“Un’isola temporale”, così la ricercatrice Judith Rowbotham definisce il periodo tra il 1850 e il 1880 per quanto concerne l’alimentazione degli inglesi. Non però di tutti gli inglesi, bensì dei più poveri. I contadini in particolare, e gli operai, che avevano un’aspettativa di vita fra i 73 anni (per le donne) e i 75 (per gli uomini).
Non solo. La vita era vissuta con forza e lucidità fino alla fine, senza malanni portatori di lunghe “agonie”. Un dato sorprendente se si pensa che nel resto del mondo le cose non andavano esattamente così e, al contrario, le classi meno abbienti erano proprio le più colpite dalla signora con la falce.
Straordinario anche il fatto che immediatamente dopo quegli anni, la situazione è cambiata bruscamente, riposizionando l’aspettativa di vita nella media tristemente condivisa dal resto globo. Ma come può verificarsi una simile bolla storica di benessere fisico?
A rispondere è Judith Rowbotham, della University of Plymouth, coautrice insieme a Paul Clayton di uno studio sulla dieta vittoriana condotto presso l’Institute of Food, Brain and Behaviour e pubbicato sul Journal Of The Royal Society Of Medicine.
Il segreto è nello stile di vita e nell’alimentazione, entrambi del tutto involontari, ma assolutamente efficaci.
Evadiamo subito la voce più ovvia: la fatica fisica. Lavorare per 8 ore nei campi o in fabbrica fa consumare calorie, mantiene magri, forti, allenati.
E ora la meno ovvia: la dieta. Le classi povere dell’epoca si nutrivano, come nel resto del mondo, con quello che avevano a disposizione e che potevano permettersi, solo che nel caso degli inglesi si trattava di un mix di alimenti particolarmente vincente.
Tanta verdure e frutta (8-10 porzioni al giorno), pane fatto in casa, pesce, poca carne. E tutto naturalmente secondo stagione e “biologico”. Niente zucchero (scarso in generale e comunque riservato ai ricchi), poco sale, niente alcol (se non un po’ birra ma con una gradazione inferiore a quella odierna) e niente tabacco (fatta eccezione per un po’ di foglie “sniffate” o masticate ogni tanto). Ma vediamo gli alimenti nel dettaglio.
Verdura : cipolle, porri, crescione, topinambur, carote, rape, cavoli e legumi.
Frutta: mele, ciliegie, uva spina, prugne e noci.
Pesce: aringhe, aringhe e ancora aringhe, ma anche merluzzo, sarde, anguille, molluschi.
Carne: intesa come un bell’arrosto, la carne si mangiava poche volte all’anno, per il resto si consumavano soprattutto, e comunque non spesso, tagli economici e con l’osso (fatto bollire a lungo per ricavare un brodo nutriente).
E poi uova e formaggi, soprattutto a pasta dura (di cui poi si tostava la crosta in modo da non sprecare nulla). Al posto del burro si usava soprattutto grasso animale: il lardo o la cotenna di maiale (appoggiata su un mestolo forato e fatta gocciolare nella minestra).
Dopo il 1980, con l’arrivo degli alimenti lavorati (carne in scatola, zucchero, latte condensato, pane a basso costo…), la dieta è diventata piacevolmente più varia, ma la vita spiacevolmente più corta.
In questi giorni si dice che la dieta mediterranea trova in quella vittoriana una grande rivale (in cui per esempio sono totalmente assenti la pasta, il riso, gli agrumi e quant'altro), e forse è vero dato che la storia non mente, ma si tratta di uno stile alimentare che andrebbe adattato ai giorni nostri e soprattutto quantificato. Restiamo in attesa che i dietologi lo facciano per noi e nel frattempo prendiamo spunto.
Cristiana Cassé
17 novembre 2015