Fino a qualche anno fa nessuno lo avrebbe immaginato, ma i numeri non lasciano dubbi: l’esportazione di birra italiana all’estero è in continua crescita e fa segnare cifre da record. Solo nei primi cinque mesi del 2015, spiega Coldiretti sulla base dei dati Istat, si è registrato un incremento del 27% rispetto allo stesso periodo del 2014. Un dato tanto più significativo se si pensa che il 2014 aveva già segnato nelle esportazioni un aumento del 14% rispetto all’anno precedente.
Un altro elemento interessante per la nostra economia rilevato dall’associazione degli agricoltori sta nel fatto che la costante crescita delle esportazioni è dovuta al lavoro e alla diffusione sul nostro territorio dei piccoli birrifici artigianali. Con l’aggiunta, ulteriormente positiva, che queste imprese sono spesso gestite da giovani sotto i 35 anni. È soprattutto grazie a loro, stando ai dati forniti da Coldiretti, che sono state introdotte diverse innovazioni vincenti per quanto riguarda la produzione e la distribuzione di birra; per esempio, la certificazione dell’origine a chilometro zero delle materie prime e il legame diretto con le aziende agricole che le forniscono.
Così, a sorpresa, la birra italiana conquista il mercato anche in casa di bevitori e intenditori storici come quello del Regno Unito, dove arriva oltre la metà della birra italiana esportata all’estero. A sostenere la produzione artigianale di casa nostra c’è la coltivazione nazionale di orzo, arrivata nel 2014 a 860.000 tonnellate su una superficie complessiva di circa 226.000 ettari. In tal modo, la produzione annuale della bevanda artigianale raggiunge 30 milioni di litri suddivisa in circa 600 microbirrifici. Un vero e proprio boom, se si pensa che solo dieci anni fa il numero di queste aziende arrivava appena alla trentina, con una produzione quantitativamente modesta.
Questa crescita ha fatto sì che per la prima volta, nel 2014, le birre siano entrate nell’elenco dei prodotti tradizionali censiti dalle Regioni dove si trovano specialità come la birra di Savignone (Liguria), la birra della Valganna (Lombardia) e la birra di Fiemme (Trentino); tre preparazioni che vantano le loro caratteristiche artigianali fondate, rispettivamente, sulla leggerezza e il contenuto di vitamine, sulla qualità dell’acqua e sui pregi del lupino e dei luppoli selvatici lavorati usando tecniche e metodi di una volta.
Complessivamente, oggi l’Italia fornisce un’offerta variegata capace di soddisfare gli otre 30 milioni di appassionati bevitori di birra presenti sul territorio nazionale, dove tuttavia il consumo procapite si ferma a una media procapite di 29 litri annui. Un dato molto basso rispetto a quello di Paesi come la Repubblica Ceca con 144 litri procapite, l’Austria 107,8, la Germania 105, l'Irlanda 85,6, il Lussemburgo 85 o la Spagna 82. Tutti appassionati ai quali, sempre di più, si offre la possibilità di bere italiano.
Alessandro Gnocchi
24 agosto 2015