Un primo, ufficiale riferimento alla “minestra maritata” – 'a menesta maretata – appare per la prima volta nel “Libro di stufati, manicaretti e minestre, intitolato libro di cucina” di Rupert de Nola (1525) nel quale sono incluse le norme per gestire (con 242 ricette) i palazzi del Re e dei grandi signori, un testo che disegna il percorso culinario nella Napoli rinascimentale alla corte di re Ferdinando I di Aragona (1458–1493). Nonostante questa apparizione in un testo destinato alle cucine più auguste (la ricetta è molto ricca di carne), la minestra maritata nasce come un piatto povero, nato per allungare la vita gastronomica degli avanzi di carne, talvolta chiamato ‘pignato maritato’ o ‘pignato grasso’, dove pignato si riferiva al tipico tegame di terracotta usato un tempo. Per il grande scrittore iberico Miguel de Cervantes, si trattava di uno piatto simile alla olla podrida spagnola (uno stufato di carni e ortaggi diversi, cotto per ore) una reinterpretazione napoletana, quindi, dal tempo della dominazione ispanica. Il cuoco di corte Antonio Latini le cita entrambe – la minestra maritata e la olla podrida – come “la minestra di Foglia alla Napolitana e quella di Foglia alla Spagnola” nel suo ricettario Lo Scalco alla moderna del 1692. Curiosamente, dalla olla potrida spagnola deriverebbe anche la cassœula lombarda.
Nel Quattrocento, ben prima che la pasta facesse in suo ingresso sulle tavole partenopee, i napoletani erano ironicamente definiti mangiafoglie per l’abbondanza di verdure nella loro cucina dai cuochi delle famiglie toscane e settentrionali in genere, le cui ricette davano precedenza alle carni, soprattutto la selvaggina. Nel Lazio meridionale, la cui storia e cultura si sono spesso sovrapposte a quelle del napoletano, troviamo versioni di minestra maritata nei ricettari di tradizione locale.
Un sodalizio laborioso ma molto riuscito
Origini antiche, quindi, per questa minestra napoletana dove le verdure si sposano (“maritano”) felicemente con la carne e il suo brodo, e che per generazioni è stata un piatto cult della cucina partenopea di tradizione invernale. Dato l’impegno e il tempo richiesti dalla sua preparazione, è oggi meno comune di una volta sulle tavole napoletane, ma moltissimi ristoratori la propongono ai clienti in cerca di una specialità tipica partenopea. Preparata tutto l’anno nel periodo post–rinascimentale a Napoli e dintorni, oggi, debitamente sgrassata ed evoluta, questo caposaldo della cucina partenopea ha ritrovato consenso e per i napoletani rimane irrinunciabile nelle grandi feste religiose come Natale, Santo Stefano e Pasqua.
Gli ingredienti di tradizione
Durante queste festività, infatti, nei mercatini rionali di Napoli si possono acquistare le verdure tipiche per prepararla, cioè cicoria, piccole scarole (scarulelle), bietole, verza, la torzella riccia, chiamata anche “cavolo greco” (antichissima varietà, oggi Presidio Slow Food e coltivato per lo più in aree vesuviane), broccoli spigarelli e borragine per la tipica nota amarognola. In qualche variante si usa anche la catalogna (le puntarelle, in napoletano).
La carne di uso tipico è quella della gallina oppure i tagli di minor pregio del maiale, cioè puntine (tracchie, foto sotto), salsicce (tipica era la cosiddetta nnoglia o doglia, chiamata anche salame pezzente, cioè l’ultima salsiccia preparata dalla macellazione del maiale, fatta con gli scarti della lavorazione del maiale e peperoncino in polvere, adatta solo a insaporire e arricchire ragù, zuppe o minestre come la maritata), orecchio, guancia, piede e musetto, l’osso di prosciutto.
Naturalmente, essendo una minestra di recupero, ci si metteva dentro quanto a disposizione; quindi, oggi ci sono molte versioni in circolazione che sono state modificate per andare incontro alla stagione, ai gusti della famiglia in questione, alla necessità (per esempio, per andare incontro ai più piccoli, c’è chi utilizza come carne delle polpette, foto sotto). Nella minestra maritata c’è posto anche per un formaggio, in genere provola affumicata o parmigiano reggiano. La maritata in passato veniva servita con pane raffermo o con gli scagliuozzi, frittelle rotonde di farina di mais, adagiati sul fondo del piatto; oggi viene accompagnata da fette di pane campagnolo.
Un piatto di estremo equilibrio
L’arte della minestra maritata è nella proporzione tra gli ingredienti che si vogliono “maritare”, in particolare le verdure: le caratteristiche di ciascuna devono bilanciarsi perfettamente, così come le consistenze. Per esempio, la dolcezza di scarole e bietole deve essere pareggiata dall’amaro dei broccoletti e della borraggine. Lo stesso vale per le carni. Il processo è piuttosto laborioso, visto che le verdure devono essere preparate singolarmente per poi essere riunite alla carne e al brodo. Per evitare spiacevoli “divorzi” e rompere l’equilibrio, bisognerà avere l’accortezza di mettere in ogni piatto tutti gli elementi della minestra maritata.
Varianti regionali
Nel tempo sono nate rivisitazioni territoriali del piatto napoletano, come la minestra maritata calabrese (foto sopra, dove si usa solo carne di maiale – guanciale, puntine e cotiche – e come formaggio il pecorino o il caciocavallo) e la minestra maritata pugliese (foto sotto; fatta con un osso di prosciutto e che vede finocchio e spinaci oltre a verza, insalata riccia, cicoria). Curiosamente, nel napoletano esiste anche la minestra della zitella, definita così perché viene fatta con pochissimi ingredienti, cioè brodo di sola gallina o pollo (talvolta viene usato anche un osso di prosciutto) cui si aggiungono pezzetti di carne e verdure miste tipo bietole, cicoriette, borragine, broccoletti e a volte parmigiano reggiano.
La ricetta di tradizione (rivista e alleggerita)
1/2 gallina già pulita
500 g di corazza (reale o biancostato) di manzo
250 g di salsiccia napoletana in un solo pezzo
osso di prosciutto (facoltativo)
2,4 kg tra bietoline, scarole piccole, cicoriette e borragine in uguale quantità
600 g tra torzelle e broccoletti neri
1 carota
1 cipolla
1 costa di sedano
parmigiano reggiano Dop grattugiato
sale
pepe nero in grani
Francesca Tagliabue
dicembre 2022