La direttrice Laura Maragliano, racconta la storia leggendaria della farinata bianca, un piatto tipico della città di Savona, la cui origine è avvolta dal mistero. Croccante e sottile, la farinata bianca si distingue da quella di ceci per la maggiore croccantezza, il minor spessore e il suo colore chiaro. La si può mangiare liscia oppure la si può insaporire con erbe aromatiche o arricchire con salsiccia sminuzzata, cipolle affettate, novellame o altri ingredienti a piacere.
La farinata bianca di Savona
Vendetta, tremenda vendetta, oppure ripicca o necessità. O forse tutte queste cose. O nessuna di loro. La verità è che l'origine della farinata bianca di Savona (bianca perché preparata con farina di grano tenero e non con quella di ceci ) rimane un mistero, così come il fatto che nessuno l'abbia mai copiata. Ma un dato è certo, almeno una volta Savona si è presa una rivincita su Genova con il primato di un piatto semplice, buono, unico e identitario che solo in questa città si può gustare.
Savona e Genova, eterna rivalità
Si sa, Savona e Genova non si sono mai piaciute. L'accesa rivalità ha portato a eterni contrasti e la città della Torretta non ha mai dimenticato di essere stata occupata, distrutta e aver perso l'indipendenza nel 1528 per le mire imperialiste del capoluogo ligure. La ferita bruciava ancora due secoli dopo, tanto è vero che un viaggiatore del Grand tour, Charles De Brosses, scriveva nel 1739: "Savona è la seconda città dello stato di Genova. Aveva un ottimo porto che i genovesi hanno colmato perché tutti i traffici passassero da Genova. La città commercia soltanto in sapone".
La nascita della farinata, tra storia e leggenda
Ed è proprio a partire dal famigerato 1528 che si data la prima leggenda "metropolitana" intorno alla nascita della farinata bianca. In pratica, non bastando la devastazione apportata alla città, i Genovesi imposero ai Savonesi anche un pesante dazio sui ceci, legumi importanti nell'alimentazione dell'epoca. Così, per aggirare l'ostacolo, i savonesi avrebbero usato la farina di grano per la farinata. La seconda ipotesi, più tarda, vede la nascita del piatto come conseguenza del blocco navale imposto dall'Inghilterra alla Repubblica di Genova, che avrebbe impedito l'approvvigionamento di farina di ceci anche a Savona.
Antiche tradizioni
Comunque sia andata, il rapporto che si è creato tra la città e il suo piatto è profondo e sentimentale. All'ombra della fortezza del Priamar, c'era un mondo che viveva intorno alle sciamadde, ossia i forni a legna dove si cuoceva la farinata (di ceci o bianca), la cui bontà era strettamente legata all'abilità del turtà: posti unici, né trattorie né osterie, dove si gustava la törta o u turtellassu de Sann-a (altro nome della farinata bianca) come sostituto del pane, per colazione o come pranzo dei portuali della darsena. Poi c'era l'indotto dato da esperti artigiani che producevano o riparavano le teglie rotonde in rame, i testi, che andavano lavorati con estrema perizia usando il mazzuolo, in modo che il fondo fosse completamente liscio per un'ottima cottura e un taglio perfetto della fetta, che deve staccarsi senza residui. Ma per Savona giravano anche i commercianti in legna destinata ai forni delle sciamadde: i ciocchi dovevano essere di faggio, rovere e nocciolo perché mentre ardono non scoppiettano e non lasciano tracce nell'impasto che cuoce.
Questo piccolo mondo antico non c'è più, di tutti i locali storici ne sopravvive ancora uno nato alla fine dell'800, "Vino e Farinata", che ha visto passare tra i suoi tavoli politici come Pertini e Spadolini o attori come la Melato e Villaggio. In questo locale la città di Savona ha suggellato con orgoglio, il 16 febbraio del 2007, davanti a un notaio, la paternità della fainâ gianca codificando ingredienti, regole di preparazione, modalità di cottura e persino la maniera di servirla in tavola. Con tanto di marche da bollo e timbri. Perché non si sa mai, a soli 50 chilometri c'è ancora Genova.
Farinata Bianca, la ricetta
Ingredienti
300 g di farina 00- 1/2 bicchiere di olio extravergine d'oliva- rosmarino- sale, anche in fiocchi- pepe in grani
1) Versate la farina in un'ampia ciotola e incorporate 900 ml di acqua a temperatura ambiente versandola a filo e mescolando con una frusta. Quindi unite una presa di sale fino e un po' di aghi di rosmarino tritati e mescolate ancora energicamente per scioglierlo ed eliminare eventuali grumi.
2) Proteggete la miscela con un canovaccio e lasciatela riposare per almeno 2-3 ore mescolando di tanto in tanto con la frusta
3) Scaldate una teglia di 30-35 cm di diametro in forno a 200°. Asportate la schiuma sulla superficie della miscela con una schiumarola. Foderate la teglia con carta da forno, versatevi l'olio e la miscela e mescolate per distribuire l'olio. Infornate a 200° per 10 minuti circa, o finché si sarà creata una crosticina in superficie. Sfornate e cospargete con pepe pestato, sale in fiocchi e ciuffi di rosmarino.
Di Laura Maragliano
Aprile 2022