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Intervista a Ferran Adrià, che apre a Torino prepara nuovi progetti

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A sette anni dalla chiusura del mitico ristorante a Roses, lo chef spagnolo ci racconta i suoi nuovi progetti per integrare ricerca scientitifca e innovazione al mondo della gastronomia.

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Provocatore, visionario, folle. Non ci sono aggettivi che riescano a riassumere il carattere e l’opera di Ferran Adrià, lo chef catalano papà della cosiddetta “cucina molecolare” che ha tenuto banco, con la sua innovazione in cucina, nella critica gastronomica degli ultimi trent’anni. Il suo ultimo lavoro è stato il progetto “Condividere”, il ristorante aperto di recente nella Nuvola di Lavazza, il nuovo quartier generale dell’azienda a Torino, sotto la direzione di Federico Zanasi, allievo dello chef catalano. Anche se ha chiuso nel 2011 l’eredità di elBulli, il mitico ristorante di Adrià a Roses in Catalogna, continuerà con altre iniziative che lo chef ha in cantiere e che ci racconta in occasione di un incontro con Enzo Vizzari al castello di Grinzane Cavour dove ha ricevuto il premio “Langhe-Roero e Monferrato. Dialoghi del gusto nei paesaggi Unesco” promosso dall'Enoteca Regionale Piemontese Cavour. 


Dai banchi della cucina a quelli della scuola, di recente ha tenuto lezione ad Harvard, qual è il rapporto tra cucina e ricerca?


Fino a 15 anni fa la gastronomia era totalmente esclusa dalla ricerca accademica. Lo dimostra il fatto che nessuno in Italia, per esempio, abbia mai studiato a fondo l’opera di Bartolomeo Scappi, a cui dobbiamo uno dei più completi ricettari rinascimentali italiani, o il garum, la salsa con cui gli antichi romani accompagnavano molti pasti. Oggi anche le università di tutto il mondo si sono aperte su questo argomento, perché la cucina è la prima forma di attività scientifica, la prima tecnica per trasformare la realtà esterna. Se pensiamo che il primo cucchiaio appartiene addirittura all’Homo habilis, antenato dei Sapiens, allora significa che la ricerca sul cibo è iniziata milioni di anni fa.


Sono ormai sette anni che elBulli ha chiuso, qual è la sua eredità?


Entro il prossimo anno apriremo elBulli 1846, un laboratorio di cucina di quasi 5mila metri quadrati dedicato all’innovazione gastronomica. Ci saranno workshop con cuochi, designer, architetti, sperimenteremo le tecnologie digitali con i big del settore, da Google ad Amazon, approfondiremo il tema dell’intelligenza artificiale in cucina. In un secondo momento nel centro, che sarà aperto anche al pubblico con un tetto massimo di 200 visitatori al giorno, si potrà anche mangiare.


Perché la data 1846?


Non è una data ma il numero di ricette che abbiamo creato nel corso degli anni a elBulli


162684


Come è cambiata la cucina dopo elBulli?


Per quattrocento anni l’arte culinaria è stata in mano ai francesi. Fino a trent’anni fa la cucina spagnola semplicemente non esisteva. Oggi circa otto milioni di turisti visitano la Spagna ogni anno solo per provare la nostra gastronomia. Quello che abbiamo fatto con l’esperienza di elBulli è stato sviluppare un nuovo vocabolario, un nuovo linguaggio per fare della cucina una forma di arte concettuale. Ma, rispetto all’arte, siamo stati più veloci: in 20 anni di attività di avanguardia abbiamo fatto quello che l’arte ha portato a termine in 60 anni di rivoluzioni estetiche.


Che cos’è elBullipedia?


È una serie di 33 libri di riferimento su tutto ciò che costituisce la conoscenza culinaria. Stiamo cercando di identificare e scrivere tutte le conoscenze sui prodotti commestibili non trasformati. Idem per la storia dei ristoranti gourmet. Questa è l'evoluzione naturale delle cose: il mondo della gastronomia incontra finalmente quello accademico.


Che cos’è la creatività ai fornelli?


Non copiare, dialogare con il cibo, condividere. Quando abbiamo presentato la mousse di fumo nel 1997, per esempio, volevamo stupire, provocare. E ci siamo riusciti.



Qual è la sua cucina preferita?


La cucina che mi piace è quella che mi piace, non quella buona


Si mette ancora ai fornelli?


Certo, ma solo per gli amici.


Fabio Marzano
luglio 2018

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