Tutti pazzi per i cachi a polpa soda. Ananas, bye bye: da quando gli inglesi hanno scoperto il caco a polpa soda sono letteralmente impazziti per questo frutto, che è diventato in breve non solo un alimento molto trendy e un apprezzato snack salutistico, ma anche una presenza immancabile sulla tavola natalizia. Al punto da aver strappato all’ananas il suo storico ruolo di re del cesto della frutta esotica che dà profumo e colore a pranzi e cenoni delle feste.
Negli ultimi 3 anni in Gran Bretagna i cachi a polpa dura sono stati i frutti esotici che hanno registrato il maggior aumento nelle vendite, praticamente raddoppiate anno dopo anno.
Il caco a polpa soda piace perché è grande, sodo, lucido, ha una buccia tesa e sostenuta, un caldo colore arancio e un gusto delicato, non stucchevole. E poi è facile da maneggiare e da mangiare: può essere gustato a morsi come una mela o tagliato a spicchi come una pesca; è perfetto in pasticceria e si mostra sorprendente quando si tratta di cucinare ricette agrodolci.
Insomma è decisamente più pratico e versatile del suo ”antenato”, quel caco morbido, allappante e dolcissimo, da mangiare col cucchiaino, che ricordiamo nella nostra infanzia. Un frutto difficile da collocare ai nostri giorni, perché molto zuccherino e poco maneggevole: due caratteristiche poco compatibili con i gusti di oggi e con le esigenze di movimentazione della frutta sui mercati internazionali.
Ecco dunque che la ricerca genetica ha lavorato su questi due fronti, creando il caco perfetto per i consumatori del terzo millennio e ridando così slancio a questa coltivazione, che ha numerosi punti di forza per gli agricoltori: resiste bene alle avversità climatiche, necessita di pochissimi trattamenti chimici (è quindi è naturalmente biologico), ha alte rese per ettaro e una buona durabilità. E si vende a prezzi adeguati. In altre parole, il caco a pasta soda è una coltivazione redditizia.
In realtà non tutti i cachi duri che si trovano in commercio sono frutto della ricerca sementiera: il capostipite di questa famiglia, ossia la varietà Rojo Brillante, si è sviluppata spontaneamente in Spagna ed è stata coltivata a partire dagli anni ’60. Ed è proprio grazie a questa tradizione che il paese iberico ha ottenuto la Dop (Denominazione di origine protetta) per i Kaki Ribera del Xúquer. Del resto la Spagna è stata la prima a intuire le potenzialità di questa ebenacea. E così ormai Valencia non è più la patria delle arance perché le piantagioni di cachi hanno preso il posto degli agrumi, meno richiesti e meno redditizi. Quest’anno da qui arriveranno sui mercati europei ben 90mila tonnellate della sola varietà Persimon.
I coltivatori italiani non stanno a guardare: la cultivar Rojo Brillante è ormai di casa in Romagna, dove si ottengono cachi apprezzati in tutta Europa per la taglia grande, il sapore delicato, il colore intenso e la buccia lucente e priva di difetti. "Il consumo di Rojo è ancora piuttosto limitato in Italia ma sono convinto che, com'è accaduto all'estero, inizierà presto a svilupparsi, soprattutto tra i giovani che ne riconoscono la praticità e la comodità” spiega Cristian Moretti (foto), il direttore generale di Agrintesa, il principale produttore italiano con 6.000 tonnellate di cachi, per il 40% costituite proprio da Rojo.
Manuela Soressi
20 novembre 2015