Probabilmente lo avete già assaggiato, soprattutto se amate viaggiare in quella parte d'Italia che va dall'Abruzzo alla Puglia e non solo. Il bocconotto infatti è un dolcetto di pasta frolla ripiena che si trova in molte regioni dell'Italia centro meridionale, anche sotto nomi diversi come pasticciotto, fruttone, varchiglia. Tutti sembrano figli di un'idea comune, quella di un piccolo dolce che si mangia in un boccone, chiamato inizialmente pasticciotto, secondo un ricettario meridionale del 1634, la Lucerna de Corteggiani, dove si legge "pasticciotti in boccone ripieni di cose dolci e zuccaro", col tempo semplificati in bocconetti per diventare infine bocconotti. A questo punto non è strano pensare che l'antenato della preparazione sia, come scrive il cuoco cinquecentesco Bartolomeo Scappi, una "cassa" fatta di "pasticcio", cioè un preparato fatto di farina, uova, sale e acqua che deve contenere un ripieno salato o dolce come nel nostro caso. Tutte ipotesi, ma nulla di certo sulla diffusione regionale del dolcetto. Sicuramente quello che lo rende identitario di alcune località, tanto da fregiarsi del marchio Pat (Prodotto agroalimentare tradizionale), è proprio la diversità del ripieno. I due Pat pugliesi di Bitonto e Gallipoli vantano il primo un ripieno con ricotta e canditi e il secondo mandorle e amarene; a Mormanno in Calabria il bocconotto contiene zucchero e farina di mandorle nella ricetta più antica e mostarda d'uva in quella più popolare. Ad Amantea, sulla costa tirrenica, compaiono cioccolato, mandorle e cannella, quasi come a Castel Frentano, che invece è in Abruzzo: mandorle, cioccolato, tuorli e cannella. E proprio qui in provincia di Chieti ci fermiamo, perché il dolce castellino a maggio è stato riconosciuto prodotto "topico", cioè locale come insegna la parola greca da cui deriva l'aggettivo. Un riconoscimento importante per Castel Frentano, paese arroccato su un colle e già conosciuto come città del bocconotto, che adesso punta ad ottenere la Deco: certificazione che lega uno specifico prodotto al Comune di appartenenza. Il dolcetto castellino viene citato per la prima volta nel vocabolario abruzzese di Domenico Bielli nel 1930, ma la sua origine è sicuramente più antica, tra fine settecento e inizio ottocento, con la diffusione del cacao. L'ipotesi che a inventarlo sia stata una domestica che voleva compiacere il padrone, non scarta l'altra delle suore del convento di Santa Chiara, a Lanciano, dedite all'educazione delle ricche fanciulle e famose per i dolci che producevano e vendevano. Tra gli acquisti del convento effettuati nel triennio 1741-1743, compaiono oltre a miele, noci e zucchero, anche mandorle, cannella e soprattutto cioccolato (ben 90 libbre, ovvero 80 chili), che mandavano a comprare a Napoli; e napoletana era Donna Tilde, consorte di Don Emanuele Cavacini di Castel Frentano, la cui figlia frequentava il convitto. La nobildonna conosceva sicuramente il bocconotto campano ripieno di amarene "giulebbate", è quindi possibile che le suore abbiano avuto l'idea di produrre il dolcetto da qualche famiglia nobile del tempo, modificandone magari il ripieno e insegnandolo alle collegiali. Castel Frentano e il bocconotto hanno un legame profondo che si rinnova ancora oggi nelle case dei castellini con le ricette di famiglia e nelle pasticcerie che lo spediscono in tutto il mondo. Semplice all'apparenza, ma fragile e complesso nella composizione, ha bisogno di una buona manualità per ottenere una pasta frolla dalla friabilità perfetta, che non si fa con il burro ma con l'olio extravergine d’oliva.
Laura Maragliano
luglio 2023