La paleodieta, ovvero il regime alimentare che si ispira all’uomo primitivo, è sempre più di moda e ora un gruppo di scienziati ha dimostrato che effettivamente c’è un legame tra senso di sazietà e questo tipo di alimentazione, basato sul consumo di carne, pesce, semi, frutta e verdura.
L’idea della paleodieta è di risalire alle origini dell’umanità, a 10 mila anni fa, prima che l’agricoltura venisse inventata, e di attenersi a un regime ricco di proteine, consumate il più possibile allo stato puro, proprio come facevano i primi uomini.
La mania della paleodieta è nata negli anni ’70, negli anni '90 ha conosciuto un altra stagione di popolarità e ora alcuni ristoranti inziano a proporre menu delle caverne.
Mode a parte, questa cultura alimentare ha incuriosito e fatto discutere gli scienziati.
Gary Frost, dell’Imperial College di Londra, ha studiato con il suo team la nutrizione dei nostri antenati e poi, in laboratorio, ha confrontato il lavoro dell’apparato digerente di babbuini e di esseri umani, analizzando il comportamenti dei batteri. La conclusione alla quale sono giunti gli esperti è che il lavoro della flora intestinale e la relativa produzione di ormoni che comunicano al cervello il senso di sazietà, variano a seconda del cibo ingerito.
Se gli studi sono complessi e i risultati non totalmente comprensibili per i profani, il concetto alla base della tesi è semplice: quando l’uomo era ancora cacciatore si cibava per lo più di fibre e proteine che, essendo poco digeribili e impiegando un tempo lungo per transitare attraverso stomaco e intestino, aumentando la durata del senso di sazietà. Al contrario amidi e carboidrati, più facili da assimilare, fanno tornare presto l’appetito.
Per l'uomo moderno che vuole ispirarsi alla dieta degli ominidi via libera a piatti dove gli ingredienti principali sono: carne, pesce, legumi, frutta, noci e semi in genere, e ortaggi come cetrioli, sedano, e carote.
Barbara Roncarolo
22 maggio 2014
Photo credit: © Science Photo Library/Corbis