Se con il lievito di birra si può fare il pane, perché con il pane non si può fare la birra? Deve essere più meno questa la domanda che si sono posti i giovani imprenditori di Bruxelles che hanno prodotto una birra ottenuta dalla fermentazione del pane rimasto invenduto nei supermercati. L'accoglienza è stata buona e dunque, entro l'estate, verrà aperto un microbirrificio che raccoglierà il pane fresco non venduto e lo trasformerà nella bevanda nazionale belga.
Il marchio è già deciso: si chiamerà "Babylone" in ricordo della birra che gli antichi babilonesi ricavavano proprio dalla fermentazione del pane. Le notizie sulla produzione di questa bevanda risalgono almeno al secondo millennio avanti Cristo. Come spesso accade, il processo di fermentazione fu scoperto per puro caso; si suppone che del pane fu lasciato per sbaglio a inumidire e, con l'aiuto del calore, cominciò a fermentare trasformando la mollica in una pasta inebriante dalla quale si ottenne poi una bevanda di colore biondo.
I produttori di oggi sono partiti dalla stessa constatazione degli antichi predecessori: se la birra e il pane richiedono l'impiego di cereali molto simili, almeno uno dei due può essere utile per produrre l'altro. "L'inizio sta proprio qui" conferma Antoine Dubois, ex ricercatore dell'Università di Lovanio e oggi responsabile ricerca e sviluppo del "Brussels Beer Project". "Ma è stato comunque necessario un anno di studi per mettere a punto il prodotto".
Al termine della sperimentazioni, è giunta la decisione di procedere con il progetto poiché l'esito si è mostrato soddisfacente anche sul piano della qualità: "Babylone" è una gradevole birra dal gusto amarognolo e con una gradazione alcolica del 7%. "Per quanto riguarda la materia prima", spiega Olivier de Brauwere, uno dei due fondatori del "Brussels Beer Project" "con mezza tonnellata di pane si producono 4.000 litri di birra e ciascuna bottiglia da 33 cl contiene l'equivalente di una fetta e mezza di pane".
Oltre a questo, va tenuto conto che l'iniziativa contribuisce a combattere lo spreco alimentare, così diffuso nei Paesi occidentali. Il progetto collabora con un'associazione senza scopo di lucro che si occupa del reinserimento nel mondo del lavoro di persone socialmente vulnerabili: a loro spetta ricevere i pani e seguire il processo di trasformazione in farina, la fonte di zuccheri per la fermentazione alcolica della birra.
Alessandro Gnocchi
27 marzo 2015