Non è facile pensare alla polenta come a un ingrediente gourmand. Per secoli alla base di una cucina “povera”, conserva un’anima rustica, servita com’è uso sul tagliere di legno e accompagnata da fumanti carni in umido, “tocchi” (intingoli) di funghi e ortaggi, formaggi intensi. Eppure, la veste di robusto contorno le sta un po’ stretta. E in fondo basta un pizzico di creatività per trasformarla in primadonna e nobilitarla in portate degne dei menu di fine dining. Come fa, tra gli altri, Alessandro Gilmozzi, chef stellato del ristorante El Molin di Cavalese, in Val di Fiemme.
Storie di polenta e chicchi antichi
“E pensare che un tempo la polenta la odiavo!”, racconta Gilmozzi. “Sarà per via del fatto che, poco prima di mettermi al mondo, mia madre stava rimestando nel paiolo al posto del cuoco del ristorante di famiglia, che si era dato malato”. Nato con questo “peccato originale”, col tempo per fortuna lo ha superato e oggi la polenta ha un ruolo importante in carta a El Molin. Dove le ricette della tradizione alpina sono reinterpretate in chiave raffinata. Così, Gilmozzi ripropone fra i dessert un antico dolce trentino a base di polenta di mais rosso cucinata con il latte, poco zucchero e le castagne conservate dall’autunno, poi formata in tronchetti con un cuore di marron glacé. La polenta di mais rosso è al momento la preferita di Gilmozzi soprattutto per la sua “grassezza”, che la rende gustosa al palato e ideale in pasticceria.
La rinata fortuna di questa varietà si deve al consorzio di Storo che, nella valle trentina del Chiese, ha recuperato questa e altre varietà di granturco dimenticate, come il mais nero, abbandonate per lungo tempo in favore delle più comuni e resistenti pannocchie gialle. Una tendenza sempre più diffusa fra gli agricoltori, che riprendono produzioni del passato apprezzate dai consumatori di oggi.
Parola d’ordine: qualità
Con una materia prima di qualità, è facile assecondare la vena creativa dei cuochi amatoriali come quella dello chef, grande appassionato di prodotti del territorio ed erbe spontanee: “In questi giorni al ristorante servo uno snack di polenta di Storo, fonduta leggerissima di puzzone di Moena, tartufo dei Monti Lessini e un’emulsione di geranio odoroso”. Nella cucina di tutti giorni, si può copiare questo spirito e abbinare alla polenta ingredienti selezionati e pregiati. Il tartufo, come si è detto, ma anche un particolare olio (Gilmozzi suggerisce quello del Garda) o un formaggio di malga rendono gourmet anche la più semplice delle polente “conce”. Così come è sempre raffinato l’abbinamento con il baccalà mantecato (ricordando che da queste parti con il termine baccalà si indica lo stoccafisso): “Magari, alla moda dei frati, con patate e latte”, suggerisce lo chef. Altro abbinamento - per restare in Trentino - con il salmerino, elegante pesce d’acqua dolce, cucinato alla mugnaia sostituendo la farina 00 con quella di granturco, per regalare croccantezza. Nel vicino Veneto, ma anche in Friuli, è poi comune accostare la polenta bianca, come la pregiata Biancoperla presidio Slow Food, a seppioline, calamari, gamberi e moeche, i granchi “molli” pescati al momento della muta.
Idee fra tradizione e innovazione
Curiosando fra le ricette tipiche, Gilmozzi ne suggerisce una che si ispira al gries (la polentina dolce di semolino) e prevede di cuocere la polenta, piuttosto morbida, in acqua leggermente dolce aromatizzata con cannella e chiodi di garofano. Scodellata e spolverizzata di zucchero a velo, fa subito colazione di Natale! Siete in cerca di uno spunto davvero inedito? “Un abbinamento al quale nessuno pensa è quello con la menta, che regala una freschezza inattesa”, dice a sorpresa lo chef. “Per una polenta per 4 persone, sono sufficienti una ventina di foglie, tagliate a julienne e aggiunte alla fine, in fase di mantecatura, insieme a olio o burro”. Idea originale da provare, perché no, proprio con i piatti di mare. E se vi sembra troppo strana... fate lo stesso ma con una bella manciata di foglioline di timo.
Sostenibile è chic
Al giorno d’oggi, cosa c’è di più elegante che essere sostenibili? In questo, considera Gilmozzi, la polenta non ha rivali. Deliziosa appena fatta, quando avanza può dar vita a ricette di recupero che la nobilitano regalandole forme aggraziate e condimenti raffinati. Ritagliata a cubotti, modellata in gnocchi, impilata in millefoglie farcite, stesa sottilissima e trasformata in chips, la polenta svela la sua natura trasformista, cambiando faccia ma rimanendo fedele a sé stessa e al suo spirito di cibo semplice e familiare.
3 ricette per sperimentare
È il momento di mettervi ai fornelli! Dal nostro archivio, abbiamo selezionato 3 ricette con altrettante varietà di polenta, da esaltare grazie a tecniche particolari e accostamenti ricercati. Con risultati che stupiranno voi, prima ancora che i vostri commensali!
Millefoglie con scamone e caprino. Cuocete una polenta di media consistenza con 100 g di farina di mais rosso. Stendetela su una teglia rivestita di carta da forno formando uno strato sottilissimo (circa 2-3 mm) e segnatelo con tagli a griglia dividendolo in 12 rettangoli. Fate seccare in forno ventilato a 100° per circa 2 ore, finché la polenta diventa una cialda croccante. Spezzate e separate i rettangoli. Scaldate una noce di burro in una padella con aglio e timo. Rosolatevi al sangue 600 g di scamone di manzo in un pezzo. Spegnete, affettate la carne e condite con sale e pepe. Assemblate su una placca 4 millefoglie alternando le cialde di polenta, le fettine di carne e 150 g in tutto di caprino stagionato a rondelle. Ripassate in forno a 190° per 3-4 minuti e servite. Per 4.
Polenta nera con capesante al burro. Cuocete una polenta morbida con 300 g di farina di mais nero. Staccate dai gusci noci e coralli di 20 capesante, sciacquatele e asciugatele. Scottate 4 gusci in acqua bollente (li userete per servire). Rosolate le capesante in una padella antiaderente con 50 g di burro per circa 3 minuti: prelevate via via il liquido che si forma nella padella e tenetelo da parte. Quando le capesante hanno preso colore, unite altri 50 g di burro, il liquido tenuto da parte, la scorza grattugiata di un limone, qualche stelo erba cipollina tagliuzzato, pepe e poco sale. Lasciate insaporire ancora per qualche istante. Distribuite nei piatti la polenta, unite i gusci e raccoglietevi le capesante. Irrorate con il fondo di cottura dei molluschi e servite. Per 4.
Gnocchetti con cime di rapa e calamaretti. Cuocete una polenta soda con 250 g di farina di mais bianco. Suddividetela in uno o due stampi a semisfere in silicone e lasciate raffreddare. Pulite 600 g di cipollotti, tagliate la parte verde a rondelle e tenete da parte. Soffriggete in un tegame la parte bianca, affettata, con poco olio, un filo d’acqua, sale e pepe. Frullate con l’olio necessario per ottenere una crema. In una padella, saltate 400 g di cime di rapa pulite con olio, aglio, sale e pepe. In un’altra padella, saltate 300 g di calamaretti a spillo, puliti e lavati, con olio e aglio. Salate poco e pepate. Sformate gli gnocchetti, riuniteli su una placca rivestita di carta da forno, cospargete di grana grattugiato e fiocchetti di burro e gratinate 5 minuti in forno a 180°. Conditeli con le cime di rapa, i calamaretti e il loro sughetto, la crema e il verde dei cipollotti.
Francesca Romana Mezzadri
dicembre 2021