Seguici su Facebook Seguici su Instagram

Livigno, tradizione gourmand in mezzo alle Alpi

News ed EventiNewsPiaceriLivigno, tradizione gourmand in mezzo alle Alpi

Un isolamento naturale, secoli di economia di sussistenza e una nuova economia legata al turismo: condizioni particolari che hanno traghettato i particolarissimi prodotti della cultura gastronomica valligiana sulle tavole contemporanee

Condividi

Conoscete i pizzoccheri? No. Non le ruvide tagliatelle di grano saraceno della Valtellina. E neanche gli gnocchetti chiavennaschi, bianchi di pane e farina, morbidamente immersi in un intingolo di burro e bitto fuso. Parliamo di altri pizzoccheri, quelli della tradizione di Livigno, che dei chiavennaschi sono cugini, anzi fratelli (ed entrambi parenti stretti degli spätzli o dei knöpfli, ben noti in aree geografiche alpine tra Svizzera e Austria), ma che, al posto della patate (o assieme alle patate) utilizzano cubetti di rapa e prevedono una base di cipolla. Difficile trovarne traccia anche digitando nel web, perché frutto di una cultura gastronomica un po' unica e ancora in parte sconosciuta. Una bella sorpresa per il gourmand che attraversa i confini di una valle impervia (Livigno è incastonata nelle montagne, a nord dello spartiacque orografico dell'Italia) e beneficia di un isolamento geografico e storico che ha avuto il merito di traghettare una cucina di sussistenza nel nuovo millennio e portato i ruvidi frutti della pastorizia e della raccolta di erbe e prodotti spontanei su tavole contemporanee, frequentate da una vivace e compatta comunità locale ma anche dai turisti attratti dai 115 km km di piste. 

Rape e non solo
Ci sono le rape nei pizzoccheri, ma anche nel pane e nella salsiccia (a smentire l'adagio per cui dai tuberi violacei non si potrebbe "cavare sangue"): la lughénia da pàsola a pancetta e lardo mescolava nell'impasto appunto la pàsola, in dialetto la rapa che era fatta esiccare sulle travi dei fienili. Particolare e saporitissima, si gusta a fettine sottili che una tira l'altra; ma attenzione perché non tutti gli stomaci possono tollerare quantità eccessive di un cibo che si centellinava già in tempi di povertà e di alto fabbisogno calorico. Insolito anche il trattamento della farina di mais. Irrinunciabile nutrimento delle popolazioni alpine, nel Livignasco si usava reidratarla con il latte, più spesso il latticello o anche acqua e poi tostarla a bordo stufa per ore, mescolandola di tanto in tanto, magari lasciandola anche un po' bruciacchiare (le donne avevano proli numerose cui badare). Il risultato era (ed è) lo Sc'frigolun composto che all'apparenza è un cuscus dorato, al palato una graniglia croccante e gustosa, che dava consistenza al latte, alla zuppa… E poi c'erano i Pötol, pallotte gialle cotte nel brodo ad accompagnare la carne bollita nei giorni di festa (di manzo, ma anche di pecora, in una sorta di insaccato, il Borzàt realizzato con gli avanzi della lavorazione del violino). 

Salumi, pane e formaggi
Una valanga di sapori (Lèina da Saór): così hanno efficacemente (ed affettuosamente) chiamato il patrimonio gastronomico livignasco i suoi interpreti contemporanei, gli associati dell ACPL (Associazione Cuochi Pasticcieri Livigno) che hanno contribuito a un cospicuo volume (250 foto, 100 ricette di tradizione, edito da Giorgio Mondadori). Gli chef locali hanno compiuto un certosino lavoro di ricerca, incontrandosi una sera alla settimana con gli anziani del luogo, ricostruendo e ricreando ricette e piatti antichi per documentarne storia e particolarità. Frutto di questa ricerca è TAST (in dialetto locale significa assaggio, ma è anche l'acronimo di Tradizione Antica Senza Tempo): una selezione di prodotti godibili e autentici, che vengono proposti in hotel e negozi della cittadina. Sono formaggi (di capra, soprattutto), pani (tra questi il Pan da Cól, preparato con il colostro, o il Pan da Carcént, con le rape), dolci e salumi (Bondiöla e Brasc'Caròla). E poi ci sono le erbe e i loro derivati. 

Chef in quota
La vivacità e la ricerca degli intraprendenti chef livignaschi ha dato vita a un'altra iniziativa, il Sunrise Mattias, che riunisce in alta quota una selezione di stellati che appena dopo il saluto al sole offrono intriganti creazioni da prima colazione a ritmo di musica e di facezie: in nome di Mattias Peri, chef livignasco prematuramente scomparso. Interpreti della levatura di Giancarlo Morelli, Stefano Masanti, Valeria Mosca e Paolo Rota giocano con gli ingredienti della cultura montana per sfizi gourmand da gustare a prima mattina. Il tutto per poi promuovere la crescita dei giovani talenti locali. Che proseguano degnamente l'opera di valenti interpreti locali, come Michele Bormolini, all'hotel Spöl, e Luca Galli a La Pòsa. Ultimo ingresso nel panorama gastronomico di Livigno, Luca Armellino, che porta nelle cucine dello scenografico Kosmo, a ridosso delle piste, il mantra sostenibile Cook the Mountain di Norbert Niederkofler. Alla ricerca di sempre nuovi equilibri tra tradizione e innovazione. 198396


aprile 2022
Livia Fagetti
Pizzoccheri, lughénia e borsat cucinati da Luca Galli;
salumi e formaggi del Tast, sci nella Latteria di Livigno.

Abbina il tuo piatto a