patate e scaglie di grana, nella foto in basso), l’azienda tedesca raddoppierà il ricavato a favore di PizzAut: un aiuto consistente per realizzare il locale monzese.

Pizza Aut

Attiva anche la campagna dei 100 mattoni, intesi come materiale edile ma anche come... grandi matti! Le aziende che stanno aderendo “comprano” - con una donazione di 5.000 euro - uno o più mattoni, destinati a costruire una parete del nuovo ristorante. Mentre in pizzeria si possono acquistare tanti gadget solidali, dalle tazze alle penne ai vini e, nel periodo natalizio, panettoni e pandori, acquistabili anche online.

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Ma la pizza, com’è?
Buona in tutti i sensi. Non solo per il significato sociale raccontato fin qui, ma anche perché evidentemente Acampora ha studiato bene la materia e oggi PizzAut propone una pizza con impasto ad alta idratazione (70-80%) lievitato 72 ore, che regala una base leggera, dal fondo croccante e dal cornicione ben definito. Le ricette si dividono fra Speciali e Gourm-aut. Tra le prime, classici come la Regina Margherita e proposte originali come la Dpcm con scamorza, mortadella e pistacchi. Le versioni gourmet sono riccamente farcite, come la limited edition LikeABosch, la Normaloide con salmone, cuore di lattuga e semi di sesamo o l’insolita Fiori d’arancio, con sottili rondelle di arance.

Insomma, sembra proprio che si siano inventati un nuovo stile di pizza, nutrimento per la pancia, ma anche nutrimento per l’inclusione, come recita il motto che campeggia persino sui grembiuli. Un cibo di cui non dovremmo mai fare a meno.

Francesca Romana Mezzadri
Dicembre 2022

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