L’anatra all’arancia e in generale i secondi sono maschi, i dolci assolutamente femmine, gli arancini di riso femmine, la selvaggina e la zuppa di pesce maschio, l’estetica dei piatti è maschile e la razionalizzazione nell’impiego degli utensili è femminile: secondo i dati emersi dalla ricerca “Le ricette impossibili”, condotta da Doxa per Moulinex su un campione di 800 persone tra i 15 e i 65 anni, le inclinazioni e i timori in cucina rispecchiano anche una differenza di genere. Discorsi frivoli e leggeri, nulla di scientifico per carità. Ma da vari sondaggi, forum e interviste si possono evidenziare alcune costanti nel far da mangiare che vedono, alternativamente, più performanti i maschi o le femmine.
Fette simmetriche, arancini di riso e altro
Intanto è facile che si cucinino meglio le cose che piacciono e che si conoscono. La conoscenza maschile dei pesci per esempio è mediamente superiore e ciò fa sì che ci si mettano di più a cucinarli. Stesso discorso vale per i funghi e persino per la selvaggina. Forse retaggio di una cultura ancestrale che li ha visti per secoli cacciatori/raccoglitori/pescatori? Nei dolci non c’è storia invece: la torta è femmina e in generale il forno attrae più il gentil sesso.
Ma attenzione perché pare che gli uomini nella cura che mettono nel presentare una portata facciano invidia alla miglior food stylist. Il bordo del piatto sempre pulito, le due foglioline di basilico (identiche tra loro) al centro perfetto della pasta al pomodoro, il giro d'olio crudo sul pesce spinato alla perfezione e le fettine del roastbeef di spessore rigorosamente uguale tra loro: l’estetica del piatto è maschio. Premio maschile al disordine invece, poiché notoriamente il maschio per realizzare un qualsivoglia piatto sporca pentole, piatti e forchette ad libitum (questa sarà una leggenda metropolitana ma è scientificamente vera). Last but not least c’è la questione degli arancini di riso, di difficile spiegazione, che spaventano all’unanimità gli uomini e non si capisce il perché.
Chef maschi vs chef femmine
La questione di genere nella cucina è da un po’ di tempo tema attuale, anche perché in tempi di chef stellati quasi tutti maschi la sensazione che alle donne pure in cucina tocchi ricominciare da capo è forte. E del resto nella lista “The World’s 50 Best Restaurants” un unico ristorante ha per chef una donna: il ventunesimo, cioè il ristorante Arzak di San Sebastián, in Spagna, gestito da Elena Arzak Espina (che però lavora al fianco del padre, lo chef Juan Mari Arzak). La rivista Restaurant, che ogni anno realizza la classifica dei 50 migliori ristoranti, ha anche istituito a parte il premio di miglior chef donna, iniziativa che ricorda molto le quote rosa.
Inutile dire che il genere non c’entra nulla, ma semmai si può dire che quando questo mestiere tocca livelli alti lo stereotipo, e anche la realtà, suggeriscono che cucinare diventi un mestiere più maschile. Le dinamiche che ci sono rendono difficilissimo, per una donna, sfondare e anche in questo settore esiste il soffitto di cristallo. Tempi, organizzazione, spostamenti, conciliazione famiglia-lavoro: tutti elementi che causano (mediamente) più problemi alle donne. In più c’è il fatto che le giovani donne di questi tempi vedono la cucina, diversamente dai coetanei, come qualcosa che ha costretto le proprie madri nello scomodo ruolo di sfamare quotidianamente la famiglia, imprigionandole in una routine noiosa e faticosa. E hanno smesso di cucinare. Mentre i ragazzi si stanno cimentando sempre più tra i fornelli, con sguardo curioso e privo di condizionamenti negativi. Va detto infine che esiste un piatto, la meringa, che crea ansia a maschi e femmine allo stesso modo e che mediamente, in modo assolutamente democratico, per par condicio viene spesso male a tutti.