Il Natisone e i suoi affluenti sono i fiumi friulani che, come le dita di una mano, si diramano da Cividale del Friuli verso la frontiera con la Slovenia, nel nord est della regione. Anticamente denominata Slavia friulana o Benecia, questa terra era nota per la grande quantità di meleti -ve ne sono in verità ancora tracce- mentre oggi richiama l’attenzione dei ghiottoni con la gubana (nediskedoline.it). Listarelle di pasta lievitata, ripiene di uvetta e frutta secca, arrotolate su se stesse e poi a forma di chiocciola rappresentano come pochi gli adattamenti del cibo ai cambiamenti, alle limitazioni, alle aggiunte con cui le diverse dominazioni hanno marcato il territorio: dai longobardi con la forma stilizzata del serpente agli ingredienti del ripieno di foggia austroungarica. Per i friulani della Valli del Natisone la gubana è un’istituzione, il dolce delle feste siano matrimoni, cresime, festività comandate come Pasqua e Natale. Basta raggiungere uno dei borghi che compongono la galassia di colli, avallamenti e falsopiani di questo angolo della regione per rendersene conto: ognuno di questi profuma di gubana grazie al lavoro continuo dei forni e delle pasticcerie che qui, ça va sans dire, si chiamano gubanerie. E, superato Ponte San Quirino, quasi una frontiera immaginaria tra il dentro e il fuori delle Valli, il borgo di Azzida ne è il primo esempio.
Bisogna fermarsi alla gubaneria Giuditta Teresa di Silvana Chiobai e Giovanni Cattaneo per essere introdotti in questo dolce straordinario mondo, un po’ come Alice nel Paese delle meraviglie. “Nei decenni passati la sposa doveva saper preparare la gubana, che veniva considerato elemento di unione della famiglia. Così le giovani donne appena maritate si mettevano alla ricerca delle nocciole nei boschi, con il timore di incontrare i folletti” dice scherzando Silvana. “Passati gli anni della guerra, i capofamiglia se ne andarono all’estero e le donne rimaste dovevano accudire la famiglia. Il lavorio di preparazione dell’impasto e soprattutto del ripieno era troppo oneroso in termini di tempo. Giuditta Teresa aprì quindi il primo forno per la preparazione della gubana: una rivoluzione perché fino ad allora il dolce era rimasto confinato all’interno delle mura domestiche”. Sembra ancora di sentire battere con il mortaio Giuditta che sta preparando il ripieno con la frutta secca (noci, nocciole, mandorle e pinoli che provenivano dalla vicina Lignano), i biscotti e una polibibita di grappa, rum, marsala e brandy come legante. La lenta macinazione della frutta secca fa sì che noci e nocciole rilascino i loro oli, rendendo morbida la pasta. Nel frattempo l’uvetta era stata messa a bagno nel rum per qualche tempo e, al momento giusto, si tuffava nel resto del ripieno. Poi Giuditta Teresa se ne andò tra le delizie dell’infinito e trascrisse i segreti della gubana proprio a Silvana Chiobai. “Per realizzare l’impasto utilizziamo vari ingredienti: farina 00, burro, uova, zucchero, latte, lievito madre e limone”, spiega Valeria Domenis, dirimpettaia della vicina gubaneria La Gubana della Nonna. La pasta viene fatta lievitare prima di essere lavorata. La biga di farina, acqua e lievito va lavorata diverse volte per dare morbidezza al dolce. Dopo un’attesa che può durare anche 24 ore si inserisce la farcitura nella pasta lievitata e questa cresce ancora, assorbendo l’umidità del ripieno. L’utilizzo del lievito madre è essenziale per ottenere una pasta soffice, gustosa e digeribile”, dice mostrando le varie fasi di preparazione. Insieme alla figlia Elisa e al genero Flavio Mlinz sforna da quasi 25 anni la tradizionale gubana in questa che era la vecchia latteria del villaggio. “Il ripieno è fatto di noci, uva sultanina, granella di amaretti e pinoli. Per lavorare facilmente il ripieno e renderlo goloso utilizziamo il burro, lo zucchero e la grappa di vinaccia, un distillato che in cottura sprigiona tutti i suoi aromi. Quando il dolce è pronto e viene tagliato, il profumo dei vari elementi si fonde e arriva al naso come una vera e propria sinfonia di accordi”. In particolare la grappa, conservante naturale per la presenza di alcol, evita l’utilizzo di additivi. Ecco perché la gubana si conserva a lungo morbida e idratata. Una curiosità che richiama l’attenzione è senz’altro di come la Domenis accomoda la coda del serpentello di pasta, sotto il corpo principale “perché anche l’occhio vuole la sua parte”, dice scherzando. “Quando decisi di iniziare questa attività, intervistai le signore più anziane per capire quali fossero i requisiti per ottenere una buona gubana. Ma le ricette erano numerose e diverse tra loro, senza quantità precise degli ingredienti: fatte ad occhio, insomma”. Quello che si sa è che in taluni casi nel ripieno si utilizzava pane raffermo e non biscotti, era diffuso l’utilizzo del vino in mancanza di grappa e in alcune zone delle Valli c’era chi adoperava la confettura di susine per amalgamare il tutto. Ora nell’elegante punto vendita ci si può fermare per assaggiare una fetta di gubana accompagnata da slivovitz in ogni momento dell’anno. Quella con il ripieno di purea di marroni, frutto assai diffuso nelle valli, è una sciccheria.
Più a nord, a Loch di Pulfero, Dennis Blasutig insieme alla moglie Michela Prevarin continua l’attività del forno del bisnonno dal 1925, trasformato in gubaneria. Cedarmas, il nome che porta, è quello della nonna. “Uno degli ingredienti fondamentali per produrre una buona gubana è il tempo. Prima la massa va fatta riposare poi, una volta preparati i panetti, anche questi si devono lasciar lievitare con pazienza. Non esiste un periodo ben preciso: dipende dalle condizioni atmosferiche. Una volta arrotolata la pasta e fatta a spirale, deve sostare ancora per qualche tempo prima di andare nel forno” spiega Blasutig. Prima del passaggio in forno la gubana viene pennellata con olio di soia e zucchero; altrove con albume e zucchero. Alla Cedermas si riscontra una specifica attenzione riguardo alla scelta delle materie prime, come l’uvetta utilizzata senza anidride solforosa. Le gubane vengono inoltre prodotte pressoché su ordinazione per la vendita diretta e la fornitura dei piccoli negozi locali. “Nei tempi andati la gubana si inzuppava con lo slivovitz, ma ciò faceva perdere i delicati profumi del dolce. Ma agli anziani piaceva così: dicevano un bicchierino alla gubana e uno a me, raddoppiandosi la dose dell’acquavite di susina”. Quando entrerete nel piccolo spaccio, annusate profondamente per essere felice e, se volete lustrarvi gli occhi, volgete lo sguardo sulla cassapanca originale del 1793.
La natura e la bellezza pervadono le Valli del Natisone: il breve viaggio verso Merso di Sopra è accompagnato dal canto degli usignoli e dallo scorrere dei torrenti. Da una casa prorompe il profumo di zucchero misto a quello di uvetta e liquori. Se l’olfatto non vi tradisce, vi porta al Forno Qualizza. Ci lavorano Nicola Puppin e Sanja Misić. Qui il ripieno è di frutta secca, uvetta e biscotti legati dal burro. Quale sia la ricetta originale poco interessa. È però chiaro che la gubana è un patrimonio di cultura materiale che va custodito e conosciuto laddove si produce, ciascuna gubaneria con le proprie carattersitiche.
Mai sentito parlare di enoturismo?
Giuditta Teresa – SanPietro al Natisone (UD) –Via Algida, 43 – telefono 0432727681- giudittateresa.com
La Gubana della Nonna - San Pietro al Natisone (UD) - Via Algida, 63 – telefono 0432727234- gubanadellanonna.com
Gubana Cedarmas- Pulfero (UD) - Via Loch, 45 – telefono 0432726270- cedarmas.com
Panificio Qualizza- San Leonardo (UD) - via Merso di Sopra, 21 – telefono 0432723009
Riccardo Lagorio,
Dicembre 2022