Passare due giornate in compagnia degli allevatori e dei pescatori di ostriche del basso Adriatico è stato un privilegio. Prima di arrivare sul mercato e, da lì, sulle tavole dei gourmand, i pregiati molluschi richiedono un lavoro duro e sapiente. Ripagato da un prodotto di eccellenza, fiore all’occhiello dell’industria ittica da Termoli, in Molise, fino alla Puglia.
Partiamo dal lago di Varano, in realtà una laguna salmastra che si estende da Capoiale a Ischitella, nel foggiano, separata dal mare da una sottile striscia di terra. Qui le ostriche sono allevate con due tecniche: su corde o in ceste.
La partenza sono i “semi”, ovvero le ostriche piccole che sono lasciate crescere all’interno di apposite reti prima di essere trasferite nella loro sede definitiva, come ci ha raccontato Vincenzo Falco, a capo del Consorzio lagunare dei pescatori di Ischitella.
I "semi" per l'allevamento su corde
L’allevamento su corde è il più particolare. Una volta “mature”, le ostriche sono attaccate a blocchi di cemento, a loro volta fissati su lunghe corde. Le cime, con il loro carico di molluschi, sono fissate a pali di legno e immerse nell’acqua.
Per uno sviluppo il più possibile naturale, le corde sono sollevate manualmente dall’acqua, a intervalli regolari, per un periodo di sei ore che “mima” le maree. Con questa “ginnastica”, gusci e molluschi si irrobustiscono.
I "semi" per l'allevamento con le ceste
Anche le ceste sono smosse, ma con meno regolarità. Questo accade sia con quelle utilizzate in laguna sia negli allevamenti in mare aperto, al largo di Capoiale. “Benché l’immersione in acque poco profonde consenta ai molluschi di essere cullati in maniera naturale, persiste la necessità di muovere le ceste almeno una volta alla settimana”, spiega Leonardo Coccia, pescatore e “coltivatore” di Cagnano Varano.
Quando le ostriche su corde sono pronte per la raccolta, le cime vengono staccate dai pali e i blocchi di cemento spaccati a colpi di martello e piccozze per estrarre le conchiglie. Si ottengono così le varietà più pregiate, “intitolate” a San Michele e nate dalla collaborazione tra Falco e un altro allevatore, Alessandro Tamburrano.
Per la pesca delle ostriche selvagge, siamo salpati da Termoli a bordo del Nuovo Kondor. Al timone, Carlo Smargiassi, lupo di mare con 46 anni di esperienza nella pesca a strascico.
Il grosso della pesca è costituito da polpi, merluzzi e sogliole, oltre a una quantità di pesci di ogni qualità e dimensione, piccoli molluschi, granchi e tutto quel che può costituire la cosiddetta “paranza”, il pesce misto che prende il nome proprio dalle imbarcazioni usate per lo strascico.
Le ostriche non sono certo l’obiettivo principale di questa pesca. Ma, quando capita di tirarle su, è sempre una festa. Quelle selvagge tipiche del Mediterraneo hanno forma tondeggiante. I calibri non sono uniformi, così come il colore, che può variare dal bianco perla al beige. Ma il gusto è sempre distintivo: iodato, certo, ma ricco di sfumature, con note di mandorla amara e un lieve ma gradevole effetto astringente.
Anche nelle ostriche allevate si possono individuare diverse armonie di sapori. Quelle di laguna presentano un gusto spiccato di frutta secca e un retrogusto di terra fresca e liquirizia. Mentre gli esemplari allevati in mare sono più vegetali e fruttati. Cambia anche la forma, più allungata rispetto a quella delle ostriche selvagge.
Differenze che conosce bene Solly Tomasoni, chef del ristorante di Termoli Oyster Fish dove, a rotazione, arriva a proporne fino a 200 qualità diverse, fra italiane e francesi. Pugliese di nascita, ci svela una curiosità: sembra che nella sua regione si consumino più frutti di mare che in tutta la Francia!
Ma torniamo in mare. Mentre si avvicina l’ora di pranzo, si attiva la cambusa di bordo. L’acqua della pasta è pronta per essere messa sul fuoco: non senza aver assicurato bene le pentole per evitare che si rovescino con il rollio della barca!
Non è una leggenda che, a bordo, i pescatori siano anche ottimi cuochi! Basta un po’ di pomodoro per rendere subito speciale la “minutaglia” del giorno saltata in padella: moscardini, gamberi, scampetti, piccoli calamari sono ideali per un sugo strepitoso.
Pesce freschissimo e salsa densa: accoppiata vincente per spaghetti semplici ma strepitosi. Un pranzo perfetto per l’equipaggio del Nuovo Kondor e per la troupe di Sale&Pepe!
Foto di Felice Scoccimarro per il reportage realizzato, con Riccardo Lagorio, per il numero di Sale&Pepe di luglio 2021