Il loro arrivo in tavola è il momento clou del pranzo di Natale: che siano arrosto o lessati, ripieni o bardati, gli animali da cortile rappresentano sempre la portata più golosa e scenografica. Pollame e volatili, nelle loro espressioni migliori, riempiono le vetrine delle macellerie e il banco frigo dei supermercati. In tali e tante varietà che non sempre è facile scegliere. Niente paura: vi aiutiamo con questa guida!
Attenzione al peso
Prima di entrare nello specifico, c’è una regola generale che deve orientarvi nell’acquisto: la dimensione, che deve essere proporzionata al numero dei commensali se non volete ritrovarvi a consumare avanzi e rimasugli... fino all’anno prossimo! Per 6-8 persone scegliete bestie da 1,8 a 2,5 chili. 3-3,5 chili sono sufficienti per 10-12 ospiti. Dai 4 chili in su considerate che, se intorno alla vostra tavola non si siedono più di una quindicina di persone, dovrete rassegnarvi al riciclo! A maggior ragione se, come spesso accade, è previsto un ripieno, tanto più abbondante quanto più è ampia la cavità destinata ad accoglierlo. Il peso è legato alla specie: in ordine crescente avremo gallina, faraona e anatra, cappone, tacchinella o dinda (femmina), oca e tacchino maschio, il re della polleria!
Scarti gustosi
Altro tip all’acquisto: fatevi dare tutti gli scarti: zampe, spuntature di ali e persino testa, o almeno il collo, sono ottimi per il brodo; fegatini e rigaglie si usano nei ripieni o per fare il patè. Se acquistate un volatile disossato, la carcassa aggiunta nella teglia della cottura al forno, tostandosi, contribuisce a ottenere un fondo ricco e sapido. Persino il grasso, ricavato dalla parte posteriore dell’oca, si rivela ingrediente prezioso sia nella cottura dell’oca stessa (come nel celebre confit, che la cuoce a pezzi e la conserva nel suo grasso, foto in basso) che per deliziose patate arrosto, al posto di olio o burro.
Il cappone
Partiamo da questo che è un grande classico delle Feste. Il cappone è un pollo castrato in giovane età (intorno ai 70 giorni dalla nascita), cosa che determina l’ingrassamento e fa sì che le sue carni risultino particolarmente consistenti. Macellato ad almeno 140 giorni di vita, in questo tempo supera facilmente i 2 chili di peso, arrivando anche fino a circa 3,5 chili.
Il cappone ha carni pregiate, morbide e gustose da valorizzare in arrosti sopraffini e brodi deliziosi, che vanno a braccetto con tortellini, cappelletti, agnoli e anolini. In Italia ci sono 6 varietà che si fregiano della certificazione Pat, Prodotto agroalimentare tipico. Quattro sono piemontesi Morozzo (nel Cuneese, vero e proprio distretto del cappone”), Monasterolo di Savigliano, San Damiano d’Asti e Vesime, cui si aggiungono il Friulano e il Rustico marchigiano. Anche in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto sono numerosi gli allevamenti, spesso di piccoli produttori, che riforniscono i mercati con questi polli “nobili” e buonissimi, soprattutto nel periodo natalizio.
Il tacchino
Gareggia in dimensioni con il cappone e, anzi, spesso lo supera abbondantemente. La femmina di giovane età, circa 80-90 giorni, con un peso dai 2,5 ai 3 chili è detta tacchinella o dinda ed è quella più adatta a essere cucinata intera.
Quelle di razze nostrane hanno pelle bianca e polpa molto morbida, ottima sia lessata sia cotta al forno, in genere con una protezione (alluminio) o una bardatura di pancetta o lardo per evitare che il petto si asciughi eccessivamente. Stessa precauzione per i tacchini maschi da cucinare interi, che si attestano fra i 4 e i 6 chili, hanno carni piuttosto consistenti e sono reperibili anche nei supermercati, soprattutto durante le feste natalizie. Al contrario delle razze “monster” che possono raggiungere anche i 14-15 chili: esemplari destinati a essere venduti in parti (fesa, ovvero il petto, cosce, ali) e che da noi non arrivano sui banchi del macellaio, come invece accade nei paesi anglosassoni, spesso visto in tanti film americani e divertenti gag alla Mr. Bean!
La faraona
Torniamo a dimensioni più modeste con l’elegante faraona. Tipica di Veneto, Piemonte, Marche ed Emilia Romagna (in particolare, della tradizione gastronomica del Delta del Po e della provincia di Piacenza), durante l’anno pesa in media 1-1,2 chili ma nel periodo delle le feste di Natale se ne trovano di “ruspanti”, allevate da piccoli produttori locali, con un peso di 1,5-1,8 chili.
Ottima arrosto, ripiena, ma anche a pezzi in casseruola, ha carni magre, più saporite di quelle del pollo, ma un po’ più asciutte: per questo si usa rivestire - come il tacchino - di lardo o pancetta ed è poco adatta alla preparazioni di brodi, che risulterebbero fin troppo sgrassati e poco saporiti, mentre la carne finirebbe per diventare stopposa.
La gallina
È la femmina del pollo, definita gallina quando, a partire da 6 mesi di vita, inizia a deporre le uova. Per questa sua naturale “attività”, segue un’alimentazione differente da quella dei maschi, risultando più magra ma anche più tenace via via che l’animale diventa grande. Ecco perché le carni della gallina vecchia, che come recita il detto fa più buono il brodo, in realtà sono fin troppo dure per essere mangiate.
L’età giusta per una gallina “da tavola” è intorno ai 18 mesi, quando avrà raggiunto circa 1,5 chili di peso. Quelle che arrivano da allevamenti intensivi hanno prezzi molto popolari e qualità modesta. Più interessanti (e costose!) quelle di razze selezionate come la Padovana, la Romagnola o la Livornese, prodotte da piccoli allevatori e riconoscibili per la linea snella e il colore giallo della pelle.
L’anatra
La “papera” migliore in cucina appartiene alla razza dell’anatra muschiata o muta. Le sue carni raffinate sono amate dall’alta cucina francese come da quella tradizionale cinese: l’anatra all’arancia (canard à l’orange) e quella laccata alla pechinese sono portate sopraffine che sfruttano la vocazione di sposarsi al dolce degli agrumi e del miele.
A differenza di altre specie, quelle dell’anatra sono carni rosse, più affini al bovino che al pollame, tanto che il petto si usa cucinarlo al sangue. Altra particolarità è la pelle molto spessa e grassa che, nelle cotture lunghe, protegge la polpa e le dona morbidezza. Intera, la femmina raggiunge 1,3-1,4 chili, che diventano anche 3 negli esemplari maschi, meno indicati per le cotture arrosto e più spesso destinati a essere venduti in parti.
L’oca
Chiudiamo con l’oca, volatile che appartiene alla famiglia dell’anatra ma è più pesante e tozza. Poco sfruttata al di fuori delle regioni vocate come Veneto, Friuli, Lombardia ed Emilia Romagna, ha interessanti virtù gastronomiche. Le carni delle oche sono infatti rosse (nella foto in basso, un petto) e ricche di grasso, soprattutto negli esemplari meno giovani.
Per questo è nata la consuetudine di usare l’oca, a pezzi, in una variante della cassoeula milanese con le verze che prende il nome di “ragò”, specialità della cittadina di Mortara, in provincia di Pavia. Mentre in tutta la zona, la Lomellina, se ne fanno salumi: un uso che deriva dalla tradizione ebraica, dato il divieto per motivi religiosi di consumare carne di maiale. Con un peso “importante” (circa 5-6 chili, fino a 8-10 per i capi più grandi), arrivano in genere da piccole aziende agricole, destinate a una clientela gourmand. La ricchezza di grasso fa sì che le oche risultino ideali per essere cucinate intere, arrosto, anche senza condimenti.
Ma senza rinunciare ai ripieni di frutta e ortaggi come castagne, patate e persino agrumi. Rispettando la migliore, e più buona, tradizione natalizia.
Francesca Romana Mezzadri
Dicembre 2022