Cioccolato e pane sono tra gli alimenti più gettonati dalle mamme (ma anche dai papà) che si ritrovano improvvisamene senza i figli per casa, ma in generali tutti i cibi compensativi vanno per la maggiore, dalla patatine alle merendine per finire con golosità varie. Padri e madri che per anni hanno avuto stili di vita impeccabili repentinamente si ritrovano a consumare snack e patatine, a saltare i pasti e la colazione, a mangiare fuori pasto e disordinatamente e a ingurgitare snack in continuazione, senza riuscire a smettere.
Sono gli empty nester, ovvero i genitori che soffrono la sindrome da nido vuoto, quel profondo senso di smarrimento e depressione che un papà o una mamma spesso prova a fronte dell’allontanamento dei propri figli, ormai divenuti adulti, dal “nido familiare”. Il “bambino/a” si sposa, va a convivere o va all’Università, parte felice per una nuova esperienza di vita e il genitore avverte un vuoto che ha addirittura dato il nome a una sindrome, empty nest (nido vuoto). Recenti studi (clicca qui) hanno fotografato molto bene come questa condizione, in realtà fisiologica e passeggera (normalmente), si ripercuote sulle abitudini alimentari.
Prima cosa il cosiddetto comfort food: se un tempo si consumavano sane insalate, frutta e pesce ora che il nido è vuoto le persone cercano alimenti fortemente consolatori, sia per loro natura che per modalità di consumo. E’ una consolazione, sostengono gli esperti, e il cibo consolatorio viene consumato soprattutto dalle mamme, che accusano maggiormente l’allontanamento dei figli proprio per un coinvolgimento spesso maggiore nella loro educazione. Ma non crediate che i papà ne siano esenti. Un recente sondaggio sostiene che il 60 per cento dei genitori “abbandonati” intervistati non fa più colazione esalta almeno un pasto a settimana, mentre la metà tra loro ha sostituito il pranzo con patatine e simili.
Non si tratta però solo di cercare nel cibo una risposta a un sentimento di tristezza. Molte volte la partenza della prole per i genitori (e soprattutto per le mamme) significa anche in un certo senso una liberazione dal dovere di dare il buon esempio. “Ora che nessuno mi guarda più posso finalmente mangia e in piedi, sul divano, abbuffarmi, strafogarmi e pasticciare”, spiegano le madri (e qualche padre). Cosa fare per combattere la sindrome da nido vuoto e tornare a buone abitudini alimentari? Viversi il momento doloroso, e il forte consumo di patatine. E poi piano piano cercar di tornare alla normalità, costringersi alle buone abitudini, tornare a cucinare e invitare gente a cena. Magari altri empty nester.
Emanuela Di Pasqua,
23 ottobre 2015