Chi mangia la pasta è più magro di chi non la mangia: il buonsenso storce il naso, la scienza pare non avere dubbi. Una grande ricerca a - oltre 23 mila soggetti - pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature e condotta da un team di scienziati italiani svela il segreto.
Cosa è successo? Ogni singolo partecipante allo studio è stato monitorato a livello di peso, altezza, e il famoso IMC, ossia l’Indice di Massa Corporea, il parametro che valuta il peso in relazione all’altezza (ecco come calcolare il proprio sul sito del Ministero della Salute). Inoltre, sono stati misurati girovita, e rapporto vita-fianchi.
Tutti i soggetti sono stati monitorati senza che questi alterassero le proprie abitudini alimentari quotidiane. Risultato: chi mangiava pasta – senza esagerare, ma regolarmente, è risultato avere un IMC più basso degli altri. Non solo: il girovita dei mangiatori di pasta è più stretto di chi disdegna il carboidrato italiano per eccellenza, e il rapporto vita-fianchi più equilibrato.
E ciò significa nientemeno, in parole povere, che nonostante il parere opposto di dietologi e di tutti coloro che da decenni bollano la pasta come cibo “ingrassante”, non solo non lo è, ma può essere considerato addirittura un cibo “dimagrante”.
Gli italiani ne consumano mediamente 26 chili all’anno a testa: il consumo di pasta è dunque “ufficialmente” associato a un minor rischio di obesità, inclusa quella addominale? Sì. Attenzione, però: per avere questi effetti, deve avere caratteristiche ben precise. Deve essere abituale, sì, ma morigerato.
Ecco cosa consigliano gli esperti: porzioni di 60-80 grammi, e soprattutto occhio ai condimenti: sono quelli che fanno ingrassare! Quindi sughi leggeri e poco grassi. Per esempio un piccolo piatto di pasta con sughetto di pomodoro corrisponde a circa 300 calorie, che equivalgono all’apporto energetico di una mozzarella da 120 grammi. Mentre una porzione di burro da 10 grammi sono 90 calorie, più 30 o 40 del formaggio grattugiato sopra.
Da considerare anche il tipo di cottura: la pasta va al dente, e non solo per una questione di gusto. E infine: oramai sono diffusissime alternative più sane al grano standard, a partire da varietà più antiche e nutrienti, come per esempio Senatore Cappelli, grano timilia, grano monococco (o farro piccolo), il grano Verna etc. Buona pasta a tutti!
Carola Traverso Saibante
21 settembre 2016