Patatine, pesce, verdure, polpette, dolci e bomboloni fritti nell’olio bollente sono un’assoluta squisitezza. Croccanti fuori e morbidi dentro, risultano irresistibili al nostro palato, tanto che un proverbio toscano recita “fritta l'è bona anche una ciabatta”.
Ma per ottenere un fritto a regola d’arte, leggero e poco unto, la regola principe è quella di cuocerlo in immersione, utilizzando abbondante olio. Ma dopo, che fare dell’olio usato? La maggior parte di noi lo versa nello scarico del lavello, mentre quelli che credono di avere più sensibilità ecologica si dirigono con la padella verso il bagno. Entrambe le abitudini sono sbagliate.
Recenti studi hanno stabilito che oltre 800.000 litri di olio della frittura finiscono ogni anno nell’ambiente attraverso le reti fognarie, pregiudicando il corretto funzionamento dei depuratori.
Ma fanno anche di peggio. Se l’olio si insinua nel sottosuolo, forma uno strato sottile attorno alle particelle di terra e impedisce alle piante l’assunzione delle sostanze nutritive. Se si mescola alle acque di fiumi e laghi, forma uno strato superficiale che ne impedisce l’ossigenazione e quindi compromette l’esistenza della flora e della fauna. Se raggiunge i pozzi di acqua potabile, la rende imbevibile.
La soluzione sarebbe portarlo nell’isola ecologica della nostra città, dove il Conoe (Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e trattamento oli e grassi vegetali e animali esausti) si occuperà dello smaltimento e del riciclo.
Ma se nelle nostre case ci siamo abituati a separare vetro, plastica, carta e umido, con l’olio usato siamo ancora indietro.
Per cercare di sensibilizzare i cittadini è nato il progetto Life Recoil, finanziato dalla Commissione Europea. Il progetto si propone di realizzare una filiera per il recupero dell’olio vegetale usato in cucina in modo da trasformarlo in energia termica ed elettrica. Un esperimento è stato compiuto con due Comuni pilota, Castell’Azzara (Gr) e Ariano Irpino (Av).
In un anno nei due comuni sono stati raccolti porta a porta 2.122 litri di olio, evitando così di immettere nell’atmosfera 125 kg di Co2 equivalente. Se 6.000 italiani hanno riciclato più di 2.000 litri di olio, l’intera popolazione potrebbe riciclarne ben 20 milioni di litri.
È per questo che il secondo passo del progetto Recoil sarà quello di organizzare una piattaforma e-lerning per la formazione delle pubbliche amministrazioni sulla raccolta degli oli da cucina esausti e seguire l’esempio dei due Comuni pilota.
Ci vorrà ancora qualche anno prima che tutto diventi operativo. Nell’attesa facciamo la nostra parte: versiamo l’olio in una tanichetta e portiamo alla ricicleria più vicina.
Mauro Cominelli
11 novembre 2014