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Cose da sapere sul vino bio, che è sempre più buono

News ed EventiNewsCose da sapere sul vino bio, che è sempre più buono

Le etichette biologiche vanno forte in quantità, ma anche a livello di qualità. Il vino biologico è decollato.

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Faceva storcere un po’ il naso, il vino biologico. Il consumatore non si fidava. Con qualche ragione che però,adesso, non esiste più. A cinque anni di distanza da quando il “vino biologico” ha trovato un’identità ufficiale all’interno della Comunità Europea, che lo identifica con il bollino verde dalla fogliolina fatta di
stelle, se ne produce e se ne beve sempre di più.

In Italia la richiesta è più che raddoppiata nell’ultimo paio d’anni; il nostro Paese e il secondo nella Comunità dopo la Spagna, in quanto a produzione, che e salita di ben oltre il 100% nell’arco degli ultimi 10 anni: in Italia oggi ogni 10 ettari coltivati a vigna, più di 1 è bio. In testa Sicilia, Toscana e Puglia, mentre le richieste di conversione (che quest’anno riguardano 30mila ettari, 500 in più dell’anno scorso) spingono forte in Veneto, Lombardia e nella provincia autonoma di Trento.

E la qualità, soprattutto la qualità, e balzata in su: adesso si può davvero bere un ottimo bicchiere, più sano per chi lo gusta e per la terra di cui è frutto.

Il produttore biologico non utilizza né diserbanti, né insetticidi né fertilizzanti chimici. Naturalmente alla categoria “vino bio” appartengono anche quelli biodinamici, ossia oltre il bio: si segue in quel caso il metodo messo a punto oramai quasi un secolo fa da Rudolf Steiner, fondatore dell’antroposofia. Un metodo che consente ai frutti della Terra di prosperare esprimendo la loro massima qualità, senza impoverire la terra stessa e anzi sostenendo la sua fertilità.

Il problema che un tempo faceva storcere il naso era il seguente: le etichette bio erano spesso il frutto della buona volontà ma della poca esperienza di fautori del biologico e del biodinamico, che dedicavano a Bacco prodotti di alta qualità dal punto di vista del benessere ma non necessariamente da quello del palato sommelier. Adesso da un parte quei soggetti hanno maturato più esperienza, dall’altra i viticoltori tradizionali si stanno sempre più convertendo al bio.

Tant’e che mentre l’appartenenza bio una volta era sbandierata in etichetta come la principale caratteristica del prodotto, e se ciò attirava gli adepti dell’alimentazione bio, poteva scoraggiare i consumatori di vino più tradizionalisti. Oggi non c’è più bisogno di sbandierare nulla, spesso il bollino verde
con la foglia stellataè discretamente posizionato sul retro, di bottiglie il cui buon vino parla da solo, e che hanno anche questa pregevole caratteristica in più.

Le fiere di settore non hanno potuto che aprire le braccia, a partire da Vinitaly, che ha adesso un salone dedicato: Vinitalybio, organizzato in collaborazione con Federbio, la Federazione Italiana dell’Agricoltura Biologica e Biodinamica. L’edizione 2017 si svolgerà dal 9 al 13 aprile, a Verona naturalmente. A maggio l’appuntamento è con TerroirMarche, nato dai produttori che per primi forse in Italia hanno dato vita a un consorzio verde, uniti da una terra, dal modo di lavorarla, e dai valori etici e sociali: sabato 20 e domenica 21, a Macerata.

Un’esperienza di qualità solidale che adesso ha riunito anche altri: in Piemonte c’è per esempio l’associazione SoloRoero, in Trentino ci sono i Dolomitici, esempi appunto di bio cooperazione dinamica. In Germania intanto si sta preparando l’ottava edizione del Premio Internazionale dei vini biologici che l’anno scorso ha valutato la qualità di oltre 1000 etichette provenienti da 23 Paesi diversi. Attualmente è in corso una rivalutazione della normativa europea riguardo ai processi e ai trattamenti dei vini bio non invigna, ma in cantina. E se e ancora scontro per stabilire i livelli dei famosi solfiti, in Italia la loro presenza nel
vino bio è molto più bassa rispetto alla media in Europa: un altro indice di qualità delle etichette bio nostrane.

Carola Traverso Saibante
marzo 2017

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