Sono i numeri 1, perlomeno per ampiezza dell’offerta: infatti, sono oltre 18mila i prodotti alimentari e bevande che evidenziano sulle confezioni la loro “italianità”. Lo rivela l’Osservatorio Immagino che ha colto e approfondito questo fenomeno, in forte crescita. Tra bandierine tricolori e claim come “100% italiano”, bollini Dop e Docg, il menu è completo e spazia dalla pasta alle conserve di pomodoro, dal vino ai formaggi, dai salumi ai biscotti. Ai consumatori piacciono, tanto che l’italianità è uno dei requisiti più apprezzati e determinanti quando si tratta di scegliere cosa portare in tavola. Ma perché il "made in Italy" piace tanto? Per tanti motivi. “Non è tanto una questione di nazionalismo – si legge in un’inchiesta condotta da Altroconsumo - quanto di fiducia: nelle regole che ci tutelano, nelle autorità che controllano, nella qualità che offrono i prodotti delle nostre terre. Oppure, altre volte, è sfiducia in ciò che viene da oltreconfine e che conosciamo meno”. Ecco dunque perché molte aziende, grandi e piccole, hanno iniziato a segnalare la loro matrice italiana sulle confezioni dei prodotti e nelle pubblicità. Gli esempi sono molto diversi: c’è chi ha scelto di usare solo o soprattutto ingredienti italiani, chi produce in stabilimenti italiani e chi adotta ricette tipiche e tradizionali, che dovrebbero assicurare un gusto italiano. Non tutto, però, è chiaro e lampante come sembra.
OLTRE GLI SLOGAN IN ETICHETTA
Altroconsumo ha voluto verificare come viene segnalata l’origine degli alimenti sulle etichette dei prodotti alimentari più comuni. In molti casi è obbligatoria (e in questo l’Italia è più severa rispetto al resto della UE), in altri è facoltativa e volontaria. Negli ultimi anni il numero di alimenti che deve indicare chiaramente da dove arriva è aumentato: frutta, verdura, latte e derivati, olio extravergine di oliva, carne, conserve di pomodoro, prodotti ittici, uova, pasta, riso, e miele. E andare a cercarla in etichetta o sui cartelli dei prodotti venduti sfusi riserva delle sorprese. Si può, ad esempio, scoprire che la catena distributiva che si presenta come paladina del made in Italy, in realtà, acquista molta frutta e verdura all’estero. Oppure che la famosa marca di miele italiano in realtà miscela mieli d’importazione. O ancora che l’azienda di confetture che richiama la tradizione regionale, in realtà, usa frutta comprata all’estero. Non è una questione di qualità o sicurezza, visto che ogni materia prima proveniente dall’estero deve rispettare le regole imposte dalle norme comunitarie. E che, comunque, l’origine di un alimento non ne garantisce necessariamente la bontà. Però è un problema di trasparenza e di “onestà”, che può intaccare la fiducia nei confronti di una marca o di un’insegna commerciale.
“100% ITALIANO”: CIOE’?
Un claim vincente, che nel 2018 è molto cresciuto sia per numero di prodotti coinvolti (oltre 4mila prodotti alimentari acquistabili al supermercato) sia per giro d’affari. Ha funzionato bene soprattutto su gelati, merendine, surgelati vegetali, carni avicole e salumi affettati. Ma bisogna fare dei distinguo. Ci sono prodotti dove la frase “100% italiano” si riferisce all’intero alimento. In genere si tratta di prodotti mono-ingredienti, come il latte, l’olio extravergine di oliva, la pasta, il sale, il burro, lo zucchero, le olive in salamoia, le carni al naturale e le conserve di pomodoro (in particolare i pelati). In molti di questi prodotti, per altro, segnalare l’origine degli ingredienti in etichetta è obbligatorio. Ma ci sono casi dove a essere “100% italiano” è solo uno degli ingredienti, e non è detto che sia quello più importante o significativo: ad esempio lo zucchero con cui sono stati preparati i biscotti, il latte usato nei gelati o il prosciutto cotto con cui sono farciti i tramezzini.
SEMPRE MENO “PRODOTTO IN ITALIA”
Non è un bel segnale per l’economia nazionale scoprire che, nel corso del 2018, quest’indicazione è sparita dal 2,6% dei prodotti alimentari acquistabili al supermercato. Si è trattato, in particolare, di biscotti, pasta, mozzarella e primi piatti pronti. Evidentemente, è aumentato il ricorso alle importazioni e alcune produzioni sono state dislocate all’estero. Restano, comunque, oltre 7mila alimenti e bevande confezionati che continuano a essere realizzati in stabilimenti italiani.
UNA BANDIERA TRICOLORE E VIA
È il più immediato segnale di italianità. E difatti il tricolore è anche il simbolo più usato sui pack dei prodotti alimentari che si presentano come italiani. Oggi si trova su oltre 10mila prodotti venduti nei supermercati: dalle uova ai gelati, dai sostituti del pane al latte Uht, dai surgelati agli affettati, dalle merende alle marmellate. Però, in realtà, può voler dire tutto e niente: non essendo regolamentata dalla legge, può essere usata anche in modo disinvolto (come spesso accade all’estero), anche solo per accompagnare un prodotto fatto alla maniera italiana o che rimanda un gusto, una ricetta o una specialità italiana. Anche in questo caso, quindi, meglio non fermarsi all’immagine della bandiera ma cercare in etichetta informazioni più precise sul suo significato.
Manuela Soressi
luglio 2019