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La Costiera amalfitana e la sua cucina

News ed EventiPiaceriLa Costiera amalfitana e la sua cucina

Terrazzamenti e giardini strappati alla montagna, alberi da frutto, il pesce del Mediterraneo, i limoni più famosi d’Italia, un golfo splendido: la cucina della Costiera sa essere semplice, fantasiosa e colorata. Parla di sole, di mare, di natura rigogliosa tutta da gustare

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A picco sul mare, tra gole e dirupi, monasteri e torri diroccate, la strada si snoda fino ad arrivare alla perla della Costiera,  Amalfi, un dedalo di stradine, scale, archi e parapetti che circondano il Duomo. Alle spalle i Monti Lattari, da cui discendono terrazze con vigne spettinate, immense limonaie, boschi e sorgenti, case solitarie, antiche ferriere, arcate d'acquedotti. Di fronte, il mare.

Una storia importante
La definizione di Repubbliche Marinare, nata nel 1800, si riferisce alle città portuali italiane che, dopo il X secolo, godettero, grazie alle proprie attività marittime, di autonomia politica e di prosperità economica: le più note sono Amalfi, Genova, Pisa e Venezia, i cui emblemi costituiscono lo stemma della Marina Militare Italiana di oggi (foto sotto). I fasti della Repubblica Marinara di Amalfi sono celebrati nel museo del Ducato, allestito tra le navate e i pilastri dell'Arsenale. La complessa tradizione gastronomica amalfitana affonda le proprie radici più indietro, nell'antica Roma: una componente importante della tradizione alimentare locale, tramandata dai Romani, è rappresentata dal pesce, che per i Latini era un alimento pregiato. In seguito, anche Longobardi e Normanni, che hanno sostato nella regione, influenzarono la tradizione culinaria amalfitana.

Coat_of_arms_of_Marina_Militare italiana

La tradizione in cucina
Fu durante il periodo prospero della Repubblica Marinara che la cucina locale subirà il fascino delle spezie. Il cappone, il pollo, il maialino arrosto tanto amati dai Romani ora sono insaporiti da una salsa agrodolce allo zafferano. La tradizione casearia che diede il nome ai Monti Lattari ancora oggi offre ricotta dal profumo di erbe, la provola affumicata e il fiordilattee il provolone "del monaco", pregiato formaggio filato a mano, pasta cremosa e appena piccante, che deve il nome ai casari incappucciati che lo portavano in barca da Sorrento ai mercati di Napoli. Da Agerola, sull'altopiano tra Positano ed Amalfi, viene l’omonima salsiccia, decisamente profumata. Le limonaie che costellano i terrazzamenti della Costiera hanno ripreso vita negli anni recenti, grazie a giovani agricoltori e a personaggi di spicco internazionale come il Maestro Pasticcere e presidente AMPI Sal de Riso - sostenitore e presidente per molti anni del Consorzio Tutela Limone Costa d’Amalfi Igp nato nel 2002 -  creatore, tra molteplici golosità, della famosissima Delizia al limone (nella foto sotto).

DELIZIA AL LIMONE SAL DE RISO

Tra i motori di ripresa anche il successo del limoncello, uno dei liquori italiani più famosi (foto sotto). È apprezzato in tutto il mondo per il suo gusto dolcemente agrumato e beverino, nonostante la gradazione alcolica: va servito freddo o con ghiaccio. Nonostante – grazie al suo successo internazionale – oggi lo si produca sia a livello industriale sia artigianalmente in molte regioni, del Sud ma anche del Nord, le sue origini sono fermamente legate alla Campania. Tre le località che se ne contendono la paternità: Sorrento, Amalfi e Capri, tutte tradizionalmente vocate alla coltivazione dei limoni; oggi i limoni di Sorrento e quelli di Amalfi hanno ottenuto l'Igp.

Limoncello liquore del sole

Due sono i liquori di limone prodotti in zona, ossia il Costa d'Amalfi e il Penisola Sorrentina Limone, acqua, alcol e zucchero:sono gli ingredienti che si utilizzano per il limoncello prodotto in tutta Italia: a fare la differenza sono la qualità dei limoni (al top quelli di Amalfi e Sorrento, dove gli agrumi non sono trattati e sono ricchi di profumatissimi oli essenziali) e l'equilibrio perfetto tra alcol e zucchero, frutto di una lunga tradizione.

LIMONI IN INSALATA

Sotto particolari impalcature realizzate con pali di castagno e tettoie di canne mobili (dette "pagliarelle"), perfette per riparare gli alberi dal vento e i frutti dal sole e dalla salsedine, matura il limone Sfusato Amalfitano: dolce e con pochi semi, si mangia crudo in insalata (foto sopra) o a fettine, cosparso di sale.

ACQUA PAZZA

Anche i cambusieri delle navi contribuirono alla tradizione culinaria amalfitana: durante le traversate sulla rotta delle spezie, per cucinarsi il pesce i marinai utilizzavano acqua di mare, (ai tempi incontaminata) con l'aggiunta di spezie, verdure e olio, per poi tuffarvi per pochi minuti il pesce. Secondo una diceria popolare l’acqua di mare, se bevuta, provocherebbe la pazzia: da qui l'origine della straordinaria portata che gli amalfitani chiamano pesce all’acqua pazza, che oggi si prepara con acqua, olio, sale, vino bianco, pomodori ciliegini e un trito di aglio e prezzemolo (foto sopra).

NDUNDERI

Da segnalare i  ndunderi di Minori, considerati dall'Unesco uno dei tipi di pasta più antichi del mondo: si tratta di gnocchi fatti a mano con farina (un tempo farro), ricotta fresca (una volta si usava latte cagliato), uova e spezie, spesso conditi con salsa di pomodoro o salsa di noci e aglio (foto sopra). Gli scialatielli sono una tipica pasta fresca nata ad Amalfi nel 1978, sono simili a tagliatella corte e molto porose, ideali per assorbire bene molti sughi. Ad Amalfi è famosa la versione con cozze, vongole e pomodorini (foto sotto). Il nome di questa goduria spadellata unisce due vocaboli napoletani: "scialare", che significa godere e "tiella" che vuol dire padella. Le melanzane alla cioccolata, nate nei monasteri di costiera, vengono oggi riprese da maestri pasticcieri.

SCIALATIELLI COZZE

Tanto pesce, ma uniche sono le alici di Cetara, da gustare impanate, marinate, sott'olio e naturalmente in colatura: questa, nata per casointorno alla seconda metà del XIII secolo, la si deve ai monaci cistercensi di S. Pietro a Tuezolo che usavano conservare il pescato dei mesi estivi: le alici, pazientemente lavorate, venivano collocate in grosse botti per la salagione.

Colatura di alici

Ai primi di dicembre, quando avevano raggiunto la maturazione, il loro liquido di conserva passava attraverso le doghe sconnesse delle botti per poi colare sul pavimento. Il profumo gradevole, la limpidezza e il gusto intenso e aromatico erano così invitanti che indussero i monaci a recuperarlo e usarlo per condire le verdure lessate. Fu un successo gastronomico: la "colatura di alici" (foto sopra), evoluzione del garum romano, era una realtà.

 

Giulia Paganelli
luglio  2023

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