Bianche o viola, oblunghe, dolci e profumate: insieme alle foglie, le bacche di questa pianta sono state per molti secoli un bene prezioso per l’economia e per la cucina rurale. Buone e ricche di antiossidanti, sono da recuperare
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Del gelso esistono due varianti: la Morus nigra, o gelso nero, dalla bacca di colore viola scurissimo, e la Morus alba, o gelso bianco, di colore chiaro. La prima ha origine nell’Asia Minore, ed è essenzialmente un albero da frutto. La seconda, invece, è giunta a noi dalle aree centrali e orientali della Cina dove era considerata così vitale per la bachicoltura (e relativa produzione della seta) che era prevista la condanna a morte per chi lo avesse esportato.
La coltivazione del gelso si è diffusa in Italia grazie agli Arabi arrivati in Sicilia, con la Morus nigra; successivamente la pianta è migrata in tutta la Penisola. Al Nord, ha preso piede la Morus alba perché le sue foglie, pi grandi della nigra, erano alimento fondamentale per la sericoltura - nell’economia rurale del tempo, le filande erano alla base della nascente economia industriale. Il gelso, quindi, è stato importante per l’economia nazionale fino alla metà del 1900, con la vendita dei bozzoli del baco da seta alle filande. Si potrebbe dire che in passato, nel regno vegetale, il gelso ha rappresentato l’equivalente del maiale - del quale, come è noto, non si butta via niente. Pianta longeva (vive fin oltre il secolo), era utile su diversi piani: le foglie, oltre che nutrimento di bachi da seta (foto sotto) divennero foraggio di prima scelta per gli allevamenti domestici. Dopo la potatura, con i rami si assemblavano cesti di vimini, mentre il legno del tronco era combustile prezioso per i focolari invernali o era utilizzato per le botti da vino e aceto balsamico.
Gelso, sentinella ecologica Oggi è ancora diffuso nelle zone rurali della Pianura Padana: sono quelle piante, un po’ cespugliose, che delimitano i campi e gli argini dei piccoli corsi d’acqua (foto sotto) retaggio di una civiltà contadina: le radici del gelso si espandono in profondità, intrecciandosi al terreno argilloso, quindi agiscono da naturale baluardo al franare degli argini. Oggi purtroppo, per fare spazio a strade o estendere vigneti, si sono sacrificati molti di queste barriere contro gli smottamenti.
Buone e salutari Anche nell’antichità, il gelso era importante. Già Plinio indicava come le more di gelso, in abbinamento con miele e zafferano, fossero utili a combattere il mal di gola e i disturbi di stomaco. Con il decotto delle foglie si alleviavano i postumi delle piccole ustioni e, pare, si cercava di fermare la calvizie giovanile. Dopo gli spinaci, le more del gelso sono sempre state la seconda fonte naturale di ferro, utile per combattere l’anemia e le sue conseguenze. Le more del gelso nero sono inoltre ricche di vitamine e antiossidanti naturali, necessari per prevenire le patologie legate all’invecchiamento (a livello osseo, cardiocircolatorio, nervoso).
Un tempo, i ragazzi che andavano lungo i campi a raccogliere le foglie da destinare ai bachi si facevano scorpacciate di more. Si mangiavano così, al volo. Bisognava saperle raccogliere: sono un frutto morbido e fragile, quindi non vanno strappate ma staccate con una leggera rotazione della mano (foto sopra). Va prestata attenzione anche al contenitore di raccolta: trasudano molto; le more di gelso sono facilmente comprimibili se troppo ammassate; quindi non borse di plastica, ma cestelli aperti foderati con, possibilmente, un paio di strati di carta assorbente. Attenzione al succo porporino: macchia in modo indelebile!!!
In cucina Ogni pianta può dare oltre un quintale di prodotto nella stagione (abbastanza breve, si tratta di poche settimane a cavallo tra primavera ed estate): il ricettario delle more di gelso è tanto semplice quanto goloso. Le foglie possono arricchire gustose insalate. Il gelso nero si utilizza in confetture (foto apertura), gelatine, sorbetti e dolci; quello bianco, dal sapore molto dolce, fresco o essiccato, si presta per arricchire varie preparazioni e le sue foglie danno un ottimo infuso. I frutti scuri sono da provare nelle coppe di gelato, interi o in composta. In confettura, le more funzionano bene in agrodolce con le cipolle di Tropea; si sposano bene con le arance. In Sicilia, un grande classico è la granita di gelso (foto sopra).
I fan della selvaggina le gustano con la cacciagione, altri le abbinano a formaggi. Perfette come ingrediente nei biscotti, in crostate e nelle torte rustiche. È un peccato oggi vedere queste piante semi-abbandonate lungo i viottoli di campagna o in qualche parco cittadino, anche se qualcuno armato di cestino e buona volontà c’è sempre...