È solo di pochi giorni fa la notizia che Arnold Schwarzenegger, in veste di sensibile ecologista, è intervenuto alla conferenza sul clima di Parigi per difendere il pianeta dagli allevamenti intensivi, "colpevoli", ha sostenuto l'attore ed ex governatore della California, "di emettere il 28% dei gas serra globali".
"Essere completamente vegetariani è impegnativo", ha anche ammesso, "ma rinunciare alla bistecca una o due volte alla settimana è fattibile persino per un body-builder".
Ebbene, a poche ore di distanza, l'intero mondo occidentale deve nuovamente ricredersi: la carne è sì nociva per l'ambiente, ma l'insalata fa persino di peggio.
A sostenere la sconvolgente tesi è la Carnegie Mellon University di Pittsburgh, in Pennsylvania, considerata tra le più prestigiose università degli Stati Uniti.
Nello studio dedicato a "Emissioni di gas serra e modelli di consumo alimentare" appena pubblicato sulla rivista Environment Systems and Decisions, si rivela infatti che "mangiare lattuga produce emissioni tre volte maggiori del mangiare pancetta".
Paul Fischbeck, autore della ricerca insieme a Michelle Tom e Chris Hendrickson, non dà speranze nemmeno riguardo ad altri ortaggi: "Un sacco di verdure comuni richiedono più risorse di quanto si potrebbe pensare. Melanzane, sedano e cetrioli, in particolare, hanno un impatto più inquinante della carne di maiale o pollo."
Il punto cruciale messo in luce dalla ricerca è che questi alimenti erroneamente considerati "green", devono essere consumati in grandissima quantità per soddisfare le esigenze nutrizionali di un essere umano che li adotti come risorsa principale. Il loro impatto sul pianeta insomma va calcolato non a parità di peso con la carne, bensì a parità di caloria fornita.
Gli studiosi hanno anche messo in relazione la catena di approvvigionamento alimentare e la dilagante epidemia di obesità negli Stati Uniti per determinare come quest'ultima sia direttamente connessa con l'emergenza ambientale.
Hanno infatti esaminato come coltivazione, trasformazione e trasporto degli alimenti, stoccaggio, servizi legati alla vendita e infine conservazione domestica della merce acquistata, preparazione e cottura dei cibi incidano sul consumo di energia, sull'utilizzo di acqua e sulle emissioni di gas serra.
I risultati hanno mostrato che una società dove i cittadini consumassero la giusta quantità di cibo (di qualunque tipo esso sia) avrebbe un effetto positivo sull'ambiente riducendo sia gli sprechi di energia e acqua sia le emissioni di gas serra di circa il 9 per cento.
Al contrario, immaginare un modello di società in cui ci si nutre di soli alimenti considerati "sani" - frutta, verdura, latticini e pesce - ha fatto stimare un impatto ambientale peggiore in tutte e tre le categorie considerate: l'uso di energia è salito del 38 per cento, quello dell'acqua del 10 per cento e l'emissione di gas serra del 6 per cento.
"C'è una complessa relazione tra la dieta e l'ambiente", ha quindi concluso la ricerca: "Ciò che è buono per la salute non è sempre la scelta migliore per il pianeta. Ed è fondamentale trasmettere questa consapevolezza a chi si occupa di sviluppare le linee guida dietetiche per il futuro dell'umanità."
Daniela Falsitta,
17 dicembre 2015