Quanto pensavamo di sapere tutto sul sushi, ecco che lo chef giapponese Akira Oshima fa vacillare le nostre certezze. Il primo cuoco nipponico ad avere ricevuto la stella Michelin, lavora ad Amsterdam dal lontano 1971, quando l’Europa non aveva mai sentito parlare del sushi.
Prima di tutto dobbiamo fare chiarezza sulla sua etimologia. La parola sushi significa letteralmente “acido”. Non ha nulla a che fare con il pesce, bensì con il riso che, inacidito con l’aggiunta di aceto, subisce una leggera fermentazione. È quindi un cibo a base di riso a cui vengono aggiunte alghe, uova e, ovviamente pesce. Per essere ancora più chiari, il sashimi, i piccoli bocconcini di pesce crudo, non fanno parte della grande categoria del sushi, perché il riso non è presente.
Ma torniamo al sushi di pesce crudo. Lo chef nipponico è categorico su questo aspetto: la materia prima deve essere di primissima qualità e deve essere trattata non estrema attenzione all’igiene. Lui può permettersi di acquistare il pregiatissimo e quasi introvabile tonno pinna blu e il salmone selvaggio dell’Alaska. Noi poveri mortali dobbiamo accontentarci di quello che troviamo, almeno freschissimo, nei nostri mercati, senza svenarci. Ma le regole d’igiene non cambiano. Per evitare di ingerire pericolosi parassiti, come la listeria o l’anisakis, il pesce va assolutamente congelato prima di essere mangiato: solo il freddo prolungato (o la cottura) può eliminarli.
Se Oshima ha a disposizione due congelatori usati nelle banche del sangue, che abbassano la temperatura del pesce a -86° in un attimo, noi dobbiamo affidarci ai freezer casalinghi. Nei nostri 4 stelle il pesce deve sostare per almeno 96 ore, 4 giorni.
Suggerisce lo chef di non scongelare il pesce prima di tagliarlo, ma di sfilettarlo e affettarlo ancora congelato. Le operazioni saranno più facili e, una volta ridotto a fettine, si scongelerà in pochi minuti senza pericolo di contaminazioni batteriche.
Oshima ci svelato poi un altro segreto. In Giappone solo dopo la Seconda guerra mondiale, con l’arrivo dell’elettricità e dei frigoriferi, il sushi viene realizzato con il pesce crudo. Il sushi “all’antica” era preparato con pesce disidratato. Tagliato a fettine sottili, veniva fatto asciugare all’aria e quindi reidratato in limpidi e incontaminati torrenti.
È una operazione che possiamo fare anche nelle nostre case, sostiene, anche se con una metodologia diversa, estremamente più semplice: la marinatura.
Affettate il pesce (prima sempre congelato) e copritelo su entrambi i lati un mix di sale e zucchero. Lasciatelo in frigorifero per 24 ore, in modo che perda buona parte dei liquidi. Ora basterà sciacquarlo e usarlo per il vostro sushi “all’antica”. Farete un figurone!
Mauro Cominelli
7 aprile 2015