Il fritto misto è un piatto da ghiottoni. Certamente non light, ma sicuramente irresistibile, di quelli che appagano e portano al godimento puro, un peccato di gola da concedersi ogni tanto come piccola trasgressione ai consigli di dietologi e nutrizionisti. Lasciando da parte calorie e l'incipiente “prova costume”, di fronte a una fragrante frittura di pesce si pone il fatidico dilemma gourmand: spruzzarla con succo di limone o no? Gli spicchi posti a bordo piatto sono una vera discriminante tra due filosofie di pensiero differenti, in un dibattito che va avanti da anni: complemento di gusto imprescindibile o guarnizione démodé?
I perché del no
Gli irriducibili puristi della frittura “nature” sostengono che l'utilizzo del limone deriva dai tempi in cui la conservazione del pescato era incerta e il succo dell'agrume serviva a coprirne il sapore. Anche sulla cotoletta alla milanese, ad esempio, la fettina di limone consigliata nei ricettari di inizio secolo aveva lo scopo di coprire gli eventuali sapori sgradevoli della carne non più fresca o del burro irrancidito e oggi quest'uso è diventato ormai superfluo. Il critico gastronomico Luca Iaccarino si è schierato decisamente contro il limone sul pesce (e sul fritto) “perché copre i sapori delicati, perché cuoce le carni, perché ammoscia il croccante. E soprattutto perché ho sposato una ligure che tutte le volte che vede qualcuno farlo cita il famoso adagio: “chi sul pesce mette il limone o è di Cuneo o è un belinone". Come dargli torto? Il rischio è di rovinare l'irresistibile gusto crunchy che riescono a dare di pastella, panatura e infarinature meticolose, insieme a olio alla giusta temperatura tempi di cottura perfetti.
I perché del sì
Se è vero che sul pesce crudo il succo di limone può risultare invasivo, sul pesce fritto, che ha una base grassa, una nota acidula e agrumata aiuta invece a rinfrescare. L'importante è mantenere una certa parsimonia, qualche goccia di succo è sufficiente, non intacca la croccantezza e fa il suo dovere di elemento “sgrassante”. Quando si frigge o si cuoce a temperature alte, come anche alla griglia, la caramellizzazione degli zuccheri infatti dà sapori più spinti che una nota acida aiuta a smorzare. Del resto, anche la cucina straniera, pur non disponendo del nostro agrume, ricorre a complementi acidi per bilanciare il fritto. Basti pensare all'aceto spruzzato sul popolare fish&chips britannico o alla salsa tentsuyu (a base di salsa di soia, mirin e daikon grattugiato) che accompagna la leggerissima tempura giapponese.
Il compromesso viene dal passato
Arriva dalla Francia l'usanza di accompagnare il pesce con salse dalla componente acida, come la maionese, la cui ricetta è stata messa a punto agli inizi dell’Ottocento. Ancora oggi una maionese aromatizzata è un valido trucchetto per mettere tutti d'accordo: la croccantezza del fritto è salva e non si rinuncia a quel tocco in più di gusto dato dall'agrume. In alternativa, si può immergere la scorza di limone nell'olio di frittura: oltre a eliminare l’eccessivo odore dall’ambiente, regalerà una piacevolissima nota aromatica alla pietanza.
Paola Mancuso,
febbraio 2024