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Menu e spartiti: tra note e leccornie

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Grandi compositori italiani come Giuseppe Verdi, Gioacchino Rossini, Giacomo Puccini coniugavano l’amore per la Musica con la passione per la tavola, arrivando a mettersi ai fornelli per sé stessi e per i loro amici e lasciandoci in eredità piatti e partiture eccellenti

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Disse Gioacchino Rossini “Non conosco un'occupazione migliore del mangiare, cioè, del mangiare veramente. L'appetito è per lo stomaco quello che l'amore è per il cuore”. Non fu certo l’unico, tra i suoi esimi colleghi, ad apprezzare l’arte della tavola e la gioia di un buon piatto e un menu gourmet. Giuseppe Verdi, Gioacchino Rossini, Giacomo Puccini, gli amici Donizetti e Mascagni, sono testimoni di come l’amore per la musica e il melodramma incroci quello per la buona tavola. Quale che sia la loro storia, grazie alla passione per la musica e per la tavola sono giunti a noi piatti raffinati come i maccheroni alla Rossini, la torta alla Donizetti, il risotto alla Verdi, per citarne alcuni tra i più famosi.

Gioacchino Rossini, palato fino

Gioacchino Rossini

La passione per la cucina di Rossini era tale che pare che in gioventù si ritrovasse spesso senza soldi per la sua incapacità di resistere a ristoranti e vini. Quando si trasferì in Francia, a Parigi, era già famoso, e non si faceva mancare le delizie che amava: sulla tavola del grande compositore pesarese arrivavano da ogni parte prodotti eccellenti come zampone e mortadella, l'omonimo formaggio da Gorgonzola, il panettone da Milano, i maccheroni da Napoli - maccheroni con i quali realizzò una delle sue personali ricette, i maccheroni alla Rossini (con funghi, tartufo, pomodoro, prosciutto crudo, panna e champagne) - il tartufo da Acqualagna e altre golosità italiche. Eccellente gastronomo, un giorno affermò di aver pianto solo tre volte nella vita: quando la sua prima opera fu fischiata, quando sentì suonare Paganini e quando, durante una gita in barca, gli cadde in acqua un tacchino ripieno di tartufi. Di come Niccolò Paganini fosse un viortuoso del violino e un buongustaio entusiasta, abbiamo parlato qui.

TARTUFO

Il tartufo era infatti l’ingrediente preferito di Giacchino Rossini, presente in tutte le sue ricette. Una delle ricette che amava di più era una vinaigrette composta da olio di Provenza, senape inglese, aceto francese, succo di limone, pepe, sale e l’immancabile tartufo.
Famosi sono anche l'insalata alla Rossini con mostarda, limone, pepe, sale, olio e naturalmente tartufo e i tournedos alla Rossini, sulla cui origine si narrano vari aneddoti, tra cui il più conosciuto racconta che in Francia Rossini insistesse per supervisionare la preparazione del suo pasto anche al ristorante, dando suggerimenti al cuoco e dicendogli cosa dovesse fare: quando uno chef si oppose a questa continua ingerenza, il Maestro rispose "Et alors, tournez le dos" (E allora, voltate le spalle), dando il nome a questo piatto raffinato.

TOURNEDOS ROSSINI

Il soggiorno in Francia gli permise di conoscere anche il re dei cuochi, Antonin Carême. Rossini tornò una volta a Bologna e Carême gli spedì, forse nostalgico di un tale intenditore, un pasticcio di fagiano ai tartufi. Un messaggio conciso accompagnava il dono culinario, “Da Carême a Rossini”. Quest’ultimo rispose inviandogli una composizione musicale dedicata e un altrettanto sintetico messaggio: “Da Rossini a Carême”. Era anche un esperto di vini; nella Biblioteca Laurenziana di Firenze è custodito un menu autografo nel quale il maestro abbina a ciascun piatto il giusto vino: trovimo Madera per i salumi, Bordeaux per il fritto, Reno per il pasticcio freddo, Champagne per l'arrosto, Aleatico e Lacrima per frutta e formaggi. Domenico Barbaja, direttore musicale del Real Teatro San Carlo a Napoli, fu suo amico e committente, conquistandolo con la barbajada, bevanda che egli stesso, da giovane cameriere, inventò a Milano. Trovate la storia della barbajada qui

Giuseppe Verdi, la cucina di casa

vuignetta_giuseppe_verdi

Il Maestro aveva una sana passione per la cucina domestica, per i prodotti della sua terra, la pianura piacentina e parmense: nelle pause del suo lavoro, usciva nelle sue tenute a occuparsi di agricoltura, vigilava sui suoi allevamenti, visitava i suoi caseifici dove produceva un eccellente formaggio grana, di cui era un esperto. Girando per le tenute attorno a Sant’Agata (Villanova sull'Arda, Piacenza), si metteva spesso ai fornelli: famosa la vignetta del caricaturista del tempo, Melchiorre Delfico, che ritrae il Maestro con un grembiule da cucina che tiene in mano una casseruola fumante (vedi sopra). Esigente e perfezionista, era un appassionato dei risotti, in particolare quello “giallo” allo zafferano, al punto che Camille Du Locle, direttore dell'Opera Comique di Parigi, chiese alla moglie di Verdi la ricetta del “Maître pour le risotto”, che ella scrisse su dettatura di Verdi in persona aggiungendo qui e là specifiche in francese.

Risotto allo zafferano di Giuseppe Verdi, la ricetta

RISOTTO GIALLO

"Mettete in una casseruola 2 once di burro fresco, 2 once di midollo di bue o vitello con un poco di cipolla tagliata. Quando questa ha preso il rosso mettete nella casseruola 16 once di riso di Piemonte, fate passare a fuoco ardente (rossoler) mischiandolo spesso con un cucchiaio di legno finché abbia preso un bel color d'oro. Prendete del brodo bollente, fatto con buona carne e mettetene 2 o 3 mescoli (deux ou trois cuilleres à soupe) nel riso. Quando il fuoco l'avrà a poco a poco asciugato rimettete poco brodo e sempre fino a perfetta cottura del riso. Avvertite però, che a metà della cottura del riso (dopo un quarto d'ora) bisognerà mettervi mezzo bicchiere di vino bianco, naturale e dolce: mettete anche una dopo l'altra 3 buone manate di Parmigiano grattato. Quando il riso sia completamente cotto, prendete una presa di zafferano sciolta in un cucchiaio di brodo e gettatela nel risotto, mischiatelo e ritiratelo dal fuoco, versatelo nella zuppiera. Avendo dei tartufi, tagliateli ben fini e spargeteli sul risotto a guisa di formaggio. Altrimenti metteteci formaggio solo, coprite e servite subito”.

SPARTITO VERDI

Giuseppe Verdi era solito descrivere con dovizia di particolari le sue ricette preferite, come la spalla cotta di S.Secondo, un prosciutto tradizionale, così come gli anolini, tipici di quelle parti; la minestra alla Verdi - polpette di patate fritte, servite con brodo di pollo o di tacchino e un po’ di sugo di carne - e la suprema di cappone - petti di cappone rosolati al burro, bagnati con spumante e guarniti con lamelle di tartufo e flan di zucchine. Lo chef francese Henry-Paul Pellaprat (1869-1952) dedicò al Maestro un risotto con funghi, asparagi e prosciutto cotto. Tra le ricette ispirate a Verdi ci sono anche gli Spaghetti alla Traviata, una ricetta gustosa dai colori patriottici, a base di pomodoro e basilico fresco.

SPAGHETTO POMODORO

Giacomo Puccini: la ‘cucina povera’

“Cucina povera”, invece, per un altro grande della musica, autore di Bohème, Tosca e Madama Butterfly, Giacomo Puccini. Quando era studente di musica a Milano, prima di raggiungere la fama, visse un periodo di ristrettezze economiche, dividendo una stanzetta con l’amico Pietro Mascagni: vivevano largamente di minestrone (così Puccini scriveva alla madre) e lui si divertiva a creare piatti economici e particolari come la pasta con le anguille o le aringhe con i ravanelli.

MINESTRONE 2

Tornato a casa, Puccini usava trovarsi con gli amici, scrittori e artisti, in una taverna a Torre del Lago (Lucca) subito ribattezzata “Club Bohème”. Il maestro amava molto i piaceri della tavola e la caccia: era solito dopo sessioni di attività venatoria sul lago di Massaciuccoli o nelle riserve di amici, friggere pernici e arrostire fagiani e folaghe. Si racconta infatti che, una volta raggiunta la fama, Puccini e Mascagni si ritrovassero a Milano; nel ricordare i sacrifici del passato, tra i due amanti della buona tavola sarebbe esplosa una discussione sul piatto più succulento: un cacciucco livornese o una folaga rosolata alla lucchese?

FAGIOLI AL FIASCO

Puccini era ghiotto del risotto alla tinca e, in particolare, dei fagioli al fiasco, tipico piatto toscano: pare che, con la scusa di andare a trovare la sorella maggiore, suor Angelica, monaca in un convento nei pressi di Lucca, si fermasse regolarmente a pranzare nel refettorio del convento perché le monache ne preparavano di eccellenti.
Vero buongustaio, si sa che Puccini amasse concludere il pasto con mandarini, vino frizzante e il toscanissimo – come poteva essere altrimenti? - latte alla portoghese, detto anche latte in piedi, un budino simile al créme caramel che utilizza latte al posto della panna. Pellegrino Artusi incluse il latte alla portoghese nel suo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (1891), in ben tre versioni: alla vaniglia, al cardamomo e al caffè.
L’Opera a tavola, quindi, e la tavola dell’Opera.

Francesca Tagliabue
febbraio 2024

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