Bastoncini di radice e bon bon amarognoli, chicchi nerissimi e caramelle gommose: nelle sue forme golose, la liquirizia è molto amata in Italia, consumata da oltre 13 milioni di persone. Certo, più per il suo gusto così speciale che per le proprietà emollienti, antiallergiche, antiepatotossiche riconosciute sia dalla medicina occidentale che da quella cinese: la radice della glycyrrhiza glabra aiuta a combattere infiammazioni, virus e ulcere. Ora, le ultime ricerche scientifiche ci danno una ragione in più per “puntare sul nero”: la pianta contiene sostanze chimiche naturali che combattono i batteri del cavo orale e prevengono la formazione della placca, che è la principale responsabile della carie.
I dati a sostegno della “liquirizia anticarie” arrivano dagli studi svolti nel laboratorio del dottor Dominic Campopiano all’Università di Edimburgo, che si sono concentrati sul trans-chalcone, una sostanza chimica molto simile a quella presente nella radice di liquirizia: le ricerche scozzesi dimostrano come il trans-chalcone riesca a fermare un’attività batterica che è la principale responsabile della placca, bloccando l’enzima che permette a questi microorganismi del cavo orale di formare il biofilm con cui si rivestono per poi attaccarsi ai denti. E causare quindi la placca.
Il dottor Campopiano e il suo staff sostengono che prodotti per l'igiene orale che contengono sostenze chimiche naturali simili al trans-chalcone potranno migliorare la salute dei nostri denti: “Siamo felici di aver osservato come questo composto abbia bloccato la formazione del biofilm da parte dello streptococcus mutans. Stiamo ampliando i nostri studi per includere prodotti naturali simili e indagando come implementarli nei prodotti destinati ai consumatori”. Una prospettiva che renderà felici noi tutti e ancor più la Wm. Wringley Jr. Company, storica produttrice di gomme da masticare, che ha finanziato la ricerca. E che con ogni probabilità punterà nel prossimo futuro sui chewing gum anticarie.
Enza Dalessandri
25 maggio 2015