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La pesca tabacchiera dell'Etna

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È una varietà siciliana rara e pregiata, ha un profumo molto intenso e una polpa dolcissima. La pesca tabacchiera dell'Etna è presidio slow food ed è importante non confonderla con altre varietà simili ma molto meno pregiate e spesso importate

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La storia della pesca tabacchiera
Unica nella sua forma schiacciata, la pesca tabacchiera ha una storia altrettanto curiosa, che si intreccia addirittura con quella del celebre ammiraglio inglese Horatio Nelson, vincitore della battaglia di Trafalgar durante le guerre napoleoniche (1805). Come ricompensa per aver represso i moti rivoluzionari di Napoli (1798), il comandante era stato nominato duca di Bronte dal re Ferdinando di Borbone, che gli donò una vasta proprietà nelle terre limitrofe: nacque così la Ducea di Maniace, con la sua antica abbazia poi trasformata in una residenza (il cosiddetto Castello Nelson, oggi museo).

In quelle terre abbandonate alle pendici dell’Etna, i discendenti dell’ammiraglio (Nelson morì a Trafalgar e non visse mai in Sicilia) introdussero nuove coltivazioni, tra le quali, appunto, i primi alberi di pesco. Anche se ci volle più di un secolo, oltre la riforma agraria e fino agli Anni ’60 del Novecento, perché i contadini entrassero in possesso delle terre coltivate fino ad allora in condizioni di quasi vassallaggio.

La pesca tabacchiera dell’Etna: una rarità
Oggi la pesca tabacchiera dell’Etna è una rarità, prodotta in una manciata di Comuni tra le valli del Simeto e dell’Alcantara (CT, ME), su terreni vulcanici; inserita fra i prodotti dell’Arca del Gusto di Slow Food, è disponibile solo da giugno a luglio ed essendo molto delicata, va consumata entro pochi giorni dalla raccolta.

Di forma piatta (platicarpa), schiacciata ai lati come le vecchie scatole per il tabacco da fiuto, ha la buccia vellutata di colore rosso sfumato, la polpa bianca e il nocciolo molto piccolo, facile da togliere; a renderla unica è l’intensità del profumo che emana e la dolcezza della polpa. Non va dunque confusa con le varietà “moderne”, derivate da una serie di incroci e coltivate in altre regioni d’Italia, soprattutto in Romagna e nelle Marche: le chiamano pesche Saturnine o Saturnia (marchio registrato), per la somiglianza con gli anelli schiacciati del pianeta Saturno, o anche Ufo, e sono più consistenti e durevoli.

Una pesca dal sapore unico
Ma l’antica varietà siciliana, coltivata su terreni lavici, con forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, si contraddistingue per il sapore unico, di cui vanno giustamente fieri gli abitanti di Maniace, uno dei paesi produttori: qui dal 1994 si celebra la Sagra delle Pesche e delle Pere, in onore dei frutti della vallata. Un’occasione preziosa per degustare la tabacchiera dell’Etna declinata in tanti piatti diversi, a partire dai dolci: immancabili le granite, i sorbetti, i gelati e le confetture, che permettono di conservare più a lungo il profumo di questo frutto così delicato; ma anche la tradizionale torta di pesche e pere, soffice e cremosa, che conclude la sagra. Le tabacchiere sono squisite anche al forno, ripiene con ricotta e granella di pistacchi (altra eccellenza siciliana della cittadina di Bronte, non distante da Maniace), o meringate; oppure profumano molte torte, dalla crostata alla tarte tatin, dal tiramisù fino al cheesecake.

Sono molto sfiziosi anche gli abbinamenti con i piatti salati, per esempio il risotto, i crostacei, il pesce azzurro e le carni bianche come il pollo. Oltre alle insalate insaporite con formaggi o salumi, che contrastano con la polpa dolce della tabacchiera.

Marina Cella
Giugno 2022

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